Tivoli, Chiesa di Santa Maria Maggiore, Sabato 31 dicembre 2022
Carissimi fratelli e sorelle,
come ormai tutti sanno, stamane alle ore 9,34, nel Monastero Mater Ecclesiae, in Vaticano, all’età di 95 anni, è deceduto il Papa emerito Benedetto XVI.
Profondo amante della liturgia non avrebbe certamente desiderato che la liturgia di stasera – ottava di Natale, Solennità della Madre di Dio – divenisse liturgia funebre. Tuttavia questa sera lo vogliamo ricordare al Dio della Vita che da grande teologo ha ricercato per tutta la sua esistenza di profondo credente, di sacerdote, Vescovo, Cardinale, Successore di Pietro.
Siamo qui per celebrare il Dio che nel Bambino nato da Maria si è rivelato come il Dio con noi e per noi. Che non ci abbandona mai, nemmeno nel buio della morte.
Stasera lo ringraziamo per averci dato il Papa emerito Benedetto XVI.
Con le stesse parole che pronunciò al termine dell’Omelia in occasione delle esequie di San Giovanni Paolo II anche noi “Possiamo essere sicuri che il nostro amato Papa sta adesso alla finestra della casa del Padre, ci vede e ci benedice. Sì, ci benedica, Santo Padre. Noi affidiamo la tua cara anima alla Madre di Dio, tua Madre, che ti ha guidato ogni giorno e ti guiderà adesso alla gloria eterna del Suo Figlio, Gesù Cristo nostro Signore. Amen”.
Che Benedetto XVI, ora, dalla finestra del Cielo insieme a San Giovanni Paolo II e agli amici che ha reincontrato continui a vegliare su di noi e sulla Chiesa che ha amato e servito. Anche per questo, con il canto del Te Deum, al termine della Messa, ringrazieremo Dio per avercelo donato.
Signor Sindaco, illustri autorità, cari fratelli e sorelle!
Il tempo corre e noi desideriamo ringraziare Dio perché ce lo ha donato con le sue gioie e con le sue difficoltà, e come ogni anno ci ritroviamo insieme, nella Casa della Madre di Dio nel cuore della nostra città, ancora come se fosse il giorno di Natale, per cantare il Te Deum. Per ringraziare del tempo che ci è stato dato, per chiedere perdono se forse non lo abbiamo sempre vissuto bene, per impegnarci a fare della nostra vita che il Signore vorrà ancora concederci un Te Deum, un canto di lode e di ringraziamento per la Sua continua Misericordia. Un canto di lode e di ringraziamento per la “pace agli uomini che Egli ama” e che con la sua nascita è venuto a portare nella Notte di Betlemme e nelle nostre notti.
Stasera dunque ringraziamo, imploriamo il dono della pace per il mondo e guardiamo alla Madre di Dio di cui oggi celebriamo la Solennità per imparare a ringraziare e divenire sempre più costruttori di pace.
Ringraziamo
Per cosa possiamo ringraziare?
Ognuno facendo i suoi bilanci troverà motivi per ringraziare ma anche per pensare, guardarsi in fondo al cuore, chiedere perdono. Oppure vedrà momenti bui che ha trascorso, momenti dove la fede e la speranza hanno vacillato.
Tuttavia noi sappiamo che Dio che a Betlemme si è incarnato per noi non ci lascia mai. Da quella Notte di Natale di 2022 anni fa egli è “con noi” e anche quando pensiamo che non ci sia in realtà non ci abbandona mai, ci porta in braccio.
Mi piace qui proporvi un testo assai noto: “Orme sulla sabbia” di un anonimo brasiliano che dice così:
«Questa notte ho fatto un sogno, ho sognato che camminavo sulla sabbia accompagnato dal Signore, e sullo schermo della notte erano proiettati tutti i giorni della mia vita.
Ho guardato indietro e ho visto che per ogni giorno della mia vita, apparivano orme sulla sabbia: una mia e una del Signore.
Così sono andato avanti, finché tutti i miei giorni si esaurirono. Allora mi fermai guardando indietro, notando che in certi posti c’era solo un’orma … Certi posti coincidevano con i giorni più difficili della mia vita; i giorni di maggior angustia, maggiore paura e maggiore dolore …
Ho domandato allora: “Signore, Tu avevi detto che saresti stato con me in tutti i giorni della mia vita, ed io ho accettato di vivere con te, ma perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti peggiori della mia vita?”
