Lo scorso 31 marzo, presso il Duomo di Sant’Agapito nell’ambito dell’itinerario di preprazione alla Pasqua, suor Maria Alessia Pantaleo delle apostole di gesù crocifisso, direttrice del coro diocesano di Palestrina ha guidato un incontro di approfondimento e spiritualità sul tema “La passione di Cristo nella musica liturgica”
La riflessione si è concentrata soprattutto su alcuni canti propri del Venerdì Santo, i Lamenti del Signore e due inni, il Vexilla regis e il Crux fidelis, composti da Venanzio Fortunato intorno al 570 per l’arrivo delle reliquie della Santa Croce presso l’abbazia di Poitiers. I Lamenti del Signore sono probabilmente una composizione di origine greco-bizantina nella quale all’antifona iniziale tratta del libro delle Lamentazioni, si risponde con il Trisagion, l’invocazione al tre volte Santo. I versetti fanno affiorare alla mente alcuni episodi del libro dell’Esodo nei quali si enumerano i benefici che il Signore ha elargito e che si contrappongono al dolore ingiusto arrecato a Gesù durante la sua passione. Si tratta evidentemente di “lamenti” che il Signore non avrebbe mai pronunciato, ma che ci fanno “volgere lo sguardo a Colui che abbiamo trafitto”: dalla croce, infatti, risplende tutto l’amore invincibile di Dio che risponde al male col bene, a ferite tanto grandi con una carità immensa. Nel Vexilla regis viene presentata in forma lirica tutta la teologia crucis del vangelo di Giovanni, dove la croce è il culmine della rivelazione del Figlio. Gesù non subisce la passione ma proprio nell’estremo dell’umiliazione viene innalzato dal Padre e glorifica il Padre. La Croce è suo trono e vessillo dal quale esercita la sua regalità.
Nell’inno Crux fidelis il pensiero va a San Paolo che contrappone Cristo, nuovo Adamo, al vecchio Adamo. Qui la croce è l’albero della vita posto come rimedio all’albero proibito dal quale è scaturita la morte. “Dolce legno, dolci chiodi che sostenete il dolce peso” si canta nella prima strofa. Gesù ha reso “dolce” anche il supplizio della croce. Il suo amore ha rivestito di bellezza e di ineffabile splendore ciò che il mondo vede come ignominia e abiezione. Cantare la dolcezza della croce è invito anche per noi a vivere l’esperienza delle nostre croci quotidiane accogliendo le parole di Gesù: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11, 28-30).
Alessia Pantaleo, ajc