Attraverso iniziative come quella della chiesa di San Bartolomeo, si dà voce ai tanti martiri moderni e si preserva la memoria dei loro sacrifici per il futuro
Martedì 19 marzo 2024, in occasione del 1750° anniversario del martirio di sant’Agapito, si è tenuta una interessante conferenza presieduta da don Angelo Romano, rettore della chiesa romana di San Bartolomeo all’Isola.
Il tema centrale dell’evento è stato “I Nuovi Martiri”. È comune associare il concetto di martirio esclusivamente ai primi anni della Chiesa, durante le persecuzioni dei Romani. Tuttavia, è fondamentale sottolineare che Giovanni Paolo II ha rivoluzionato questa percezione. Prima dell’anno santo, istituì una commissione nota come “Commissione Nuovi Martiri”, incaricata di raccogliere documentazione riguardante i cristiani perseguitati a partire dal 1940. Giovanni Paolo II scrisse a tutte le congregazioni e Chiese locali, chiedendo informazioni su persone che potessero essere riconosciute come martiri.
In pochi mesi, giunsero circa tredicimila testimonianze da ogni parte del mondo.
La visione di Giovanni Paolo II era inclusiva: intendeva considerare anche i martiri delle chiese ortodosse ed evangeliche, credendo che nel sacrificio dei martiri i cristiani trovassero profonda unità. Dopo il Giubileo del 2000, la chiesa di San Bartolomeo fu scelta come luogo centrale per continuare a raccogliere la memoria dei numerosi martiri provenienti da tutto il mondo. È significativo notare che solo recentemente il mondo si è reso conto della vastità del fenomeno dei martiri nella Chiesa. Questo ritardo nell’identificare e riconoscere tali casi è in parte dovuto al fatto che il concetto di martirio è stato valutato attraverso criteri di giudizio che non consideravano il mutevole contesto storico.
In antichità, il martirio cristiano era spesso evidente e diretto: in epoca romana, ad esempio, un cristiano veniva ucciso se non rinunciava alla sua fede. Tuttavia, nei tempi moderni, i contesti culturali del martirio e le strategie adottate sono notevolmente mutati.
I persecutori non manifestano più apertamente il loro odio per la fede cristiana; al contrario, spesso si celano dietro motivazioni politiche o sociali per giustificare i loro atti. In tale contesto, riconoscere e documentare i casi di martirio richiede una sensibilità e una comprensione più profonde delle sfide e dei pericoli che i cristiani affrontano nel mondo contemporaneo.
Questo approccio più ampio ci permette di identificare i martiri non solo tra coloro che subiscono persecuzioni evidenti, ma anche tra coloro che affrontano sottili forme di discriminazione o violenza a causa della loro fede. Proprio il 19 marzo ricorre l’anniversario della morte di don Peppino Diana, prete anticamorra ucciso trent’anni fa nella sua chiesa a Casal di Principe mentre si preparava per la Messa.
Ancora ricordiamo don Giuseppe Puglisi, un prete esemplare dedito alla pastorale giovanile che ha offerto ai ragazzi un’alternativa alla criminalità mediante il Vangelo. Attraverso iniziative come quella della chiesa di San Bartolomeo, si cerca di dare voce a questi martiri moderni e di preservare la memoria dei loro sacrifici per le generazioni future.
Maria Stella Lulli