L’incontro del clero: le sfide del digital age

Un momento di ascolto importante è stato quello che martedì 26 ottobre si è svolto presso il santuario Nostra Signora di Fatima in San Vittorino Romano. Il consueto incontro del clero ha visto come relatore Paolo Benanti, autore del libro Digital Age. Teoria del cambio d’epoca. Persona, famiglia e società (San Paolo, 2020). La nostra contemporaneità si trova in una confusione tra ciò che è umano e ciò che dall’uomo è creato, cioè la macchina, questo è il digital age.

La tecnologia può cambiare così tanto la vita dell’uomo? Certamente, e lo fa trasformando sostanzialmente la nostra comprensione in una maniera analoga, per magnitudine, all’effetto prodotto dalle lenti convesse nel XV secolo, quando il modo di scrutare l’universo col telescopio e l’uomo con il microscopio, ha generato un nuovo modo di comprendere e di comprenderci. Oggi il computer digitale, lavorando coi numeri e con schemi numerici, costituisce una leva analoga e potentissima: sta cambiando il modo con cui comprendiamo noi stessi. Non si sta trasformando l’umano, bensì il modo con cui l’umano si comprende e si descrive.

Se nel passato ci siamo definiti come spiriti incarnati e poi ci siamo definiti attraverso la nostra mente, per la nostra razionalità, oggi tendiamo a descriverci quale informazione, quella informazione contenuta all’interno del nostro DNA. Se abbiamo imparato a registrare l’informazione contenuta nella nostra materia, qualcuno pensa che ciò che vale di noi sia semplicemente tale informazione, mentre la materia sia la mera accidentalità della nostra realtà di esseri umani: ed ecco che nascono pensatori che ritengono che si possa disporre della nostra umanità, di noi stessi, come meglio aggrada, intervenendo sulla originaria informazione che ci connota. Siamo davanti a un cambio d’epoca ma come Chiesa non ci dobbiamo spaventare, perché l’evento salvifico Cristo trapassa ogni epoca.

Come in ogni cambio d’epoca, cambiano i punti di riferimento dell’uomo, non di certo l’uomo: l’umano resta. Certamente possono essere assunte delle prospettive che lo schiacciano, che non rendono ragione di quella dimensione verticale che c’è dentro l’essere umano e che ne denota la trascendenza: quell’ulteriore, direttamente connesso alla unicità, riconosciuto dalla fede quale creazione di Dio. Siamo creature chiamate a un destino che va oltre, che è ultraterreno. Come cristiani, dunque, è necessario tenere accesa la fiamma del Mistero nell’orizzonte della contemporaneità.

Daniele Masciadri