Omelia alla Messa Esequiale per il Canonico Don Romolo Sabbi

Valle Martella-Zagarolo, Parrocchia di Santa Maria Regina, Venerdì 22 dicembre 2023

Cari fratelli e sorelle,

mentre si sta concludendo il tempo liturgico dell’Avvento e ormai pregustiamo la gioia del Natale, celebriamo le esequie del caro Don Romolo Sabbi.

La liturgia di oggi, per la quale ho voluto lasciare le letture proprie di questa feria privilegiata d’Avvento, ha un versetto, il versetto alleluiatico, che sintetizza bene cosa sia l’Avvento che domenica mattina concluderemo. È un versetto che in realtà è la cosiddetta antifona “O”, antifona maggiore che segna la liturgia di questa giornata. Essa dice: “O Re delle genti e pietra angolare della Chiesa: vieni, e salva l’uomo che hai formato dalla terra”.

È la supplica accorata che durante tutta la vita il cristiano dovrebbe rivolgere al Signore morto e risorto per noi. L’Avvento, infatti, come sappiamo, non è soltanto preparazione al Natale ma allenamento a quell’incontro che per Don Romolo si è realizzato mercoledì mattina quando il Re delle genti, la pietra angolare della Chiesa, la salvezza che l’uomo attende, è venuto a lui per l’ultima chiamata. La chiamata alla vita eterna dove noi, anche per le preghiere di cristiano suffragio che eleviamo per l’anima di Don Romolo, e credendo nella grande misericordia di Dio, confidiamo che Don Romolo, uomo formato dalla terra, ora sia entrato con la sua anima in attesa del giorno della risurrezione dei corpi per pregustare la salvezza che Dio facendosi carne ha voluto e vuole donare ad ogni creatura umana.

Don Romolo ha atteso questo incontro di salvezza, ha orientato tutta la sua lunga vita – 86 anni – a questo incontro. Una attesa non oziosa ma vigile, operosa, che mai si è arresa o abbattuta. Una vita, quella di Don Romolo, per la quale oggi ci piace non piangere di nostalgia ma per la quale con Maria, la Madonna che Don Romolo amava tanto, cantiamo il Magnificat.

Sono certo che Don Romolo, ormai alla presenza dell’eterno, stia cantando: Magnificat anima mea dominum! Quel cantico ascoltato nel Vangelo, cantico del popolo di Israele fatto proprio da Maria, la Madre di Gesù, dopo che l’Arcangelo Gabriele le annunciò il grande piano di salvezza dell’umanità che stava per realizzarsi tramite il suo “Eccomi!” ed Elisabetta la riconobbe “Beata” perché ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore Le ha detto.

Quell’inno che può cantare soltanto chi è umile: ossia si sente come la terra che riceve tutti i semi che vi cadono sopra non per suo merito ma per merito del seminatore, che riceve senza merito l’acqua che fa maturare i semi nell’humus, nella terra; ed il sole che li fa germogliare, crescere e maturare non perché ha particolari meriti – ripeto – ma per pura grazia, per puro dono di Dio.

Umiltà, cari amici, è proprio questo saper riconoscere che tutti i doni che ci sono elargiti nella vita provengono da Dio, che la salvezza dal peccato e dalla morte vengono da Lui come doni di grazia.

E così l’umile sa cantare Magnificat anima mea dominum (L’anima mia magnifica il Signore) perché sa riconoscere che tutto ciò che ha ricevuto e riceve nella vita è dono gratuito dell’amore di Dio. E canta il Magnificat con parole che sono ricche di esperienza, dell’esperienza di essere stato tratto dal nulla e guidato anche nei momenti difficili della esistenza dall’Onnipotente che in lui ha fatto grandi cose.

Pensando al Magnificat di Don Romolo, penso a quando nacque in una numerosa famiglia di Gallicano – qui oggi rappresentata da tre sue sorelle ed un fratello e da tanti nipoti – il 29 ottobre 1937. A quando fu ordinato sacerdote a Roma, appartenendo alla Congregazione dei Padri Trinitari, il 22 febbraio 1964.

Nel Magnificat di Don Romolo mi piace pensare ai suoi anni – 10 anni – trascorsi come Missionario in Madagascar e poi al suo ritorno nella Diocesi che gli aveva dato i natali, nel 1975, quando per cinque anni rimase Vicario Parrocchiale a Gallicano. E poi nel suo Magnificat come non pensare ai suoi 35 anni in cui fu Parroco di questa parrocchia di Valle Martella dove ha dato il meglio di sé, dove nell’umiltà ha permesso che Dio lo usasse come strumento per evangelizzare una zona che necessitava di un Pastore, di ricevere la gioia del Vangelo, e di avere una Chiesa.

Mi sia permessa una parentesi personale nel pensare al Magnificat di Don Romolo. Don Romolo è stato il primo prete prenestino che ho conosciuto. Lo conobbi venendo qui circa 25 anni fa, in una calda mattina di fine giugno, per il battesimo – nella vecchia chiesetta – del figlio di miei amici e colleghi di lavoro presso il Vicariato di Roma. Mi colpì molto quel piccolo prete intelligente, con uno sguardo arguto, simpatico, ricco di esperienza umana e pastorale. Durante il pranzo non fece altro che parlarmi di voi, della sua gente di Valle Martella così come fece in molte successive occasioni di incontro presso il Vicariato ed apprezzai l’amore che aveva per il suo popolo ed insieme il suo grande sogno: poter vedere a Valle Martella una chiesa! Mai avrei immaginato che dopo diversi anni avrei consacrato io stesso la chiesa che attendeva e sognava e nella quale oggi ha desiderato si celebrasse questa Messa esequiale così come ha chiesto fino alla fine al caro Don Ramon, suo successore e amico, che lo ha accudito, accolto fraternamente e con amore fino a mercoledì mattina quando è spirato.

Tornando al Magnificat di Don Romolo come non pensare poi alla sua gratitudine al Signore per il ministero svolto con abnegazione e amore tra i malati ed il personale dell’UNITALSI Prenestina dal 2007 per oltre dieci anni. Alla cura pastorale profusa per i fedeli di Acquatraversa e poi come Canonico del Capitolo della Cattedrale rimanendo ad abitare qui tra voi, rimanendo prete, prete sereno e gioioso anche tra le difficoltà ed anni – gli ultimi – di salute difficile. Tra momenti dove pareva che ormai fosse giunta la fine e riprese impensabili, fino all’incontro con sorella morte.

Come per Maria anche il Magnificat, l’esultanza di Don Romolo per il dono della vita, del sacerdozio, delle relazioni amicali, del sentirsi prete tra la sua gente, tutti doni accolti con l’umiltà di chi riconosceva di non meritare nulla ma di aver ricevuto tanto, l’esultanza di Don Romolo – dicevo – si è estesa, è divenuta diffusiva e così ha potuto evangelizzare, amare, accompagnare nel cammino della vita e della fede tanti di voi che siete qui e tanti altri che lo hanno conosciuto e, come capitava anche a me da quella domenica mattina di giugno fino al nostro ultimo incontro, rimanere contagiati dalla sua umiltà, fiducia in Dio, abbandono in Lui, amore alla Chiesa e ai fratelli.

Cari amici, il Magnificat di Don Romolo deve divenire ora il nostro Magnificat. Sì insieme ai tanti doni che abbiamo ricevuto nella vita se siamo qui oggi è perché il Signore ci ha dato anche il dono di incontrare, conoscere, essere amici, parrocchiani, confratelli, Vescovo … di Don Romolo. Ringraziamo il Signore per avercelo dato e fatto incontrare, di averci mostrato anche nella sua vita se pur segnata dal peccato come è quella di tutti, che il Signore ripaga oltre misura chi confida in Lui. Quanto ha atteso e desiderato questa Chiesa, come i patriarchi che vedevano la terra promessa da lontano, lui vi è entrato ma non costruendola lui come avrebbe desiderato ma è riuscito ad entrarvi, felice perché la chiesa era stata costruita.

Ora, mentre la salma di Don Romolo è qui, la sua anima è già altrove. Per Don Romolo preghiamo, chiediamo al Signore che ha amato e generosamente servito il dono della pienezza eterna della vita e la salvezza piena nell’ultimo giorno quando il Signore farà sorgere i morti dalla terra e trasfigurerà i nostri corpi mortali per conformarli al suo corpo glorioso.

Chiediamo il conforto della fede nel Risorto che Don Romolo ha professato, insegnato, testimoniato, per quanti lo piangono, a partire dai suoi cari familiari e da chi gli è stato vicino fino alla fine.

Chiediamo che appena gli sarà possibile parli di noi al Signore.

Sono sicuro che già gli avrà parlato della sua Valle Martella, della sua chiesa, degli sforzi fatti per costruirla, per ogni suo cristiano e cristiana – pietre vive di questa comunità –.

Ma chieda per noi al Signore anche che da questa comunità così vivace, ricca di giovani, di uomini e donne che insieme al loro parroco si impegnano a seguire il Risorto, nascano nuove e sante vocazioni sacerdotali, religiose, alla famiglia cristiana, al servizio pieno dei fratelli. Chieda per la Diocesi di Palestrina e di Tivoli che ogni suo componente divenga sempre più consapevole di essere pietra viva di quell’edificio spirituale che è il santo popolo di Dio che vive qui, in questa porzione di terra intorno a Roma.

Cari fratelli e sorelle, diciamo dunque grazie al Signore per il dono di aver incontrato questo piccolo grande prete sul nostro cammino e chiediamo per lui il premio promesso a quanti hanno servito il Signore con amore, il perdono per i suoi peccati e la vita eterna. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina