Il culto dei martiri con Giuliani

Gli insegnanti di Religione cattolica della Diocesi di Tivoli e di Palestrina hanno partecipato, l’8 novembre 2023, nel Santuario di N. S. di Fatima in San Vittorino, al terzo incontro di formazione annuale sul tema: Sanguis martyrum, semen christianorum: la dimensione liturgica del culto dei martiri.

Il relatore, prof. Adelindo Giuliani, esperto di liturgia, si è soffermato, nella sua relazione, sulla nascita del culto dei martiri, su come si consolida, su che cosa comporta, e che cosa può significare per noi oggi, lasciando parlare la storia e i testi della liturgia.

Come nasce il culto dei martiri? Il culto cristiano è incentrato su un evento e su una parola di Cristo. L’evento è la passione e la parola è: “fate questo in memoria di me”. La Chiesa fin dagli esordi si interroga su cosa significhi questo da farsi perché il Signore continui ad essere presente in mezzo a noi. La categoria di memoria rappresenta un evento efficace nella storia, e questo da farsi viene declinato nel narrare quello che Gesù ha detto, e fare quello che Egli ha fatto nell’ultima cena. Nascono così la liturgia della Parola e la liturgia eucaristica, e la Chiesa degli inizi non ha avuto altri atti di culto se non quello dell’Eucarestia. Nei primi due secoli del Cristianesimo non esiste un anno liturgico, esiste soltanto l’evento dell’Eucarestia, celebrata il primo giorno dopo il sabato. La domenica è la festa primordiale della Chiesa, e la domenica è il giorno dell’Eucarestia. La prima festa sarà quella di Pasqua e pian piano si verrà formando quello che sarà l’anno liturgico. Nel vangelo di Luca, l’episodio finale dei discepoli di Emmaus rappresenta una Messa. Ci domandiamo, come mai questi discepoli non riconoscono Gesù dopo la resurrezione? Perché il modo di comunicarsi del Signore non è più quello pre-pasquale, è cambiato il modo di relazionarsi. Oggi Cristo si incontra nell’Eucarestia.

Il culto dei martiri nasce da un evento drammatico, quello delle persecuzioni. Tutti gli apostoli, tranne Giovanni, muoiono martiri. La fede della Chiesa porta a vedere questo martirio come una testimonianza. Per i cristiani il martire è testimone di Cristo, e, come Cristo è morto e risorto, anche il martire muore e risorge con Lui. Il martire ha seguito Cristo non soltanto nella vita ma anche nella morte, è un testimone vero del Vangelo. Il martire è un alter Christus.

Abbiamo testimonianze molto antiche su questo, come la Depositio martyrum, un documento del 354, in cui si parla di 7 diaconi martiri al tempo di papa Callisto. La depositio è la data di sepoltura dei martiri, segna una data da celebrare ogni anno. È una sorta di calendario che consente ai cristiani di fare memoria dei loro martiri.

Nasce il dies natalis, il giorno della morte diventa per il martire il giorno della nascita al cielo. I cristiani sostituiscono il refrigerium dei romani con l’eucarestia, all’antico banchetto in onore dei defunti si sostituisce il nuovo culto dei martiri, ormai assimilati al sacrificio di Cristo.

Il luogo della celebrazione del martire non è la Chiesa, ma la tomba. Secondo sant’Agostino, «noi li commemoriamo alla stessa mensa, affinché possiamo aderire alle loro orme». Noi celebriamo i martiri per imparare a seguire il loro esempio, per imitarli. In un altro testo famoso, Tertulliano ci ricorda che: sanguis martyrum, semen christianorum, il sangue dei martiri produce nuovi cristiani.

Con il tempo il culto del martire si sposta dalla tomba alle chiese. Nascono i pellegrinaggi a queste chiese e le stationes. Nascono i Martirologi e le letture delle Passiones dei martiri.

Molti cristiani, inoltre, vogliono farsi seppellire vicino a queste tombe, si cerca un contatto corporeo con il martire.

Il prof. Giuliani ricorda che la Chiesa stabilisce che affinché ci sia il martirio, il cristiano deve essere morto a causa della fede in Cristo. Al termine della relazione, Giuliani si domanda come si può vivere il martirio oggi anche in assenza di persecuzioni come quelle del tempo di san Pietro e san Paolo.

Al riguardo ci illumina un brano di sant’Agostino sulla teologia del martirio:
“Tu non vedi il tuo nemico, il diavolo, ma avverti in te la tua avarizia. Non vedi il tuo nemico, il diavolo, ma in te senti la tua libidine. Non vedi il tuo nemico, il diavolo, ma senti la tua ira. Vinci quello che avverti interiormente e sono vinti quelli che insidiano all’esterno. In questo consiste l’amore verso i martiri, questo vuol dire celebrare le feste dei martiri con devota pietà, non riempirsi di vino, ma imitare la loro fede e pazienza”.
Questa è la sequela del martire possibile a noi, cioè la possibilità di sfidare, ogni giorno, in nome di Cristo, le nostre tentazioni.

Luca Onori