Il complesso degli edifici che formano il Santuario della Mentorella è costituito dalla chiesa, il monastero, la grotta di San Benedetto, la scala santa, la cappellina del Miracolo, il cimitero. La leggenda intorno alla nascita della chiesa è, come accade spesso, intrecciata alla realtà storica dell’epoca e si arricchisce di fascino e mistero. La prima cappella cristiana, in onore di Sant’Eustachio Martire, poi diventata casa della Beata Vergine, si dice che sia stata edificata dall’imperatore Costantino Il Grande (274-337) e consacrata da papa Silvestro I (+335). Il nome Mentorella ha, secondo gli studiosi, diverse origini; riportiamo le due ipotesi più plausibili: che derivi dalla Torre Morella, fortilizio alto medioevale non più esistente; oppure dal nome del generale goto Wult, che convertitosi al Cristianesimo a Montecassino si ritirò poi in questo sito, che da esso trasse il nome, Wultvilla, volgarizzato, attraverso vari passaggi (Vultvilla, Vultuilla), in Vulturella e poi Mentorella. La storia del sito si accompagna con quella di Guadagnolo; il Santuario fu proprietà dei Monaci di Subiaco fino al tardo secolo XV, quando lo lasciarono e a essi subentrarono i Gesuiti.
A quest’ordine appartenne fino al 1774 e poi, dopo alterne vicende, di nuovo ai Benedettini, finché nel 1857 papa Pio IX (1792-1878) non lo concesse ai Padri Resurrezionisti Polacchi della Congregazione della Resurrezione di N.S. G. C., ai quali ancora oggi appartiene. Già nel XIII secolo, Claro (1219-1248) vescovo di Tivoli lamentava le cattive condizioni in cui versava il Santuario, pregando i fedeli di provvedere al suo decoroso mantenimento con somme di denaro. Nel 1390 risulta tra l’altro che la chiesa e il convento vennero, di fatto, abbandonati, forse per un breve periodo. I Benedettini abbandonarono quest’abbazia alla fine del XIV secolo ed esso deteriorò fortemente. Il grande rinnovamento del complesso monastico si ebbe nel XVII secolo, per merito del gesuita, scienziato, Atanasio Kircher (1602-1680), il quale era convinto che la Mentorella appartenesse ai dodici monasteri fondati personalmente da San Benedetto e che il Santo soggiornò per due anni in una grotta naturale che si trova presso il Santuario. P. Kircher intraprese la fatica della ristrutturazione dell’edificio e del rinnovamento della devozione alla Madonna della Mentorella, che dal 1660, con l’aiuto economico dell’imperatore Leopoldo I d’Austria e di molti altri principi tedeschi, restaurò la chiesa e il convento e la abbellì di molte immagini dipinte.
Tra queste, di un certo interesse, sono la decorazione della cappella di S. Silvestro, la prima a destra, con storie che si riferiscono al Santo affrescate dal pittore Antonio Rosati da Vicovaro (1636-1683) e le storie di S. Eustachio (I – II sec.) nella cappellina omonima, ovvero del Miracolo, che sorge sulla rupe che sovrasta la chiesa.
Padre Atanasio Kircher fu anche un insigne studioso del luogo; a lui si deve una _Historia Eustachio-Mariana_ edita nel 1665, in cui si narrano le origini e le vicende storiche relative al Santuario. Fin dal 1664, il Kircher stabilì di solennizzare la festività annuale il 29 settembre. Quando stava per morire, chiese che il suo cuore fosse sepolto ai piedi della statua miracolosa. Papa Innocenzo XIII ebbe la stessa intenzione ed anche il suo cuore si trova nella chiesa. Nel 1857, durante il generalato del P. Girolamo Kajsiewicz, il Papa Pio IX affidò la Mentorella ai Resurrezionisti. Il Santuario fu testimone di alcuni capitoli generali della Comunità dei Resurrezionisti. Nel 1864 il Papa diede la Mentorella “in perpetuo” alla Congregazione della Risurrezione la quale – dopo la caduta dello Stato Pontificio – ricomprò la proprietà dal Governo della Repubblica Italiana.
Il Santuario della Mentorella, il più antico santuario mariano d’Italia e forse d’Europa, è meta abituale di fedeli, che salgono a deporre le loro preghiere ai piedi della Vergine.
La facciata della chiesa mostra una grande semplicità architettonica. È adornata da due finestrelle e nel mezzo, sopra il portale d’ingresso, si apre un ovale, con pilastrini a raggiera sormontati da un archivolto a sesto acuto, impostato per capitelli di piccole colonne pensili.
L’interno è a tre navate e la travatura è scoperta. La navata centrale è più alta e vasta delle laterali, divise tra loro da grandi archi a sesto acuto, schiacciati e larghi, sorretti da grossi pilastri rettangolari. Un grande arco separa la navata di mezzo dal presbiterio.
Le navate laterali terminano con due piccole cappelle. Gli affreschi della navata centrale e sotto gli archi sono stati realizzati da ignoti artisti del XV e XVII secolo. Nella navata centrale sono raffigurati: Sant’Atanasio (XVII secolo); la Madre di Dio con il Bambino (XV secolo): l’opera è attribuita a Bartolomeo di Subiaco come indica il gotico autografo sotto l’affresco; San Domenico (il dipinto più antico, degli inizi del XV secolo); il sogno di Giuseppe (XVII secolo). Gli affreschi sotto gli archi presentano diversi santi, alcuni di questi sono patroni dei paesi vicini. Due sono del XV secolo, quello di San Michele Arcangelo (patrono di Castel Madama) e quello di Sant’Antonio abate (patrono di Vicovaro); invece gli altri sono del XVII secolo, si tratta di San Benedetto (patrono di Subiaco), Santa Scolastica, Santa Maria Maddalena (patrona di Capranica Prenestina), Santa Lucia, di Sant’Agapito (patrono di Palestrina), Sant’Ignazio di Loyola e San Francesco Saverio. L’affresco di San Casimiro, principe, patrono della Polonia e della Lituania è stato realizzato nel XIX secolo.
Nella navata centrale sopra gli archi si trovano gli stemmi dei Papi Innocenzo XIII (1721-1724), Gregorio XIV (1831-1846), Pio IX (1846-1878) e Leone XIII (1878-1903). Nel mezzo del presbiterio si eleva un grande ciborio, che posa sull’altare marmoreo di costruzione moderna. Quattro esili colonne coronate da capitelli di semplice fattura sorreggono un architrave quadrilatero. Su questo un attico poligonale a un piano, composto di piccole colonne, sorregge la cupola a forma di piramide ottagonale, sormontata dalla lanterna e dalla croce (XIII sec.).
Nel ciborio è racchiusa la statua della Vergine, in legno, alquanto più piccola del naturale. Essa è seduta in cattedra, nell’atto di sorreggere sul ginocchio sinistro il Figlio Gesù, che la guarda teneramente e la abbraccia. L’opera deve essere attribuita a una bottega
romana del secolo XII. Su una parete della piccola cappella a sinistra del coro è appesa una
tavola di quercia a due ante. La parte superiore è decorata da intagli, quella inferiore da piccoli alveoli. Il bassorilievo della parte superiore si divide in due composizioni. In una è rappresentato l’interno di un tempio, dove si svolge una solenne cerimonia religiosa: innanzi a un altare cubico, il pontefice Silvestro I compie la cerimonia della consacrazione della chiesa; vi assistono un diacono e due accoliti. Nel paliotto dell’altare si legge la data della consacrazione: 23 ottobre.
Nell’altra parte del bassorilievo è rappresentato il cervo con l’immagine di Cristo fra le corna e inciso il nome dell’intagliatore: _Guilielmus_. Le due tavole, ora sovrapposte, potrebbero far parte di un altare (XII sec.). Le vetrate sono degli inizi degli anni settanta. Nel presbiterio la vetrata celebra il millennio del battesimo della Polonia: nella parte superiore si vedono le figure dei fondatori della Congregazione della Resurrezione (Bogdan Jański, Piotr Semenenko, Hieronim Kajsiewicz); nella parte centrale il principe Mieszko e la principessa Dobrawka; sulla parte sinistra la torre del santuario di Jasna Góra con l’immagine della Madonna Nera, dalla quale escono dei raggi verso l’aquila bianca (segno del culto mariano nella storia della Polonia); a destra il re Jan III Sobieski, il grande difensore del cristianesimo.
All’esterno, sopra la rupe, si trova la cappella di Sant’Eustachio, costruita nella seconda meta del XVII secolo, secondo la tradizione, nel luogo dell’apparizione di Cristo, ornata con gli affreschi raffiguranti la conversione e il martirio del santo; alla cappella conduce la Scala
Santa (dello stesso periodo); a fianco della cappella e posto il campanile con un’espressiva iscrizione: “Non far da campanaro se il cuor tuo non batte da cristiano”. La roccia della rupe avvolge la grotta di san Benedetto con l’altare e l’immagine del Santo.
Davanti all’entrata della chiesa la figura del Grande Pellegrino Santo Giovanni Paolo II, dono dei dodici Comuni dei paesi e villaggi, che – come dice la preghiera del pellegrino – fanno corona alla Madonna.