Il Giubileo dei diaconi, per approfondire ruolo e missione

Nei giorni 21, 22 e 23 febbraio si è tenuto a Roma, nell’ambito del Giubileo della Speranza, il Giubileo dei Diaconi di tutto il mondo cattolico.

In particolare, nel pomeriggio di venerdì 21, si è tenuta, divisa in gruppi in più chiese e basiliche di Roma, la preghiera dell’Ora media, seguita da una riflessione e condivisione del vissuto diaconale.

Sabato 22, in mattinata, centinaia di diaconi, provenienti da tutto il mondo, spesso accompagnati dalle proprie mogli e dai figli, hanno partecipato a un meeting organizzato dal Dicastero per il Clero dal titolo Diaconi in una Chiesa Sinodale e missionaria per essere testimoni di speranza. Per la Diocesi di Tivoli e di Palestrina, oltre a una nutrita rappresentanza di diaconi, accompagnati dalle proprie mogli, c’era la graditissima presenza del Rev. Monsignor Domenico Cauteruccio, Vicario del Vescovo S.E. Parmeggiani e responsabile della formazione diaconale diocesana

Oltre allo spaccato di una realtà complessa e variegata, i diaconi hanno dimostrato che il loro ministero, straordinariamente vitale, non si mette solo al servizio della Chiesa, ma riesce ad intessere proficui rapporti di collaborazione con la realtà sociale in cui essi sono “incarnati”, sia essa posizionata in città o campagna, lavoro o parrocchia, savana, favelas o foresta, riuscendo a riscattare realtà abbandonate perché considerate “scarto” dall’ideologia consumistica.

Padre Luca Garbinetto, moderando l’incontro, ha fornito qualche dato: nel mondo ci sono circa 47.000 diaconi; in Italia, nelle 226 Diocesi, spicca Napoli con 321 diaconi, Milano con 166, Bologna con 155, Torino con 143 e Roma con 132 diaconi.

Mentre negli Stati Uniti si sta per arrivare al rapporto 1:1 tra presbiteri e diaconi, l’unica nota dolente è l’età media, che nei diaconi supera abbondantemente i 65 anni; questo dato è servito a sottolineare che la vocazione al diaconato (il cui percorso iniziale, almeno nei paesi occidentali, può durare anche sei o sette anni tra discernimento, studio e formazione) viene quasi sacrificata per ottemperare agli obblighi lavorativi e familiari, aprendo così un bisogno di ricerca di soluzioni percorribili, affinché le giovani vocazioni possano liberamente manifestarsi.

A parte i dati, che dimostrano la variegata distribuzione a livello mondiale, il meeting è stato l’occasione per approfondire il ruolo e la missione diaconale in un lungo spazio di condivisione con vescovi, delegati e referenti delle Conferenze episcopali e delle diocesi, ma è stata anche l’occasione dove le spose dei diaconi permanenti hanno dimostrato di voler essere sempre più coinvolte.

Mentre Monsignor Ripa ha sottolineato che i diaconi sono custodi del servizio a “parola, poveri e altare”, Sua Eminenza il Cardinal Lazzaro You Heung Sik, prefetto del Dicastero per il Clero, ha stigmatizzato che uno dei campi di azione del diacono, ministro ordinato, testimone dell’amore di Dio, sono quelle “periferie esistenziali, alle quali il Santo Padre ci richiama continuamente”, che rappresentano, nella estrema mutevolezza del mondo attuale, tra guerre, cambiamenti climatici, vere sfide. Sempre Sua Eminenza ha chiarito che «la vocazione diaconale è specifica nella Chiesa, ha una missione propria, e non può essere confusa con vocazioni e missioni altrettanto importanti come quella dei presbiteri, dei consacrati, o dei fedeli laici». Il ministero diaconale è nel contempo antico, dagli albori del cristianesimo, e giovane, riscoperto nelle esperienze e nelle modalità rese possibili dal Concilio Vaticano II, e ribadite recentemente con il Sinodo.

Il Cardinal Lazzaro ci ammonisce di non illuderci che il «diaconato sia la salvezza della Chiesa e del mondo»: il percorso sinodale ancora in atto ci fa percepire che lo Spirito Santo, lo stesso che ha conservato per secoli il ministero diaconale nella sua fedeltà millenaria, ha piani ben più ampi per la riforma e per un rinnovamento della Chiesa. Ciò può comportare «spavento, chiusura o resistenza al cambiamento nel momento in cui riconosciamo aspetti di fragilità o ambivalenza in qualche esperienza diaconale vissuta, nel passato o più recentemente».
Facendo un sunto dei diversi interventi durante il meeting, quello che ha colpito di più è la corale, e cattolica (universale) necessità di esprimere la vocazione e missione diaconale non solo ad intra, ma ad extra, fuori dalle mura parrocchiali, nel territorio, appunto nelle “periferie esistenziali”. Un accompagnamento sincero, disinteressato, pregno di quell’amore e di quella prossimità che rende pienamente dignità di esseri umani agli ultimi, al rifiutato, allo “scarto”, perché “Dio ama ogni uomo sia in questa vita sia nell’altra secondo il bene che è in lui….Dio è perfetto; lui solo conosce il bene che è nelle anime: noi non vediamo che le apparenze…” (Charles de Foucauld), e in Cristo che si spoglia della Sua regalità per farsi uomo e servo abbiamo il modello assoluto.

