Martedì 19 dicembre, si è svolta nella chiesa di San Rocco, a Olevano Romano, la catechesi di preparazione al Santo Natale tenuta da padre Andrea Stefani. In questo anno degli 800 anni dal primo presepe di san Francesco, l’oratore francescano ha voluto far rivivere il contesto e l’intuizione che spinsero il Santo di Assisi a inventare questo mezzo pedagogico che aiuta a rendersi conto della grandezza dell’amore di Dio per noi peccatori. «Per parlare del presepio», ha spiegato il francescano, «bisogna partire dal carattere di Francesco: amava la fisicità, il contatto con le persone, anche con i lebbrosi; amava le creature e da questo amore per le creature si è aperto all’amore del Creatore. Francesco era un grande ricercatore della Verità». È in questa ricerca della verità che riceve a San Damiano la risposta più evidente davanti alla Croce. Allora Francesco si rende conto che non si realizza da solo, ma è Dio che lo realizza.
Qui scopre il Crocifisso come grande follia di Dio, che muore per i peccatori. Francesco resta conquistato dall’amore di Dio, ed esprime questo amore con libertà nella relazione con le cose e le persone. Taglia completamente con la famiglia per non diventarne erede. Si libera da ogni condizionamento del dio “avere”. Sceglie la libertà perché è quella condizione che gli permette di servire.
L’invenzione del presepe è da mettere nella prospettiva della grande sete che aveva Francesco di cercare Gesù, in ogni cosa e dappertutto, di toccare con mano e vedere con gli occhi l’amore di Dio per i peccatori che siamo. Per la celebrazione della Messa quel Natale a Greccio, aveva voluto vedere con gli occhi i disagi vissuti dal figlio di Dio alla sua nascita. Voleva vedere come lo “Scartato” più in assoluto aveva vissuto la sua venuta al mondo, nel contesto più radicale degli scartati, là è nato Gesù.
Così rappresenta la natività inserita in un contesto del Sacramento. Resta sempre toccato, nel vedere questa scena così rappresentata, d’amore di Dio per l’uomo.
Il presepio deve portare l’uomo a sentirsi fango. È l’unica grazia che il Signore ci può concedere per renderci conto della grandezza dell’amore di Dio per noi. Non meritiamo una grazia così grande, così dobbiamo allora stare più bassi, a servire e non a comandare. Non si tratta tanto di ricostruire il presepio, quanto vedere con gli occhi quello che Dio ha fatto per me. Volendo immedesimarsi nel Figlio di Dio sofferente, chiederà anche la grazia di patire quello che Cristo stesso ha vissuto. A La Verna riceverà le stimmate.
Roberto Sisi