Olevano Romano è ubicato sul monte Celeste, ai margini del complesso montuoso prenestino-lepino-ernico, al confine fra la provincia di Roma e quella di Frosinone. Il suo centro affonda le sue radici in epoca anteriore al medioevo come testimoniato dai resti della poderosa cinta muraria in opera poligonale, realizzata in grossi blocchi squadrati in pietra locale, d’incerta datazione ma riferibili ad epoca anteriore alla romanizzazione del territorio.
Diviene “castrum” in pieno medioevo: compare con tale appellativo in un atto di vendita, stipulato nel 1232 fra Oddone Colonna, nuovo signore di Olevano e Papa Gregorio IX (1227-1241). Risale a questo periodo la costruzione del Castello, edificato sull’alto sperone di roccia calcarea a difesa del borgo. Dopo i Colonna il feudo passò prima al Comune di Roma che nel 1364 emanò gli Statuti della città e poi agli Orsini per concessione di Papa Bonifacio IX. Situata proprio al centro del vecchio castrum, si erge la chiesa parrocchiale dedicata a Santa Margherita di Antiochia, ricostruita sfruttando dei fondi messi a disposizione da papa Martino V, per poi venir elevata al rango di collegiata nel 1570 dal vescovo Ottone di Waldburg. In principio essa era molto rozza, senza una volta, senza ornamenti ed un solo altare centrale; poi col tempo cominciò ad abbellirsi.
L’8 settembre 1596 prese inizio il rifacimento dell’edificio; i lavori terminarono nel 1602 e la nuova struttura risultò a un’unica navata, con sette cappelle laterali e vari altari, tra i quali i più importanti erano il maggiore, intitolato alla patrona della chiesa, quello di San Francesco, costruito da Nicola Piselli, quello della Presentazione, costruito da don Angelo Gianfranceschi e in seguito ridedicato a santa Lucia, e quello di San Pietro, fatto realizzare dal capitolo della collegiata. Tra il 1575 e il 1580 l’oratorio della confraternita del Santissimo Sacramento, posizionato dietro la chiesa, venne collegato ad essa tramite la realizzazione di un grande arco e riadattato alla funzione di presbiterio; il lavoro fu compiuto anche grazie alle donazioni di Pompeo, Marzio e Orinzia Colonna. Nel 1823 si iniziarono i lavori del Coro, con legno di noce, a cura di Giuseppe Bonuglia su disegno di due religiosi del Convento di San Francesco di Bellegra. Diverse opere pittoriche vennero realizzate, verso la fine del 1800, ad opera del pittore Silvio Galimberti: il rifiuto delle proposte nuziali e il supplizio della Martire e la tela centrale raffigurante la Gloria di Santa Margherita. Il 29 giugno 1879 una folgore danneggiò il campanile e la collegiata; l’arciprete don Leopoldo Bonuglia decise di riedificare la chiesa dalle fondamenta. All’architetto Costantino Sneider venne affidato il compito di redigere il progetto e di lì a poco iniziarono i lavori; la ricostruita chiesa fu portata a termine nel 1914. Nel 1954 la navata fu oggetto di un rifacimento, in occasione del quale venne posato il nuovo pavimento.
Un ulteriore intervento di riqualificazione fu condotto tra il 2010 e soprattutto il 2018-2019, allorché vennero restaurati i due affreschi dell’altare maggiore, fu risistemato il tetto e furono consolidate le colonne. Particolarmente attiva è la vita in parrocchia, con numerosi gruppi di catechismo, dalla I elementare alla III media. Presente anche l’Azione Cattolica, poi la Confraternita di S. Antonio Abate e la Pia Associazione della Ss.ma Trinità. Dal 1997 l’associazione Dies si occupa della realizzazione della festa patronale di Santa Margherita – che ricorre ogni 20 luglio. La santa Patrona si festeggia, inoltre, ogni 13 gennaio.
Marta De Bianchi