E questa attenzione particolare è chiara ai diaconi permanenti del nord America, dove la capillarizzazione degli interventi ha permesso, per garantire la cura pastorale a un 28% della popolazione di origine e lingua ispanica, percorsi sia in lingua inglese che spagnolo. L’America latina ispanica, e i Caraibi, stanno vivendo una missione diaconale particolarmente focalizzata su famiglia, primo luogo di evangelizzazione, e difesa della vita, utilizzando la Dottrina Sociale della Chiesa come fonte della pastorale sociale e della carità, promuovendo la figura della donna e dei bambini, partecipando con una presenza attiva sia in ambito scientifico, che culturale, che nella formazione di leader di opinione.
In Brasile, oltre la cura degli ultimi, con una pastorale indigena (come avviene anche in Australia) e del Creato (altro ambito della missione ad extra diaconale), si sente il forte apporto e sostegno della famiglia, in particolare delle mogli, molto attive a fianco dei mariti diaconi.

L’impegno delle mogli nel cammino vocazionale e nel ministero diaconale dei mariti assume una importanza e valenza globale tale da suscitare il bisogno e la necessità di creare una rete internazionale, già esistente dove viene rivendicato il diritto alla non esclusione, perché come spose esse sono pronte a sostenere anche la missione dei propri mariti. Di qui la necessità, come afferma Marie Francoise Maincent, referente della rete per il Centro internazionale del diaconato in Francia, che «ci sia più formazione e coinvolgimento delle donne, perché le mogli sono molto sensibili affinché in questo ministero la componente femminile sia pienamente valorizzata».

Particolarmente sentito è stato l’intervento della professoressa Serena Noceti, teologa e docente presso ISSR Santa Caterina in Toscana, che ha sottolineato che, in una Chiesa che si identifichi come sinodale e missionaria, la figura del diacono è insostituibile. Seppure ordinati ad un ministero specifico, come ribadito anche nel documento finale del Sinodo al numero 73, le funzioni del diacono sono molteplici e non si limitano al solo ambito liturgico, ma assumono la valenza del “ministro che sta sulla soglia” che, quindi fa da ponte tra la Chiesa e il mondo, e anche ministro del portico, pronto e “zelante” affinché la casa del Signore non venga contaminata da miasmi secolari. Il diacono: è servo che si fa povero tra i poveri, il cui compito, tra i tanti, è quello di sostenere l’attenzione di tutti proprio nei confronti dei poveri; il diacono è Vangelo annunciato e incarnato in un legame inscindibile con la vita vissuta, consapevole che se non c’è servizio, non c’è prossimità alle persone e ai poveri, e l’annuncio del Vangelo è inutile. Il diacono è Servo della Speranza, anzi, prigioniero della Speranza, insieme ai poveri. Ed ecco che, nell’azione liturgica della preparazione della mensa, il diacono raccoglie e presenta le offerte al Sacerdote nello stesso modo in cui presenta al Suo Vescovo le necessità che ha udito o visto (“occhio e orecchio del Vescovo”) frequentando gli ultimi, gli affamati di Dio. E come Filippo e l’eunuco, camminando insieme a chi è apparentemente distante, saziare quella fame di sacro e di amore, perché capaci, come servi della speranza operosa del Regno di Dio, di indicare in Cristo Risorto la soddisfazione dell’appetito dell’esistenza, e la fratellanza in Lui di tutti i popoli. Per poter annunciare il Cristo Risorto, e la fratellanza in Lui di tutti i popoli, al diacono è affidato, a Pasqua, il canto dell’Exultet.

Don Dario Vitali, ha particolarmente colpito la platea dei diaconi proponendo una lettura particolare dell’invito, fatto dal diacono al termine della messa, dell’ «Ite, Missa est», specificando che esso, effettivamente, è l’invito che si fa, prima di tutto, a noi stessi, e poi ai fedeli, di partecipare al terzo Altare, che è l’altare del mondo fuori, dopo aver partecipato all’Altare della Parola e all’Altare della Mensa: ecco che quel «Ite, Missa est» diviene «Ite, Missio Ecclesiae est».

A conclusione dei lavori, è stata annunciata dal Cardinale Lazzaro You Heung Sik la creazione di una rete internazionale di studi per revisionare sia la Ratio Formationis che il Direttorio diaconale, in previsione di un grande convegno internazionale dei diaconi che si terrà nel 2026.

Nella sera di sabato 22 è stata tenuta una veglia per gli ordinandi
Domenica 23, una nutrita rappresentanza di diaconi della diocesi di Tivoli e di Palestrina ha partecipato, insieme alle consorti, alla Santa Messa Giubilare in cui Sua Eminenza il Cardinale Rino Fisichella ha ordinato 23 diaconi provenienti da diverse parti del mondo. Particolarmente emozionante, oltre l’entrare insieme nella navata centrale della Basilica di San Pietro, è stato il pregare insieme in diverse lingue che trovavano il sunto nei canti gregoriani in latino.

È stato commovente ascoltare da S. E. Mons. Fisichella l’omelia scritta da Papa Francesco appositamente per il Giubileo dei diaconi, preceduta da una preghiera e un pensiero per la salute del nostro caro amato Pontefice. Infine, veramente emozionante è stata l’ordinazione dei nostri confratelli diaconi, dove tutti, nessuno escluso, hanno avuto la grazia di rivivere la propria.

Questi tre giorni hanno segnato in modo indelebile il nostro vissuto ministeriale diaconale, e, ancor più, hanno rinvigorito e rinnovato con entusiasmo la nostra vocazione. Che sia di buon auspicio per il prossimo meeting internazionale, che si terrà nel 2026, e per tutta la Chiesa.

Roberto Innocenti, diacono