Ed il Signore rispose: “Figlio mio, Io ti amo e ti dissi che sarei stato con te durante tutto il tuo cammino e che non ti avrei lasciato solo neppure un attimo, e non ti ho lasciato … i giorni in cui tu hai visto solo un’orma sulla sabbia, sono stati i giorni in cui ti ho portato in braccio”».
Ecco, noi ringraziamo perché in questo anno che si conclude, anno difficile, Dio nato per noi, ci ha portati in braccio.
È stato certamente un anno non facile, dove abbiamo attraversato momenti di buio, di sofferenza, di ingiustizia ma come cristiani – così come ci esorta Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace – siamo chiamati a tenere il cuore aperto alla speranza, fiduciosi in Dio che si fa presente, ci accompagna con tenerezza, ci sostiene nella fatica e soprattutto, orienta il nostro cammino.
Ma per tenere il cuore aperto alla speranza dobbiamo essere vigilanti come furono i pastori a Betlemme che vegliando riuscirono ad ascoltare l’annuncio dell’angelo nella notte di Betlemme. L’annuncio che li invitava ad andare a Betlemme dove era nato per loro il Salvatore atteso. Vigilare come loro che accolsero l’invito e trovarono – come ci ha detto il Vangelo appena ascoltato –: “Maria e Giuseppe e il Bambino, adagiato nella mangiatoia”.
Siamo dunque chiamati ad essere vigilanti, con l’atteggiamento del cuore e della mente di chi attende il Signore e vive in questa attesa che nel Natale si è compiuta, ed attende ora con il Signore l’ultimo Suo ritorno, anche nel buio della storia.
Papa Francesco, nel suo Messaggio per questa Giornata Mondiale della Pace, ci ricorda come siamo stati colpiti per oltre due anni dalla grave pandemia da Covid-19 che ha destabilizzato la nostra vita ordinaria, ha messo a soqquadro i nostri piani e le nostre abitudini, generando disorientamento e sofferenza, causando la morte di tanti nostri fratelli e sorelle. Ma ci ha anche ricordato come in quel vortice di angoscia molti hanno cercato di lenire il dolore di tanti anche quando non si sapeva bene quali protocolli, misure adottare: pensiamo ai tanti operatori della sanità – tanti che hanno anche pagato di persona –, alle Autorità politiche che hanno dovuto gestire l’emergenza, alla nostra Caritas e alle tante associazioni di volontariato che sono state vicine alle persone, alla Croce Rossa, alla Protezioni Civile, all’Associazione Carabinieri in congedo, alle Misericordie … E con la pandemia sono emerse contraddizioni, disuguaglianze, la sicurezza lavorativa di tanti è stata minacciata. Pensavamo poi di uscire migliori da questo momenti di crisi e invece si è diffuso ora un altro virus ben più pericoloso del Covid-19. Un virus che se il Covid non abbiamo mai compreso se è stato fatto in laboratorio o si è sviluppato da solo, invece questo altro è certamente voluto dall’uomo: parlo del virus della guerra in tante parti del mondo, in tante nazioni e famiglie e, da diversi mesi, scoppiata nella vicina Ucraina con tutte le conseguenze di morti, distruzioni, povertà che ha creato e sta creando e incrementando povertà, instabilità economica, politica, incrementando un senso di malessere e paura, di malinconia in cui l’umanità post-covid già viveva ed ora si è intensificata. Come se non bastasse, poi, abbiamo visto fenomeni di corruzione che non si fermano ma anche in questo frangente storico si sviluppano sottotraccia, sfruttamento degli immigrati, episodi di non amore che si sono moltiplicati.
Di cosa ringraziare, dunque?
Papa Francesco osa proporci una strada che desidero anche io proporre a voi e a me stasera. Dice che dai momenti di crisi non si esce mai uguali. Se ne esce o peggiori o migliori. Il motivo di speranza che ci deve portare a ringraziare è perché questo è un tempo privilegiato per prepararci al giorno del Signore e per interrogarci su quali percorsi dobbiamo intraprendere con speranza cristiana per rendere migliore il nostro mondo?
“Di certo – scrive il Papa –, avendo toccato con mano la fragilità che contraddistingue la realtà umana e la nostra esistenza personale, possiamo dire che la più grande lezione che il Covid-19 ci lascia in eredità è la consapevolezza che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, che il nostro tesoro più grande, seppure anche più fragile, è la fratellanza umana, fondata sulla comune figliolanza divina, e che nessuno può salvarsi da solo”.
Imploriamo il dono della pace
In questo contesto post pandemico dove però notiamo ancora come fatichiamo a costruire la pace che nasce dall’amore fraterno e disinteressato che ci saremmo aspettati dopo la pandemia ma che invece fatica a germogliare con le nostre sole forze, con il solo impegno umano, tant’è che ancora manca la pace in noi stessi, nella società e nel mondo. Esempio lampante è la guerra che grava anche sulla nostra Europa, dobbiamo implorare il dono della pace!
La pace che non costruiamo noi ma che è dono di Dio, che ci ha portato Gesù – il Dio con noi – che ama l’uomo, che ci ama! Ma noi dobbiamo lasciarci cambiare il cuore proprio partendo dall’emergenza che abbiamo vissuto e in parte o in altri modi ancora viviamo. Cambiare il cuore lasciando che Dio trasformi i nostri criteri abituali di interpretazione del mondo e della realtà e ci renda più appassionati – perché Figli di Dio e fratelli tra noi – al bene comune, al senso comunitario, all’impegno per la guarigione della nostra società e del nostro pianeta, creando le basi di un mondo più giusto e pacifico, seriamente impegnato alla ricerca di un bene che sia davvero comune.
Per implorare il dono della pace guardiamo a Maria, la Madre di Dio!
Maria che nel Vangelo ci viene presentata come Colei che dopo aver dato alla luce il Bambino in maniera prodigiosa, dopo averlo deposto nella mangiatoia, vede i pastori andare ad adorarlo e riferire ciò che del Bambino era stato detto loro dagli angeli e … “da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”.
Guarda e mette insieme – custodire, meditare, in greco significa proprio mettere insieme – tutto ciò che del Suo Figlio, il Figlio di Dio, era stato detto a Lei durante l’annunciazione e si realizza nel primo Natale della storia Lei guarda e mette insieme. Maria guarda come ogni madre guarda e rilegge la storia del proprio figlio fin dall’inizio. E man mano trascorre la vita continua a guardare il proprio figlio e a mettere e tenere insieme tutte le cose che lo riguardano rimanendo sempre madre, direi sempre più progressivamente madre che dopo il primo sì a Dio dovrà ripetere tanti sì a Lui.
Ebbene anche noi, guardando a Maria, dobbiamo imparare a dire continuamente sì a Dio, al Verbo che si è fatto carne per venire a salvarci dal peccato e dalla morte e a ripetere ogni giorno come Maria il nostro sì a quel Dio che è amore, pace e che vuole regnare su di noi – ma senza imporsi, soltanto proponendosi come amore e misericordia assolute –. Per ripetere questo sì a Lui che ci spinge ad amare gli altri, tutti, e a costruire sentieri di pace, occorre ascoltare, ruminare la Sua Parola. Meditare – come faceva Maria che “meditava” le cose che accadevano al suo Figlio, ossia le metteva insieme, le metteva a confronto per comprenderle meglio e per farle entrare nella propria storia – la storia di Maria – che è divenuta storia di salvezza, luogo della manifestazione di Dio: mistero di una incarnazione permanente del Verbo e di una divinizzazione progressiva dell’uomo che soltanto così potrà divenire autentico ed instancabile operatore di pace e costruire nella storia che scorre un mondo fraterno e solidale nonostante le proprie chiusure e brutture.
Ringraziamo, dunque, per le occasioni anche negative che si possono trasformare in occasioni per scoprire Colui che a noi si rivela, dal quale imploriamo per il tempo che da stasera ci sarà ancora concesso il dono della pace, imparando da Maria che meditando le parole del Figlio e della Scrittura ha compreso che soltanto in Lui c’è salvezza, riconciliazione, pace e vita. Da Maria impariamo l’obbedienza umile a Lui e così troveremo pace e saremo costruttori di pace per i nostri giorni. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina