Marcellina, Parrocchia di Cristo Re, Giovedì 24 marzo 2022
Dopo tanta ricchezza di Parola di Dio e prima di ascoltare l’elenco dei molti uomini e donne, preti, religiosi e religiose, fedeli laici e laiche che in questo ultimo anno sono morti martiri per Cristo in terra di missione, vorrei lanciare a voi che avete partecipato a questa Veglia un Messaggio.
Un Messaggio che ci lasciano innanzitutto loro: i missionari martiri che guardando a Cristo e cercando di piacere a Lui solo, dovendo decidere chi servire, se Dio o gli uomini, i potenti dei luoghi dove si sono trovati a vivere, le logiche del mondo … hanno preferito servire Cristo, hanno preferito stare dalla parte dei poveri, immagine di Cristo, fino a dare la vita per Lui e con il loro sangue continuare a parlarci anche oggi. Il loro, infatti, è un sangue che grida fino a noi!
“Voce del Verbo”. Così è intitolata la Veglia per i Missionari Martiri di stasera. E coloro che ricordiamo e ai quali invito a guardare sono proprio uomini e donne che con il loro servizio impregnato di preghiera hanno continuato e continuano a dare voce a Gesù, il Verbo che si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. Che pur essendo Dio ha accettato di svuotare se stesso per porsi al servizio degli uomini e con la sua passione, morte e risurrezione salvarci dal peccato, dalla morte eterna ed aprirci con la sua santa croce la via dell’eternità e della vita.
Guardando a Cristo hanno innanzitutto preso in seria considerazione la necessità di portare il suo Vangelo fino agli estremi confini della terra: confini geografici ma anche i confini del cuore dell’uomo. Hanno vissuto quanto già Paolo VI, al termine dell’Evangelii Gaudium scriveva: “Non sarà inutile che ciascun cristiano evangelizzatore approfondisca nella preghiera questo pensiero: gli uomini potranno salvarsi anche per altri pensieri, grazie alla misericordia di Dio, ma potremmo noi salvarci se per negligenza, per paura, per vergogna o in conseguenza di idee false trascurassimo di annunciarlo?”. E così hanno accettato di incarnarsi nelle situazioni nelle quali si sono trovati: situazioni geografiche, politiche, di guerre, di odii di religione o etnici o tribali … fino a dare la vita.
I Missionari Martiri divengono così per noi maestri, con la loro vita, senza tante parole. Maestri di quanto siamo chiamati a fare. Salvarci e salvare gli altri, come il bel pastore salva le sue pecore dai pericoli e le pasce portandole ai pascoli buoni e deponendo la vita per loro, con la fedeltà a Dio, senza paura o vergogna dei pensieri degli uomini e del “pensiero unico”, del “così fan tutti”, e senza sottomettersi ad idee false che si contrappongono al Vangelo, ai comandamenti, agli insegnamenti della Chiesa e, per fedeltà a quell’unica vera bellezza che è Cristo, hanno accettato e accettano anche di morire.
Cari amici il loro esempio deve stimolare un nostro essere cristiani che sia più autentico, meno ricco di compromessi, di silenzi davanti a ciò che non è cristiano.
I missionari martiri ci insegnano e vivere un cristianesimo autentico e impregnato di preghiera.
Un Santo Monaco maronita, San Charbel, canonizzato da Paolo VI, diceva: “Fate in modo che tutta la vostra vita sia preghiera e servizio. Se pregate senza servizio con la vostra vita ridurrete la croce di Cristo a un pezzo di legno. Se servite senza pregare servirete voi stessi”.
Che i Missionari martiri ci insegnino a pregare per servire e come loro, anche noi, che possiamo servire pregando per non rischiare di correre invano pensando di essere stati cristiani ma in realtà non avendo servito che noi stessi e non essendo così stati “voce del Verbo” per nessuno. Amen
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina