Oggi si celebra la XXX Giornata del malato

Abbiamo rivolto alcune domande a padre Giovanni Trotta cappellano presso l’ospedale Coniugi Bernardini di Palestrina

Padre Giovanni, quali sono le attività di un cappellano in ospedale?

Le attività possono essere molteplici, innanzitutto il cappellano deve essere il luogo dell’incontro con Gesù Cristo. Questo vale per ogni sacerdote. Il fatto di esserci realizza questa possibilità. Un luogo che può essere frequentato oppure no, ma è importante esserci, questo dice la presenza di Cristo stesso.

Il cappellano nell’ospedale è un riferimento per gli ammalati, per il personale sanitario, costituisce una via di speranza per il fatto stesso di essere segno e presenza di Cristo, questa è la cosa più importante. Questo ovviamente può realizzarsi solo se si sceglie di essere, come Cristo, l’uomo della via, di farsi compagni di strada della gente, in questo caso delle persone che vivono nell’ospedale. C’è una comunità: pazienti, personale medico, amministrativo, delle pulizie, una comunità dove è importante vivere la speranza, soprattutto in momenti come questo.

Il ministero della consolazione di cui parla papa Francesco nel suo messaggio che senso assume nel contesto della pandemia?

Il Papa per il suo messaggio per la XXX giornata del malato ha scelto il versetto del vangelo di Luca che invita ad essere misericordiosi come il Padre che è nei cieli.

La misericordia è il nome di Dio, indica la sua natura, è forza e tenerezza, così viene messo in evidenza il volto paterno e materno di Dio, che dà sollievo anche spirituale. Nella solitudine assoluta, nel silenzio del dolore le persone domandano aiuto.

Questo aiuto può essere semplicemente un sorriso, una carezza, un prendere la mano. Questo lo abbiamo visto nel periodo del covid. Le persone che erano isolate, lontane dagli affetti familiari, proprio nel personale a cui erano affidate hanno potuto sperimentare questo modo di vivere una premura che non è solo prendersi cura del corpo, ma andare al di là, a lenire una sofferenza più intima e profonda, di abbandono per la lontananza degli affetti. Questo ha fatto e fa la differenza.

Quali sfide ha messo in campo il covid e quale messaggio di speranza si sente di dare?

La disinformazione purtroppo ha portato le persone a vivere spesso nell’indifferenza la pandemia, che invece è un problema reale. Le persone sono morte e muoiono davvero di covid, non è un’invenzione. Se la gente imparasse a volersi un pò più di bene, rispetterebbe di più anche gli altri, a partire dal rispetto di se stessi. Spesso lo scarto siamo noi, perché non ci prendiamo sul serio, non prendiamo in considerazione la nostra vita con dignità e onore.

È entrata nel vivo la fase dell’ascolto del cammino sinodale. Che senso ha il sinodo nella missione di un cappellano?

Prima ho detto che il cappellano è l’uomo che si fa compagno di strada. Il sinodo è camminare insieme. Ci sono alcuni elementi imprescindibili: la necessità di ascolto, di riflessione, di osare di sognare per costruire il futuro. Se mancano non possiamo immaginare un popolo che cammina insieme. I medici, i cappellani, il personale che si sono messi a servizio dei malati rischiando la propria vita hanno donato futuro. Osare significa rischiare tutto per un bene più grande e questo è proprio di chi vive l’amore. L’amore si dice con la vita, non a parole.

Maria Teresa Ciprari