Nel suo messaggio per la 59ª Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali dal titolo Condividete con mitezza la speranza che sta nei vostri cuori (cfr 1Pt 3,15-16) papa Francesco si rivolgeva a giornalisti e comunicatori nella consapevolezza di quanto sia necessario il loro lavoro in un tempo di disinformazione e polarizzazione. «C’è bisogno – scriveva Francesco il 24 gennaio 2025 – del vostro impegno coraggioso nel mettere al centro della comunicazione la responsabilità personale e collettiva verso il prossimo». Nel contesto dell’anno giubilare scriveva ancora Francesco: «vorrei con questo mio Messaggio invitarvi ad essere comunicatori di speranza, incominciando da un rinnovamento del vostro lavoro e della vostra missione secondo lo spirito del Vangelo». È necessario dunque prima di tutto “disarmare” la comunicazione, purificarla dall’aggressività, per generare speranza. Riprendendo la Prima lettera di Pietro che mette in relazione speranza, testimonianza cristiana e comunicazione, Bergoglio sottolineava come la speranza dei cristiani ha un volto, il volto del Signore risorto. Il secondo punto che metteva in evidenza era quello di essere pronti a dare ragione della speranza che è in noi, e farlo «con dolcezza e rispetto».
La comunicazione dei cristiani e la comunicazione in generale dovrebbe essere intessuta di mitezza e prossimità, secondo lo stile dei compagni di strada, «seguendo il più grande Comunicatore di tutti i tempi, Gesù di Nazaret, che lungo la strada dialogava con i due discepoli di Emmaus facendo ardere il loro cuore per come interpretava gli avvenimenti alla luce delle Scritture». Quella che sognava Francesco e così anche papa Leone XIV è una comunicazione «che sappia renderci compagni di strada di tanti nostri fratelli e sorelle, per riaccendere in loro la speranza in un tempo così travagliato», capace di parlare al cuore.
Una comunicazione capace di suscitare atteggiamenti di apertura e amicizia; di puntare sulla bellezza e sulla speranza anche nelle situazioni apparentemente più disperate; di generare impegno, empatia, interesse per gli altri, che sia in grado di dare ragioni per sperare. «La speranza è sempre un progetto comunitario» scriveva ancora papa Francesco.
Occorre puntare ad una comunicazione attenta, mite, riflessiva, capace di indicare vie di dialogo. «Vi incoraggio perciò a scoprire e raccontare le tante storie di bene nascoste fra le pieghe della cronaca; a imitare i cercatori d’oro, che setacciano instancabilmente la sabbia alla ricerca della minuscola pepita. È bello trovare questi semi di speranza e farli conoscere». È questo tipo di comunicazione che fa crescere la comunione. L’ultimo paragrafo del messaggio di Francesco è un invito ad avere cura del cuore, cioè della propria vita interiore. Le tracce che il Papa esorta a seguire sono un lascito prezioso per essere veri testimoni e promotori di una «comunicazione non ostile, che diffonda una cultura della cura, costruisca ponti e penetri nei muri visibili e invisibili del nostro tempo».