Da poche ore si è concluso l’anno scolastico e tantissimi ragazzi e ragazze delle nostre diocesi di Tivoli e Palestrina si stanno preparando per il fatidico esame di maturità. Si comincia mercoledì 21 giugno con la prova scritta di italiano, il giorno seguente la seconda prova basata su una o più materie d’indirizzo e a seguire le altre prove secondo il calendario stabilito dalle singole scuole. Il tempo dell’esame di maturità è assai importante per i nostri giovani ed è necessario che anche la Chiesa dia loro un sostegno. In effetti questa è la prima vera prova della vita, è la prima volta che qualcuno li mette “sotto prova” in una forma ufficiale, accademica, tanto che si chiama esame di Stato. Inoltre è un passaggio importante dal punto di vista esistenziale: si passa dall’avere una vita scandita dalla campanella, a una vita in cui ognuno è chiamato in prima persona ad esserne il protagonista.
In fondo il verbo maturare rimanda a un processo e se c’è un esame «di maturità» è proprio per «misurare» questo processo. Infatti la radice della parola indica il «giungere a compimento», «al tempo giusto», né acerbi né marci (le due possibili forme di «immaturità»), come frutti pronti per nutrire il mondo. Ma come si fa a capire quando si è arrivati a compimento nel periodo di formazione? Compimento di cosa? Basta quantificare il processo attraverso i risultati di alcune prove? Di chi possiamo dire: è maturo? Ha senso quantificare questo processo? Si dà in natura qualcosa del genere? O è solo l’ossessione di una cultura che confonde l’apprendimento con la sua quantificazione in base a standard? Dissento profondamente dal ridurre la maturità ad un voto: questo è molto relativo. La maturità è un momento prezioso, che ogni ragazzo è chiamato a vivere per sé, per crescere e per toccare con mano che, al di là del voto, ci sarà Dio Padre che è sempre dalla loro parte. Quando si può dire che un esame è andato veramente bene? Non se prendo 100, ma se cresco, se divento me stesso attraverso questa difficoltà, perché ogni prova serve per farmi avvicinare sempre più all’uomo o alla donna che sono chiamato ad essere. Questo per me è maturità: farsi carico della vita e prendersene cura, come si può, nel tempo e nello spazio che ci è dato. Un modo di dire a chi ha il futuro al posto del viso: «adesso tocca a te». Buona maturità a tutti.
Daniele Masciadri