La vocazione al martirio: formazione degli Insegnanti di religione cattolica

Continua il cammino di formazione degli Insegnanti di Religione Cattolica della Diocesi di Tivoli e di Palestrina che si ritrovano per il terzo incontro del 23 novembre 2023, presso le Suore Francescane del Cuore di Gesù in Cave. Il tema è “Il cristianesimo oggi è ancora in grado di testimoniare il martirio? Un discorso teologico a partire dai Padri della Chiesa”. 

Il relatore dell’incontro è don Daniele Masciadri, giovane sacerdote di Tivoli che propone un taglio teologico alla tematica del martirio attraverso i testi della patristica del I e del III secolo, conducendo la ricerca fino all’essenza del martirio, per aprire piste utili al presente ed evidenziando come la teologia non possa essere slegata dalla realtà quotidiana e di come il rapporto tra teologia e pastorale sia di vicendevole unione e supporto.

Si deve cogliere quindi la vera essenza del martirio, i martiri non hanno poteri straordinari e le testimonianze sulle loro vite ci assicurano che sono uomini e donne comuni. L’esempio del dolore sofferto nel racconto di Perpetua e Felicita, due donne africane martirizzate giovanissime, ci fa capire come la loro condizione di sofferenza sia una condizione comune ad ogni essere umano. Da dove arriva allora la forza del martirio? Non si è soli nella sofferenza, è Cristo che soffre con noi e per noi.

Don Daniele offre tre aspetti per rispondere alla domanda cardine dell’incontro, suggerendo poi una chiave di lettura utile per il presente.

In primis il martire riceve una vocazione specifica, una chiamata. Il martirio non va mai ricercato, come veniva fatto ereticamente dai donatisti dell’antichità. Se chiamati, si deve rispondere. Per questo il martire lo è per vocazione, non ci deve essere uno sforzo, ma solo essere disponibili in Cristo.

Inoltre il martirio è una chiamata speciale d’amore tra il discepolo e Nostro Signore.

Dalla cattura sino alla morte delle vicende dei martiri della patristica emerge come ci sia la narrazione di una parabola d’amore. Il sacrificio del corpo assume sembianza sacramentale, in cui si tocca con mano la fedeltà al Signore. Offrire il proprio corpo così come ha fatto Cristo. In ogni vocazione cristiana si risponde con la totalità della propria vita, siamo chiamati ad amare con il corpo e a soffrire con il corpo, certamente ognuno nella propria condizione esistenziale. Dai racconti patristici si vede come il martire affronta una lotta contro il nemico ma non è una lotta solitaria, è Cristo che lotta con il martire e prende su di sé le sue sofferenze. La forza di donare la vita arriva da Cristo stesso come sostiene Tertulliano «il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani».

Infine il legame forte tra Eucarestia e martirio. Nei racconti patristici il martirio è preceduto da elementi che ricordano il giovedì santo, l’ultima cena che il martire mangia prima del supplizio ricevendo, come dice sant’Ignazio «l’antidoto che preserva dalla morte». Il discepolo viene assimilato a Cristo. Dobbiamo vivere ciò che celebriamo, essendo uomini e donne eucaristiche, rivelando la nostra vera identità cristiana esprimendo nel quotidiano ciò che celebriamo, per ritrovare nell’Eucarestia la capacità di essere martiri lasciandoci assimilare da Cristo.

Siamo ancora in grado di essere testimoni se ci identifichiamo, se dialoghiamo, se lottiamo e se ci lasciamo trasformare da Cristo stesso. È con la citazione di san Paolo che don Daniele ha concluso: «Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me». (Ga 2,20)

Sara Romano