13 marzo 2025 – Tivoli
Cari confratelli sacerdoti,
Un cordiale saluto a mons. Mauro e a ciascuno di voi, e vi ringrazio di cuore per l’opportunità che mi date nell’accompagnare questo secondo incontro con voi.
Il 12 dicembre scorso ci siamo soffermati sul tema della preghiera, tema preparatorio al Giubileo che Papa Francesco ha poi aperto il 24 dicembre. Durante quel ritiro abbiamo cercato insieme di porre l’attenzione su due punti fondamentali: il Sacramento dell’Ordine e l’incardinazione.
L’ordinazione ci ha configurati a Cristo capo, pastore, sposo: siamo, dunque, alter Christus nel nostro agire sacramentale. L’incardinazione ci ha ricordato che il ministero sacerdotale va “incarnato”; ancor più richiede di lasciarsi incarnare dalla realtà in cui ci troviamo a vivere: un conto è fare il sacerdote in campagna, un conto in città; una cosa è esserlo in Italia, un’altra in Africa. La storia di una Chiesa, di un popolo va conosciuta per essere servita. Pensiamo a Gesù: lungo le rive del lago ha usato il linguaggio tipico dei pescatori, e in questo modo si è fatto comprendere.
Esperienze, dicevamo, che chiedono di restare ancorate in Dio, nutrite costantemente del suo perenne amore: “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5).