Tivoli, Basilica Cattedrale di San Lorenzo Martire, Domenica 22 giugno 2025
Carissimi fratelli e sorelle,
celebriamo oggi una delle più belle solennità dell’Anno liturgico.
Celebriamo la solennità del corpo e del sangue del Signore! La festa dell’Eucaristia che riceviamo in ogni Messa, che adoriamo e che siamo chiamati a condividere con tutti così come vuole simboleggiare la processione che seguirà questa Messa: non un portare in trionfo l’ostia consacrata ma portarla per le strade per dire a tutti la nostra fede nella presenza reale di Cristo nel pane eucaristico e per dire a tutti la nostra disponibilità ad accogliere l’invito di Gesù rivolto ai Dodici davanti ad una folla numerosa: 5000 uomini, in una zona deserta, dopo averlo seguito per ascoltarlo ed essere guariti. Quell’invito che oggi è rivolto ancora a tutti noi: “Voi stessi date loro da mangiare”, ed è rivolto in particolare a te, caro Augusto, che vieni istituito nel servizio dell’accolitato affinché tu possa aiutare i presbiteri e i diaconi nello svolgimento delle loro funzioni, distribuire l’Eucaristia come ministro straordinario della Santa Comunione ma soprattutto conformando sempre più il tuo essere e il tuo operare al Sacrificio di amore del Signore compiuto con la sua passione, morte e risurrezione affinché la tua stessa vita diventi Eucaristia e sfami del contenuto dell’Eucaristia – che è l’amore di Cristo – i tanti, le folle che cercano in un mondo deserto chi le sfami, chi porti loro con i sacramenti e con la testimonianza della vita l’amore di Dio. Quell’amore che sfama e nutre lungo questo cammino della vita e che sarà pieno quando, al termine della processione della vita, giungeremo al banchetto eterno dove Lui sarà tutto in noi.
Eucaristia, lo sappiamo, vuol dire “rendere grazie”. Ed infatti contiene il rendimento di grazie di Cristo al Padre nello Spirito per le grandi cose che Dio ha fatto e fa per noi. Ricevere l’Eucaristia, mettersi al suo servizio, portarla ai fratelli perché non abbiano fame dell’amore di Dio che essa contiene, vuol dire per i credenti unirsi al rendimento di grazie di Cristo al Padre nello Spirito, un rendimento di grazie che Egli compie donando se stesso sulla croce e che chiede quindi da noi la capacità di unirci spiritualmente a Lui, che con l’offerta della propria vita si offre al Padre nello Spirito per la salvezza del mondo.
“Voi stessi date loro da mangiare” significa dunque non un servizio funzionale nella distribuzione dell’Eucaristia durante la Messa o portandola ai malati ma che ogni cristiano e tanto più chi è ministro dell’Eucaristia – accolito, diacono, prete, vescovo che sia – deve essere disposto ad unirsi al rendimento di grazie di Cristo, a dire un grazie con Cristo al Padre nello Spirito che non è soltanto un bel modo di dire, non è soltanto un sentimento ma è salire con la nostra vita sulla croce con Cristo e donarla ogni giorno al Padre per amore amando i fratelli e le sorelle in umanità, a partire dai tanti che hanno bisogno di ascoltare Gesù, di essere guariti, di mangiare, di sostenersi in mezzo a una zona deserta. La zona deserta di valori evangelici, di amore, di pace, di attenzione al prossimo, di carità che è il mondo in cui viviamo anche oggi.
Qui, caro Augusto, qui, cari fratelli e sorelle, dobbiamo dare noi stessi da mangiare.
Ben presto ci accorgeremo di una cosa e avremo una tentazione.
Ci accorgeremo che “non abbiamo che cinque pani e due pesci”, ci accorgeremo del nostro nulla, della nostra pochezza davanti a una folla di 5000 uomini, senza contare le donne e i bambini, che ha fame.
E saremo tentati di “andare a comprare viveri per tutta questa gente” oppure, come i Dodici ipotizzavano poco prima parlando e suggerendo a Gesù: “Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo”. È la tentazione di sempre: quella di rimandare ad altri le soluzioni delle povertà che incontriamo.
Gesù ripete ai suoi e ripete a noi: “Voi stessi date loro da mangiare!”.
Ma possiamo? Riusciremo?
Sì, tanto più se con fiducia metteremo quel poco che siamo, quei cinque pani e i due pesci a disposizione di Gesù, se con il nostro poco saremo aperti a ricevere quel Mistero Pasquale di amore che è presente nel pane e nel vino consacrato, che è Lui stesso e ci uniremo al suo rendimento di grazie, alla sua offerta della propria vita al Padre nello Spirito con la nostra offerta della vita, di tutta la nostra esistenza. Una esistenza eucaristica, una esistenza sempre vissuta rendendo grazie che non vuol dire pronunciare parole belle e poetiche di ringraziamento a Dio ma unirci al suo dare la vita per il mondo, al suo metterci a servizio dei tanti che vivono come nel deserto, senza valori evangelici, senza amici che in una comunità affidabile li aiutino a saziarsi di Cristo, a vivere di Lui e a loro volta a mettersi a sua disposizione nel distribuire il pane moltiplicato per tutti in abbondanza – da quei 5 pani e 2 pesci si moltiplicò il cibo per tutti ed inoltre rimasero 12 ceste di pezzi loro avanzati –.
Cari fratelli e sorelle, la Solennità odierna ci domanda allora di comprendere e vivere la Messa, le nostre comunioni, l’Adorazione Eucaristica come impegno ad unirci all’offerta di Cristo al Padre, ci domanda di sentire tutto l’amore che Lui ha per noi che ci nutre con il dono del suo corpo e del suo sangue e, pieni di amore, che siamo capaci anche se poveri, con poche qualità umane, di dare noi stessi i nostri 5 pani e 2 pesci a Dio affinché li moltiplichi per divenire cibo per i tanti che cercano senso nella loro vita, che cercano Dio nel deserto della vita ma che se accoglieranno il pane dell’amore di Dio per noi potranno vedere la vita con gioia, viverla nel rendimento di grazie, trasformare il deserto in giardino di speranza. Un giardino dove è presente Cristo che rimane con noi fino a quando, al termine della processione della nostra vita, saremo condotti da Colui che tutto sa e può alla tavola del Cielo nella gioia dei suoi santi. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina