Da lunedì 11 a mercoledì 13 dicembre presso la parrocchia di Sant’Andrea Apostolo a Paliano si sono svolti i consueti esercizi spirituali diocesani di Avvento, proposti dall’AC diocesana di Palestrina. Anche stavolta la scelta come centro diocesano è stata quella di incontrare un’associazione parrocchiale, attraverso la proposta di condividere gli esercizi, per risottolineare che la relazione associativa respira e vive nei due sensi.
Le meditazioni e la preghiera della serata finale sono state guidate da don Michele Martinelli, dallo scorso aprile assistente nazionale del Settore Giovani, che con grande semplicità e attenzione ci ha aiutato a focalizzare molte suggestioni, che sono divenute provocazioni, tratte dalle figure dei pastori e dei magi, ma senza tralasciare di ricordare prima la necessità di fermarci, come dopo una lunga e serrata camminata, sapendo già che non avremmo potuto concludere tutto, ma solo provare a vivere bene ed in pace questa esperienza di raccoglimento, perché necessaria allo spirito.
Ha poi guidato il nostro sguardo ad accorgerci dell’aperto, che caratterizza sia l’episodio dei pastori che la vicenda dei magi. Dio ci chiama alla sfida di scegliere di stare fuori, di non accomodarci nel rifugio, di restare esposti, con i nostri limiti e le nostre fragilità.
Ci ha ricordato che i pastori non erano figure marginali, ma i legittimi discendenti di quei Patriarchi e Re che un giorno parlavano con il Signore e ne ricevevano le visite nelle loro tende. Dovremmo chiederci che consapevolezza abbiamo della nostra eredità di una lunga tradizione cristiana, e cosa vogliamo farne. Quali consegne offre alla nostra vita, insieme alla Parola di Dio, quando si tratta di compiere scelte decisive? Con quale rispetto e coerenza la raccogliamo dalle mani di chi ci ha preceduto? In che modo e con quale linguaggio poterla vivere nel presente?
Come i pastori, siamo invitati a guardare in modo diverso. Dio non cambia il mondo dell’uomo, ma l’uomo e il suo modo di guardare il mondo. Quando ci accorgeremo che la verità di Dio giace quotidianamente avvolta in povere fasce e non nella luce, allora potremo dire che il Natale sta diventando vero anche per noi, cioè che Dio ci sta facendo ricchi con la sua povertà.
Dei magi (cfr. Mt 2, 1-12), don Michele ci ha fatto notare come cercano anzitutto il significato di ciò che vedono, un fenomeno naturale diverso dal solito, ma non si sono fermati all’apparenza di qualcosa che forse molti altri hanno visto, ma solo loro hanno colto. Siamo attenti a ciò che accade attorno a noi e dentro di noi, abbiamo la capacità di andare oltre il segno che ci appare? A volte si può essere anche molto vicini e tuttavia non arrivare mai a cogliere dove ci vuole portare il segno che ci è apparso.
Inoltre che vengono dall’Oriente. È importante fare memoria delle nostre origini, dalle quali ci siamo via via allontanati, ma che tuttavia non abbandoniamo mai del tutto.
Che il loro viaggio ha necessitato di tempo. Alcuni viaggi interiori necessitano di lunghi periodi di percorrenza. Anche nell’esperienza di fede, spesso abbiamo la pretesa di portare subito la gente davanti alla grotta, quando invece ci sono lunghi cammini da compiere.
Che i magi sono almeno un plurale. Il testo di Matteo non dice se siano re o siano tre ma sicuramente sono un plurale. Alla minaccia della globalizzazione dell’indifferenza – espressione coniata da papa Francesco – l’esperienza della fede ci invita a rispondere con la convivialità delle differenze – espressione coniata dal servo di Dio Tonino Bello.
Che Erode sente il suo potere minacciato, e che spesso anche noi siamo come lui: difendiamo i nostri interessi e le nostre posizioni, il nostro piccolo e limitato potere. Ci rinchiudiamo nel nostro piccolo regno e a volte magari strumentalizziamo gli altri con piccoli sotterfugi.
Che un’ulteriore sfida è quella del ritorno. E se invece la strada del ritorno fosse la stessa strada percorsa all’andata, ma fossero loro ad essere cambiati? Qualche volta dobbiamo cambiare strada, ma spesso dovremmo cambiare solo il modo di percorrere la stessa. La strada è quella di sempre, quella della famiglia, dei colleghi, del ragazzo e della ragazza, degli amici. Siamo noi che dobbiamo cambiare il modo di relazionarci con loro. Questo vangelo e questa «altra strada» ci invitano a vivere il coraggio dell’inedito, nelle nostre relazioni, nella nostra routine e nel nostro modo di vivere la fede. La fede è un’esperienza che ogni giorno si presenta inedita e originale.
Infine, che l’errore è concesso. È nell’esperienza di tutti attraversare alcuni passaggi della vita che potrebbero far compiere scelte di non ritorno. La tentazione di gettare la spugna a seguito di alcuni errori che non ci perdoniamo sembra essere la soluzione più immediata. Tutti abbiamo attraversato, o attraverseremo, stagioni nelle quali è possibile perdere di vista la stella. È a questo punto che il vangelo ci consegna il passaggio che, usciti dal palazzo di Erode, «la stella che avevano visto spuntare li precedeva». È la stella degli inizi. Che sempre precede, anche dopo il più sofferto errore.
Fulvio Romani