È giusto il legame tra il cuore di Gesù e il sacerdozio. Infatti, i sacerdoti sono un dono dell’amore di Dio. Diceva il Curato d’Ars che “un santo sacerdote è il più bel dono che Dio possa fare al suo popolo”. Pensiamo a san Vincenzo de’ Paoli, al bene che ha fatto: era un sacerdote. Pensiamo a don Giovanni Bosco, al bene che ha fatto e alle indicazioni che ha dato nell’educazione dei giovani: era un sacerdote. Pensiamo a don Luigi Orione: riuscì a colpire anche il giovane Ignazio Silone. Pensiamo a don Carlo Gnocchi: dopo aver dato tutto, per testamento ha donato anche gli occhi. Pensiamo a don Oreste Benzi. Solo alcuni esempi e potrei citarne tantissimi. Certo, c’è anche il mistero di Giuda, ma non dimentichiamo: se c’è un Giuda, gli altri undici sono morti martiri. C’è un prezzo che il sacerdozio paga anche alla fragilità umana, ma quanti santi sacerdoti, quanta bellezza di sacerdozio c’è in giro. Ringraziamo il Signore: è un dono del cuore di Gesù.
Ricordare sempre il bene che fanno i sacerdoti, però è innegabile che viviamo in tempi difficili di discernimento nella Chiesa e sovente i sacerdoti sono sotto attacco nel loro ministero: che cosa può aiutarli oltre alla preghiera che papa Francesco chiede sempre a tutti i fedeli?
Un sacerdote deve prima di tutto credere nella missione che ha ricevuto da Gesù. Quando un sacerdote crede nella missione che ha ricevuto da Gesù supera qualsiasi difficoltà. C’è una citazione che può far sorridere: il cardinale Pietro Maffi è stato vescovo di Pisa, una città difficile, dal 1903 al 1931. In quei tempi, soprattutto dopo la Prima Guerra Mondiale, c’era molto anticlericalismo in giro. Una volta, passando in città, sentì gridare: “Abbasso i preti!” E lui si girò e disse: “Avete ragione, perché sono molto in alto. Alzatevi anche voi dal fango e allora staremo allo stesso livello”. Certe volte bisogna rispondere solo così. La preghiera aiuta, ma anche la consapevolezza che la missione che noi abbiamo è una missione straordinaria. Riporto una confidenza che mi fece don Oreste Benzi, che mi disse: “Quando aiuto una persona, quando la assolvo, mi sembra che Gesù stesso usi la mia mano, usi il mio cuore per parlare, per assolvere, per perdonare. Sapesse che esperienza bella che è, che emozione che si prova”. Ecco, il sacerdote deve avere questa consapevolezza, e non avrà paura di niente.
Da una intervista di Riberta Gisotti al cardinale Angelo Comastri in occasione della festa del Sacratissimo Cuore di Gesù (Vatican News)
Questo è ciò che come Ufficio diocesano di pastorale per le Vocazioni vogliamo far comprendere ai nostri iscritti al Monastero invisibile.