Omelia Alla Santa Messa Crismale 2025

San Vittorino Romano, Santuario di Nostra Signora di Fatima, Giovedì 17 aprile 2025

“O Padre, che hai consacrato il tuo unigenito Figlio con l’unzione dello Spirito Santo e lo hai costituito Messia e Signore” (Colletta della Messa Crismale) aiutaci a penetrare con l’intelligenza che viene da Te nella realtà dei gesti che in questa liturgia, unica durante l’anno, noi compiamo!

Cari sacerdoti, diaconi, fratelli e sorelle nel Signore, ritengo sia questa la preghiera che sale spontaneamente stamane dai nostri cuori.

Di ogni rito Cristo è l’invisibile ma autentico protagonista. Tuttavia oggi la sua presenza si fa più intensa; oggi la bellezza dell’unità formata da tutti coloro che sono suoi, si manifesta più chiaramente e più attraente per noi e per chi ci guarda. Una chiarezza ed una attrazione che auspico possa sedurre altri ad entrare nella comunità dei suoi, la comunità che contempla Gesù come il vero Messia, come Colui che è stato “consacrato con l’unzione” ed è stato mandato ad annunziare ai poveri, che siamo tutti noi, un lieto messaggio di speranza; a ridare la vista ai nostri occhi così spesso accecati dalle tenebre del mondo contaminato dal peccato; a ricollocare la nostra volontà, condizionata e ferita, nello stato di libertà originaria, nella vera libertà, quella che si ha soltanto quando sappiamo riconoscere Cristo come l’unico, il vero Signore della nostra vita, come Colui che non ci toglie nulla ma ci dona tutto!

In questo contesto giubilare, dove comprendiamo ascoltando la Parola, che il Messia è il nostro vero Giubileo perché, unto di Spirito Santo, è venuto a proclamare e realizzare per ciascuno di noi e per noi insieme l’anno di grazia del Signore, ossia la nostra redenzione, desideriamo innanzitutto ricordare i nostri sacerdoti che, dalla scorsa Messa Crismale, hanno terminato il loro pellegrinaggio terreno e ora, anche grazie alle nostre preghiere di cristiano suffragio, auspichiamo possano godere della beata speranza, della gioia del paradiso! Essi sono: Don Fabrizio Teglia, Mons. Tancredi Ciancarella, Don Giuseppe Troncia, Don Lorenzo Ejimofor – della Diocesi di Tivoli –. Don Ubaldo Quondamcarlo e Mons. Luigi Capozzi – della Diocesi di Palestrina – e in questo Santuario non possiamo non ricordare l’ultracentenario Padre Giovanni Bonini, degli Oblati di Maria Vergine, che per tanti anni ha svolto qui un apprezzato e ricercato servizio del confessionale.

Aiutati, nello stesso tempo, anche dalla loro intercessione, stamane guardiamo, ancora una volta, a Gesù che è Messia, a colui che i secoli hanno atteso con impazienza, che gli uomini consapevolmente o inconsapevolmente desiderano incontrare; colui a cui aspira l’anima dei tanti che come noi sperimentano tra le gioie anche le tante delusioni della terra.

Gesù, il Messia, è un uomo, anzi l’uomo per eccellenza, che in virtù dell’incarnazione è stato “unto di Spirito Santo” sicché in lui inabita la pienezza della divinità (Col 2,9); una inabitazione così piena che trabocca fino a raggiungere anche tutti noi che, vivendo della sua stessa vita, diventiamo partecipi della natura divina.

In questa celebrazione, dunque, la Chiesa si presenta al mondo come inebriata dello stesso crisma divinizzante che, come l’olio dell’ordinazione di Aronne, scende copioso su tutte le membra fino all’orlo dell’ultima veste (cfr Sal 132,2).

Si tratta del sacerdozio universale e perenne di Cristo, il Figlio di Dio, fatto uomo e comunicato a tutti noi battezzati, creature redente e divinizzate. Un sacerdozio che riceviamo e che oggi ammiriamo. Un sacerdozio che ci raduna tutti insieme: vescovo, presbiteri, diaconi, battezzati tutti, stimolandoci ad una solidarietà piena, ad una corresponsabilità matura nel guidare e servire insieme il popolo di Dio e insieme, pur se con doni, responsabilità e carismi diversi, andare verso il mondo intero per continuare a riversare su tutti, anche nella nostra cosiddetta “epoca cambiata”, lo Spirito del Signore. Sì, perché nostro primo compito non è tanto quello di organizzare la vita della Chiesa – così come a volte sembrerebbe primario oggi – ma di evangelizzare, di portare la luce di Cristo al mondo intero.

È bello ed è giusto, dunque, che oggi il presbiterio e tutto il popolo di Dio riscoprano insieme la gioia della loro comunione. Ed è giusto che, alla luce della grazia propria di questo giorno, questa comunione sia verificata con sincerità profonda nella sua consistenza e nella sua completezza affinché essa sia attraente e porti molti verso Cristo.

Vorrei pertanto che fossero alcune semplici riflessioni sugli Oli sopra i quali invocheremo l’energia dello Spirito ad aiutarci a camminare insieme sulla stessa strada.

L’Olio dei catecumeni.

È il segno del vigore spirituale che ci viene donato per combattere vittoriosamente il demonio che sempre ci insidia. È l’olio che ci rende come “atleti di Cristo”, i cui corpi sono unti come quelli dei lottatori, unti per scivolare via più facilmente dalla presa del nemico nella nostra lotta contro il male.

È, questa lotta, una lotta lunga che accompagna tutto il nostro pellegrinaggio terreno ma durante il quale lo Spirito Santo ci assiste e ci sostiene.

L’Olio dei catecumeni ci porta a pensare al Battesimo. Un sacramento che dobbiamo sempre più recuperare, sul quale occorre riflettere maggiormente perché non è un semplice rito di ingresso nella società ma è alla base del nostro essere cristiani. Per questo ho inviato già a tutte le comunità una semplice Lettera, all’inizio della Quaresima, intitolata “Noi pietre vive” per dare inizio ad un cammino che ci vedrà ancora insieme, nel pomeriggio di domenica 15 giugno prossimo, per riflettere su questo primo sacramento, porta della vita cristiana, circa il quale se perdiamo consapevolezza della sua portata vien meno la vita cristiana stessa, l’impegno a vivere il sacerdozio comune dei fedeli, vien meno l’impegno della testimonianza, vien meno la bellezza di saperci appartenenti al santo popolo di Dio pellegrino di speranza e nella speranza verso il Regno.

Noi, poi, cari sacerdoti, dobbiamo essere sempre più persuasi che due sono le condizioni indispensabili perché si possa procedere alla rigenerazione di un bambino dall’acqua e dallo Spirito Santo: che il battesimo venga esplicitamente e liberamente richiesto dal padre e dalla madre; che sia moralmente assicurata l’educazione cristiana del battezzato e formalmente ci si impegni a dare seguito all’intero itinerario di iniziazione secondo quanto stabilito nella nostra Diocesi di Tivoli e di Palestrina dalla Nota pastorale “Cristiani non si nasce ma si diventa” che prevede un reale coinvolgimento dei genitori dagli zero ai sei/sette anni, l’età nella quale si forma il carattere di un bambino, e dove è essenziale la formazione religiosa dei figli, e poi anche successivamente.

In questa Messa benediremo anche l’Olio degli infermi.

È l’Olio destinato a dare sollievo e interiore purificazione a quanti nella comunità cristiana soffrono nelle loro membra.

Durante la celebrazione comunitaria del sacramento dell’unzione degli infermi che abbiamo celebrato qui l’11 febbraio scorso mi sono purtroppo reso conto che molti, anche ben disposti nel voler ricevere il sacramento, non lo conoscono e lo ritengono poco più di una benedizione, di un sacramentale …

Cari sacerdoti, diaconi, catechisti e catechiste, la nostra azione pastorale deve maggiormente adoperarsi per far conoscere ed apprezzare da tutti questo sacramento che è aiuto efficace per ben sopportare e valorizzare la prova della malattia.

A questo scopo vorrei suggerire ai presbiteri di incrementare le celebrazioni comunitarie di tale sacramento specialmente nelle parrocchie, purché i fedeli siano ben preparati e purché si ammettano a parteciparvi soltanto coloro che sono veramente malati.

Vorrei inoltre raccomandare a tutti voi, miei cari sacerdoti, la cura dei malati. La collaborazione preziosa dei diaconi, dei ministri straordinari della santa comunione, delle religiose e di quanti a titolo di volontariato prestano il loro servizio in questo campo non esime i presbiteri dal dovere di attendere personalmente a questo esercizio dove si esprime in maniera alta la carità pastorale.

Consacreremo poi il santo Crisma con cui viene segnata la fronte del battezzato e del cresimato per dirci che ogni discepolo di Cristo è associato alla sua dignità regale, sacerdotale e profetica e ci ricorda che la Chiesa non deve sottomettersi ad alcun potere mondano e ad alcuna tentazione di abbracciare ciò che è profano ma soltanto a Dio. Noi siamo una nazione santa, di re e sacerdoti, chiamata a celebrare i divini misteri e ad innalzare le nostre mani nella preghiera per tutti gli uomini del mondo. Siamo una comunità che ha come legge quella dell’amore, siamo un popolo chiamato alla testimonianza a Cristo, Re e Signore dell’universo, con i fatti oltre che con le parole.

Viviamo in un’epoca dove l’uomo pare sempre più vivere come se Dio non esistesse. Tocca dunque a noi richiamare gli uomini al senso di Dio, quel senso di Dio che rende intelligibile e dà autentico significato ad ogni realtà umana. Tocca a noi proclamare il primato di Gesù risorto e vivo quale ultimo significato di tutte le cose.

Con il Crisma, nel rito dell’ordinazione, sono profumate anche le mani dei sacerdoti che in tal modo sono tutti coinvolti nella realtà del medesimo presbiterio.

Mi piace oggi ricordare quanti, appartenenti all’unico nostro presbiterio, quest’anno celebrano particolari anniversari.

Il loro venticinquesimo: Don Mario De Simone e Don Andrea Jaworek per la Diocesi di Tivoli, e Don Angelo Maria Consoli per la Diocesi di Palestrina.

Il loro cinquantesimo: Don Giuseppe Salvatori e Padre Vincenzo Battaglia, OFM di Tivoli.

Mentre, per la Diocesi di Palestrina, celebrano il loro sessantesimo: Mons. Antonio Maria Sbardella e Mons. Felicetto Gabrielli e per quella di Tivoli Don Nino Murtas e Don Sebastiano Koszut.

A loro il nostro augurio e l’assicurazione della nostra preghiera.

Ricordando i membri del nostro presbiterio non possiamo dimenticare gli anziani e gli ammalati, coloro che per vari motivi purtroppo non sono qui.

Cari sacerdoti, membri dell’unico presbiterio grazie all’unzione ricevuta, che nessuno sbiadisca questa appartenenza. Nessuno scelga per sé un proprio posto e una propria funzione, imponendoli poi con il metodo del fatto compiuto o ricercandoli con altri piccoli mezzi. Nessuno disorienti i fedeli con stili pastorali o assenze ingiustificate ai nostri comuni incontri senza tener conto della necessaria armonia diocesana. Che tutti siano disponibili ad andare dove la Chiesa ha maggiore necessità di evangelizzazione!

Cari sacerdoti, diaconi, popolo santo di Dio, forse avrei potuto toccare altri argomenti in questa piccola verifica di comunione. Ma mi fermo qui perché ritengo molto più urgente ed importante che la nostra attenzione sia conquistata dal fascino del Signore Gesù e dei suoi misteri: più che alle nostre povertà ci fa bene guardare oggi alla sua ricchezza; più che elencare i limiti che ci sono sempre nel nostro servizio sacerdotale, è bello e maggiormente utile lasciarci prendere dalla forza rianimatrice che promana da Lui.

È Lui il segreto della nostra fedeltà e della nostra felicità. È Lui che rende sempre giovane la sua Chiesa sempre ferita dai nostri errori e dalle nostre pigrizie ma sempre rinvigorita dal suo amore di Sposo fedele.

E così, ora, rasserenati e resi più fiduciosi possiamo, ancora una volta, rinnovare con gioia le nostre promesse sacerdotali.

Quest’anno anche i diaconi rinnovano le loro promesse in questa Messa dove è riunito l’unico presbiterio di cui anche loro, se pur a diverso titolo rispetto ai presbiteri, fanno parte.

Il Mistero della passione, morte e risurrezione del Signore che da stasera celebreremo dando inizio al Triduo Pasquale, sia la nostra forza e la nostra speranza nel pellegrinaggio della vita. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina