La Chiesa e il sentiero del silenzio per ascoltare

“Shema Israel” sono le prime parole della liturgia ebraica, che aprono la preghiera più importante, chiamato “il piccolo credo d’Israele” che condensa in sé tutto il credo della fede ebraica, la condizione essenziale dell’ascolto e della rivelazione di Dio. Questo invito rimanda e presuppone l’altro grande elemento: il silenzio.

Per incontrare Dio occorre accogliere in sé il silenzio: “dopo la folgore, ci fu una voce di silenzio sottile”(1Re 19,12): è uno dei richiami che nella Bibbia troviamo sull’importanza del silenzio. L’uomo biblico è invitato spesso a rientrare in se stesso, ad entrare nel grembo del silenzio. Il silenzio biblico non è solo un’assenza di rumore intorno, anche se questa è certamente propedeutica, ma implica un cammino interiore per arrivare alla calma e alla pace del cuore, sapendo zittire tutte le voci che si levano dentro, anche quando fuori è silenzio: sono le voci dei sentimenti, delle preoccupazioni, delle ferite, è quella vita caotica e frenetica che attraversiamo ogni giorno e che inevitabilmente intride le fibre del nostro essere, lasciando tracce indelebili che portiamo dentro sotto il segno dell’inquietudine, della pesantezza, della stanchezza. E l’uomo perde se stesso, smarrisce la sua identità più vera e profonda. Non riconosce più se stesso e quindi diventa incapace di riconoscere l’Altro e ogni altro intorno a sé.

È necessario allora riprendere il sentiero del cuore che porta a prendere consapevolezza del momento sorgivo quando: “Dio disse facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza” (Gen. 1,26), esperienza confermata dal grembo materno abitato dal silenzio entro il quale il bimbo prende forma e abita.

È questo il segreto che l’uomo porta in sé. Il segreto al quale tornare ogni volta che vuole ritrovare se stesso, la sua identità più profonda, liberandosi dalle tante identificazioni del mondo, che sono come maschere che nascondono il suo vero volto. E il vertice del cammino del silenzio è l’incontro con Dio che parla e che richiede il silenzio per ascoltare e accogliere la Parola feconda di vita. Se Dio parla allora è il silenzio accogliente la vera preghiera dell’uomo biblico, una trama preziosa tessuta dei fili della calma, del vuoto di sé, della mansuetudine e della disponibilità.

Gli incontri di Lectio Divina che in questo tempo di Avvento si stanno celebrando nelle diverse Vicarie sono occasione per riscoprire il valore del silenzio, tornare alle sorgenti della spiritualità, purificare la nostra fede ecclesiale. La Chiesa vive dell’ascolto e dunque del silenzio, per riscoprire ogni volta la sua missione che è quella di essere eco della Parola, di far riecheggiare la Parola di Dio, come una cassa di risonanza che deve necessariamente essere vuota perché il suono la invada e si diffonda. Se manca questa dimensione della vera fede,si rischia di parlare al posto di Dio, di essere presi dall’ansia del fare in nome di Dio. Ma in nulla di tutto ciò abita Dio, che si comunica a chi con saggezza siede ai piedi del Maestro e ascolta proprio come Maria a Betania (Lc.10,39). È questa la “parte migliore che non sarà tolta”(10,42) e che come Chiesa stiamo riscoprendo “tutti insieme nello stesso luogo”.

Gianluca Zelli