I Domenica di Avvento /C

Oggi, prima domenica di Avvento, inizia un nuovo anno liturgico, l’Anno C, e nelle domeniche del tempo ordinario saremo accompagnati dalla proclamazione del Vangelo secondo Luca.

La parola “Avvento” deriva dal latino adventus ed indica l’arrivo di qualcosa, di qualcuno. In questo tempo, infatti, noi celebriamo l’avvicinarsi e quindi l’attesa della venuta del nostro Signore Gesù; una venuta invocata, un’attesa che troverà un culmine nella celebrazione del Natale. Tale venuta e tale attesa, però, non si fermano nella contemplazione adorante di Colui che si è fatto uomo per permettere a tutti di diventare Figli di Dio. L’Avvento è soprattutto celebrazione dell’attesa della Sua venuta definitiva nella gloria. Quindi è celebrazione dell’attesa escatologica, della speranza espressa dalla preghiera ardente delle prime comunità cristiane: “Maranà tha: Vieni,  o Signore!”, a cui Egli risponde: “Sì, verrò presto! Amen.” (cfr. 1 Cor 16, 22; Ap 22,20).

Le letture proposte in questo giorno sono una chiara esortazione a vivere questo tempo nella speranza, nell’impegno, nella sobrietà e nella vigilanza.

Il profeta Geremia, vissuto nel VI secolo a. C., è chiamato dal Signore a ricostruire la speranza di un popolo profondamente segnato da angoscia, ansia, paura, a causa del dominio babilonese e delle sue drammatiche conseguenze. Ancora una volta il Signore rassicura il suo popolo sulla sua vicinanza e sul suo amore, promettendo un tempo futuro finalmente favorevole.

La parola dell’apostolo Paolo chiarisce subito come questo spazio di attesa e di preparazione all’incontro con il mistero del Regno non debba essere considerato come un tempo di inazione o di delega, ma come un’occasione per “crescere e sovrabbondare nell’amore” (1 Ts 3,12). E ciò nasce dalla consapevolezza che la storia dell’intera umanità e quella di tutto il cosmo si svolge “davanti a Dio e Padre nostro” fino “alla venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi” (3,13).

Il Signore Gesù, con un linguaggio apocalittico usato da Luca nel capitolo 21 del suo Vangelo, sintetizza entrambi questi atteggiamenti di speranza e di impegno operoso. Egli, infatti, dichiara che proprio nel momento in cui tutto sembra giunto ad una fine rovinosa ed inevitabile, Dio saprà rendere vicina non solo una promessa di bene, ma un’autentica esperienza di liberazione, riservata a chi saprà coglierne il segno dentro il misterioso venir meno di tutti i punti di riferimento: “Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte” (21,26).

Per non soccombere di fronte a questo scenario incerto ed ambiguo, è lo stesso Maestro a insegnare quale sia l’atteggiamento da custodire con una certa fermezza interiore: “State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita” (21,34).

All’inizio dell’Avvento queste parole sono un’evidente scossa alla nostra tranquilla mediocrità. Niente richiede più energia e coraggio quanto l’arrestarsi per interrogarsi sul senso della nostra vita.

Siamo in viaggio verso l’eternità, all’incontro con il Signore della nostra vita. Ma, se siamo in viaggio, perché appesantirci di problemi terreni, di affanni, di denaro, di cose che in ogni caso dovremo lasciare? Per camminare speditamente, bisogna essere leggeri!

Per sollevare lo sguardo e non appesantire il cuore è necessario ricordarsi che la preghiera è il nutrimento indispensabile della nostra capacità di rimanere attenti alle promesse di bene che il Signore rivolge a noi tutti: “Vegliate in ogni momento, pregando” (21,36).

Vegliare non significa rinunciare al legittimo riposo, ma piuttosto alla pericolosa abitudine di ripiegarci su noi stessi, precipitando in una forma di incoscienza accuratamente ricercata e conservata.

Il cristiano non chiude gli occhi alla realtà di disordine di questo mondo, ma non ne è schiacciato, perché discerne, attraverso tutto questo, motivi di speranza e segni di redenzione.

Pregare e vigilare significa aprirsi alla totalità del reale e all’amore di Dio nella storia, che richiede  la nostra collaborazione per il suo ritorno, come l’ha richiesta per la sua nascita.

Maria Ss.ma, Vergine dell’attesa, ci sia modello e guida nel nostro cammino incontro al Figlio che viene. E ci aiuti a capire che l’Avvento per noi cristiani è per eccellenza il tempo dell’attesa orante e dell’educazione alla speranza, tempo per imparare a levare lo sguardo all’orizzonte, come vigili sentinelle del mattino che scrutano l’aurora e sono pronte ad annunciare il sole che sta per sorgere, pronte, appena lo scorgono, a gridare a tutti: Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina! Amen.

Padre Carlo Rossi omv,
Santuario Nostra Signora di Fatima, San Vittorino Romano