L’inizio del nuovo anno ci chiama a riflettere sulla Giornata Mondiale della Pace, giunta alla 57sima edizione. Nel suo messaggio il Santo Padre Francesco si sofferma sul progresso della scienza, della tecnologia e dell’intelligenza artificiale coniugandole con il concetto di pace: il suo pensiero si snoda lungo otto articoli resi noti dalla Santa Sede nel giorno dell’Immacolata.
La Sacra Scrittura attesta come Dio abbia donato agli uomini il suo Spirito perché abbiano saggezza, intelligenza e scienza (Es 35,31). La scienza e la tecnologia, dunque, sono prodotti straordinari del potenziale creativo dell’uomo voluto ad immagine e somiglianza del suo Creatore e possono contribuire a migliorare la società e ad accrescere la comunione fraterna. Al contempo, però, tali progressi attuano un controllo inedito sulla realtà. Cosa vuol dire ciò? Significa che si stanno mettendo nelle mani dell’uomo una gamma di possibilità che potrebbero rappresentare addirittura un pericolo per la casa comune. Gli algoritmi estraggono dalle nostre tracce lasciate su internet dati basilari che consentono di controllarci a livello mentale, relazionale, commerciale e politico limitando la libertà di scelta di ogni individuo. Le innovazioni tecnologiche non sono disincarnate dalla realtà e i risultati che conseguono hanno sempre una dimensione etica.
Quando parliamo di intelligenza artificiale, ci riferiamo ad una varietà di tecniche volte a far sì che le macchine riproducano o imitino le capacità cognitive degli esseri umani. Ma è doveroso che chi progetta rispetti valori fondamentali come l’inclusione, la trasparenza, l’equità. Gli sviluppi tecnologici che non portano il miglioramento della qualità di vita di tutta l’umanità e che al contrario aggravano le disuguaglianze ed i conflitti, non potranno mai essere considerati vero progresso. In questi giorni le guerre che ci circondano ci mostrano come si possono condurre operazioni militari attraverso i cosiddetti “sistemi d’arma autonomi letali”, motivo di grande preoccupazione etica e morale.
Questa nostra società tecnocratica ed efficientista non riconosce il “senso del limite”: l’essere umano, mortale per definizione, preso dall’ossessione di voler controllare ogni cosa, rischia di cadere nella spirale della dittatura tecnologica. Riconoscere il proprio limite, invece, è per l’uomo condizione indispensabile per accogliere la pienezza che ci parla di compassione, misericordia, perdono. Facciamo allora in modo che si sviluppi una algor-etica, ossia uno sviluppo etico degli algoritmi in cui siano i valori ad orientare i percorsi delle nuove tecnologie.
Potremo così evitare che il cuore dell’uomo diventi sempre più “artificiale”, tenendo ben presente che il nostro mondo è troppo vasto per essere completamente conosciuto. Alla fine la realtà è superiore all’idea e per quanto possa essere prodigiosa la nostra capacità di calcolo, ci sarà sempre un residuo inaccessibile che sfugge ad ogni tentativo di misurazione.
Ivana Imperatori