Nel Vangelo di questa domenica continua la serie di epifanie, cioè le manifestazioni di Gesù. Dopo la stella dei magi e il battesimo al Giordano, è ancora Giovanni Battista a segnalare con insistenza la presenza di Gesù come l’agnello di Dio (v. 36).
Gradualmente, Giovanni è cresciuto nella sua conoscenza di Gesù: dapprima non lo conosceva o lo conosceva probabilmente solo come parente, ma ora lo proclama agnello, cioè servo sofferente, Messia e lo dichiara presente: eccolo (v. 29.36), dice due volte. Giovanni Battista fissa lo sguardo su Gesù lo guarda dentro (dice il verbo greco), ne scopre l’intimità e lo proclama “agnello di Dio”.
Oltre all’identità di agnello, il brano del Vangelo odierno presenta un altro titolo di Gesù: Rabbì, (maestro), con il quale i due candidati discepoli, Andrea e Giovanni, desiderano fermarsi. Il testo del Vangelo odierno ha un duplice insegnamento e finalità: anzitutto l’invito a fare un cammino all’incontro di Cristo, per scoprirne l’identità e da qui sorgono subito le applicazioni vocazionali.
Accompagnano l’incontro con Gesù due domande: oggi leggiamo “Cosa cercate?” ed è la prima frase e domanda di Gesù nel Vangelo giovanneo. E ancora “Chi cercate?”; sarà la prima domanda dopo la Resurrezione. I futuri discepoli seguono i passi di Gesù, e, sollecitati da Lui, gli rispondono: “dove dimori? ” che è molto di più che la richiesta di un indirizzo, sapere dove abita; piuttosto desiderano capire chi è lui veramente: cosa pensa, fa, dice, quali sono i suoi progetti…
E Gesù li invita ad andare e stare con Lui : “venite e vedrete” (v. 39). Cioè significa entrare in relazione personale con Lui, a farne esperienza, scoprire il Suo volto intimo.
VENITE. Quell’incontro riscalda il cuore, li segna nell’intimo, li convince e produce effetti esplosivi e contagiosi a catena: Andrea conduce da Gesù suo fratello Simone (v. 41-42), Filippo ne parla con l’amico Natanaele (v. 45ss.), ecc. E ancora, incontrando Simone, Gesù fissa lo sguardo su di lui (v. 42), lo guarda dentro, nel cuore, e gli cambia il nome: “Ti chiamerai Pietro”, e la sua esistenza; proprio perché vive l’incontro con Gesù come un momento forte, Questi gli cambia nome, gli conferisce così una nuova identità, definisce la sua nuova vocazione e missione.
Come si vede, i testi biblici di questa domenica, oltre ad una connotazione chiaramente epifanica, hanno anche un chiaro contenuto vocazionale, a cominciare dalla vocazione-missione del giovane Samuele (I lettura ), includendo il forte richiamo di Paolo ai cristiani di Corinto (II lettura ) a stare lontani dall’impurità, a vivere in maniera consona alla loro dignità di membra di Cristo, di tempio dello Spirito, di persone comprate a caro prezzo .
Dai testi proclamati possiamo dedurre qualche riflessione circa la nostra vocazione, di chiamati alla sequela di Cristo.
- Dio continua a chiamare , in ogni epoca, anche in quelle precarie, come ai tempi di Samuele e Dio chiama per nome
- Però è indispensabile rimanere-stare-dimorare con il Signore, per capire e gustare la sua identità. ( vangelo)
- La vocazione non è un premio per opere o fedeltà umane, ma sempre e solo una elezione gratuita di Dio; lo stesso dicasi della perseveranza nella vocazione.
- Ad ogni vocazione corrisponde una missione: non ce la scegliamo noi, ma ci viene affidata.
- La risposta alla chiamata, se la si vive in gioiosa fedeltà al progetto di Dio, ha come risultato anche la realizzazione piena di noi stessi, che si attua nel servizio alla missione affidataci.
L’apostolo dunque è un ascoltatore, e un inviato; ma, prima ancora, un ‘esperto’ di Gesù. L’avventura degli Apostoli comincia proprio così: come un incontro di persone che si aprono e si conoscono reciprocamente. Comincia per i discepoli una conoscenza diretta del Maestro. Vedono dove abita e cominciano a conoscerlo. Essi infatti non dovranno essere annunciatori di un’idea, ma testimoni di una persona. Prima di essere mandati ad evangelizzare, dovranno ‘stare’ con Gesù , stabilendo con lui un rapporto personale, intimo, di profonda conoscenza, come tra innamorati. Non si incontra Cristo solo per sentito dire, ma perché nell’incontro personale ci si innamora di Lui.
Il secondo verbo “VEDRETE” al futuro, si apre su un lungo cammino che gli apostoli dovranno fare : la ricerca non è mai finita, la scoperta di Dio non è mai conclusa. Certo la strada della ricerca è inizialmente aperta dalla testimonianza degli altri, ma è soprattutto l’incontro personale con Cristo. La caratteristica della ricerca di Cristo non sta già nel sapere cosa si vuole o dove si vuole andare, ma procedere nella strada giusta e soprattutto percorrerla ovunque essa conduca. Non dobbiamo richiuderci nei nostri progetti, ma aprirci ai vasti orizzonti del progetto di Dio. Dobbiamo quindi imparare a cercare non più qualcosa, come nella prima domanda di Cristo, (” cosa cercate”) ma Qualcuno. Gesù infatti… così si rivolge a Maria di Magdala nella prima domanda che pone da Risorto: ” Chi cerchi?”
Imparare: Chi cercare. Gesù è maestro del desiderio, di ciò che alberga nel cuore degli uomini, di cosa hanno bisogno… di cosa loro manca. E a noi che siamo ricchi di cose, ma non siamo contenti, e manchiamo di risposte alla domanda del senso della vita, egli indica il desiderio di cose più alte, che impariamo dall’incontro con lui …
Solo così si realizza il desiderio di essere e vivere da veri discepoli.
Don Enea Accorsi,
direttore dell’Ufficio ecumenismo e dialogo interreligioso,
parroco presso San Filippo Neri, Collefiorito di Guidonia