La liturgia domenicale ci ripropone ancora oggi il brano del Prologo del Vangelo di san Giovanni, già ascoltato il Giorno di Natale. Quasi con l’intento di farci penetrare ulteriormente e più a fondo nel mistero, che si è mostrato agli occhi dei pastori a Betlemme e rappresentato nei nostri presepi. Abbiamo anche noi il bisogno di vedere e toccare per arrivare pian piano ad adorare il Cristo nostro salvatore vivo e vero nel nostro cuore.
La nostra consapevolezza di essere stati fatti figli di Dio mediante il Battesimo, e partecipi del mistero di vita del Figlio di Dio, non è mai abbastanza e mai vissuta abbastanza. Abbiamo allora bisogno di meditare e contemplare, per poter scrutare le profondità abissali dell’amore del cuore del Figlio di Dio e, mediante lui che ce lo svela, il cuore del Padre celeste.
Il prologo del Vangelo di S. Giovanni ci dà in questo inno poetico un concentrato di quanto l’autore narrerà man mano nel suo Vangelo.
Farò solo degli accenni che aiutino la nostra meditazione, che mai potrà esaurire il contenuto di questi pochi versetti. Infatti su queste poche righe del Vangelo si sono scritti e si scrivono continuamente dei libri. Con la personale meditazione noi pastori possiamo poi approntare il nutrimento per il gregge di Cristo che partecipa all’Eucaristia domenicale.
L’inno inizia partendo dal principio eterno da cui tutto ha origine: Dio, per poi chiudere con lo scopo finale della salvezza. Il primo versetto comincia col dire: “In principio era il Verbo”, richiamando la creazione in Genesi 1. Qui nel Prologo allude all’inizio della creazione nuova (cfr. Ap 21,5). L’inno si conclude affermando lo svelamento a noi del Cuore del Padre e del suo seno nel quale l’opera di salvezza del Figlio ci vuole ricondurre.
Viene poi subito affermata la divinità di Gesù, Verbo che si fece carne in mezzo a noi, fonte di vita per gli uomini. Negli altri Vangeli osserviamo che viene narrato tutto un percorso di segni dati ai discepoli, per arrivare a svelare e far credere alla divinità di Gesù.
Giovanni Battista, mandato da Dio, è solo il testimone ufficiale, e non il messia, che annuncia e presenta il Messia autentico, “luce vera” del mondo, perché venisse accolto e creduto; da non confonderlo con altri falsi messia.
L’unigenito Figlio di Dio, nonostante la testimonianza di Giovanni ed i segni compiuti dal Cristo stesso, non venne accolto dalle autorità ufficiali e “dai suoi”, cioè Israele.
Ci sono però coloro che lo hanno accolto e che tuttora lo accolgono: “A quanti però l’hanno accolto” e creduto vengono concessi dei doni inestimabili:
– vengono resi figli di Dio, partecipi della natura divina (2Pt 1,4) ed coeredi di Cristo (Rm 8,17);
– mediante la fede ricevono la grazia di accogliere la rivelazione del Figlio di Dio e possono contemplare la gloria dello stesso Gesù-Dio e del suo eterno Padre;
– Giovanni Battista viene riconosciuto testimone veritiero di Cristo, ma da non scambiare con lui. Coloro invece che non hanno creduto alla testimonianza di Giovanni, hanno rifiutato anche il Cristo;
– i credenti nel Figlio scoprono la superiorità della Grazia vivificante donata dal Cristo, rispetto alla Legge antica donata da Dio a Mosè, ma che non solleva dalla schiavitù del peccato.
Molti si fermano alla contemplazione esteriore del Presepe nei vari presepi che si allestiscono; davanti ad essi sorgono intimi e buoni sentimenti di tenerezza umana. Non basta, dovremmo farci coinvolgere di più dal mistero profondo che si cela sotto le umili spoglie del Verbo incarnato. Dovremmo come Maria, Madre del Verbo di Dio, aiutati da lei, aprire senza riserve, fiduciosamente, il cuore perché il suo Figlio possa scendere anche in noi ed operare le sue meraviglie di grazie e consolazioni celesti.
Se ci lasceremo coinvolgere dal profondo mistero del Natale, avremo un cuore ricco di speranza e un volto gioviale che non passerà inosservato. In questo mondo malato, disorientato, povero di valori, buio, saremo quelle stelle luminose che, come fu per i Magi, daranno orientamento e speranza.
Don Giorgio De Santis,
Santuario Cuore Immacolato di Maria, Zagarolo