San Vittorino Romano, Santuario di Nostra Signora di Fatima, Giovedì 14 aprile 2022
Cari sacerdoti,
nuovamente circondati dal “nostro” popolo celebriamo oggi la Messa del Crisma che lo scorso anno fu riservata ai soli presbiteri e a una piccola rappresentanza di popolo di Dio a causa della pandemia. Ne siamo contenti poiché siamo stati costituiti ministri di Dio per Lui e per il Suo popolo. Ed è significativo che la concelebrazione di stamane, che è manifestazione della nostra comunione, si svolga con il “santo popolo di Dio” perché Lui ci ha chiamati al Suo servizio per metterci a servizio proprio di questo “Suo popolo” – quello presente ma anche quello che vive ai margini delle nostre comunità, in cui dimora il senso comune della fede, e attende che lo andiamo a incontrare – con una testimonianza il più coerente possibile con ciò che predichiamo. Quel popolo santo di Dio che siamo chiamati innanzitutto ad ascoltare, a rendere corresponsabile e partecipe della nostra missione affinché le nostre comunità siano sempre meno luoghi di “erogazione di servizi religiosi” ma sempre più di autentico incontro con Dio.
In questa Messa desidero innanzitutto ringraziare voi, cari sacerdoti, che tra poco rinnoverete le promesse pronunciate nel giorno dell’ordinazione, per il vostro generoso e spesso anche non facile impegno di annunciare il Vangelo, ed invitare tutti a pregare per quanti tra noi in questo anno celebrano particolari anniversari ed in particolare ricordare al Signore gli anziani, gli ammalati nel corpo e nello spirito, quanti dall’ultima Messa del Crisma ad oggi il Signore ha chiamato a sé. Pregheremo gli uni per il ministero degli altri e benediremo gli Oli santi: l’Olio degli infermi per portare la consolazione di Cristo a quanti soffrono, l’Olio dei catecumeni per sostenere quanti sono in cammino verso il Battesimo e quindi sono chiamati a lottare con il male che tenta di conquistarli ma che grazie alla Pasqua di Cristo è stato vinto per sempre. Ed infine il Sacro Crisma con il quale siamo stati consacrati nel battesimo insieme a tutti coloro che hanno ricevuto il sacramento che è porta della fede e della vita cristiana, che ci ha resi componenti dell’unico popolo di Dio, inseriti in Cristo sacerdote, re e profeta, per essere sempre membri del suo corpo per la vita eterna. Il Sacro Crisma con il quale – nel giorno della nostra ordinazione – sono state unte le nostre mani affinché, consacrati in Spirito Santo e potenza, fossimo custoditi da Cristo per la santificazione del Suo popolo e per l’offerta del sacrificio e nell’ordinazione episcopale è stato unto il mio capo come quello di tutti coloro che appartengono al Collegio dei Vescovi perché fatti partecipi del sommo sacerdozio di Cristo, Dio, con l’abbondanza della sua benedizione, desse fecondità al nostro ministero.
Mentre però gli oli degli infermi e dei catecumeni sono soltanto olio benedetto. Al Crisma – come ben sapete – viene aggiunto un profumo a significare per quanti con esso saranno unti che sono chiamati a diffondere nel mondo il buon profumo di Cristo.
Quest’anno vorrei fermarmi con voi a riflettere per un momento proprio su questa essenza profumata che a me piace sia nardo per lo speciale significato che ha e che vorrei che comprendessimo e facessimo comprendere a tutti coloro che battezzeremo o sono già stati battezzati, così come non dovremmo mai stancarci di comprendere noi, unti da questo unguento, per ungere i nostri fratelli di Spirito Santo.
Chi usa il nardo in maniera inaspettata, nel Vangelo di Giovanni, è Maria, la sorella di Marta e di Lazzaro. Maria, mentre Gesù era a mensa con i suoi discepoli ed amici, spezzò un piccolo vaso contenente nardo e il profumo di quell’unguento riempì tutta la casa. Quasi un anticipo di quell’altro vaso che dopo pochi giorni da quell’episodio sarebbe stato spezzato, il vaso del corpo di Gesù, il vaso della vita di Gesù da cui sarebbe scaturito un profumo che avrebbe riempito tutta la casa dell’umanità. Dunque, il vaso pieno di trecento libbre di nardo genuino (trecento libbre sono trecentotrentatre grammi) di valore preziosissimo viene sparso sui piedi di Gesù. Ebbene è lo stesso nardo che uniremo all’olio che diverrà Crisma con il quale siamo stati unti in vari modi anche noi. E che cosa è il nardo? Lo condivido con voi che forse lo sapete ma perché io, invece, l’ho scoperto da poco. Il nardo è un profumo che si fabbricava in Arabia – una terra mitica per Israele al tempo di Gesù – e che nasceva dalla morte di un fiore. Moriva il fiore del nardo e dalla morte del fiore si ricavava il profumo. Vi dirò che questa cosa mi ha commosso perché mi ha ricordato che, mentre Maria usa il nardo preziosissimo, c’è un altro fiore che sta per morire e questo fiore è Gesù. Gesù dalla cui morte nascerà un profumo, un profumo puro, eccezionale, che dona coraggio, che continua ancora oggi a profumare la nostra vita di preti e la vita della gente. Dalla morte del nardo nasce il profumo più prezioso, dalla morte di Gesù nasce il profumo più prezioso che è la vita donata per amore. Dalla morte di Gesù nasce il profumo che è l’amore, l’amore che ci salva. Quel vasetto di profumo di nardo che ai tempi di Gesù era costosissimo, preziosissimo, che nell’antichità era il profumo degli imperatori, delle regine, dei re; Maria lo spezza e lo versa sui piedi di Gesù. Come a dirgli: il nardo è prezioso ma tu sei più prezioso della cosa più preziosa del mondo; la vera preziosità, il vero tesoro sei Tu, Tu vali più del nardo, della vita, Tu sei il vero tesoro, il vero nardo! Giuda, come ricorderete, si fece meraviglia per quello spreco di nardo prezioso. Ma tra poco ci sarà uno spreco ben più grande e sarà quello di Dio, della vita di Dio donata per noi nella sua Pasqua di passione, morte e risurrezione. Uno spreco, quello della vita di Dio donata per amore per noi e per tutti, davanti al quale lo spreco del vasetto di nardo è irrisorio. Il vero spreco è l’amore, il vero spreco è che Dio ci ami fino a regalarci la vita, la Sua vita: questo è il vero spreco di fronte al quale il gesto di sprecare il nardo impallidisce!
Mi sono fermato sul nardo che tra poco uniremo all’olio per il Crisma per dire cosa? Che noi tutti che partecipiamo del sacerdozio comune dei fedeli e, noi preti e Vescovi, di quello ministeriale, siamo stati unti da uno “spreco di amore” per “sprecare l’amore” al mondo, per ungere dell’amore di Dio il mondo!
Di questo, innanzitutto noi preti, dobbiamo essere profondamente consapevoli e dobbiamo essere profondamente consolati anche quando, caso mai, non vediamo immediatamente riconosciuti i risultati del nostro apostolato. Dio ha sprecato e spreca continuamente il Suo amore preziosissimo per tutti e – siatene certi – anche per noi! Per configurarci a Lui, per renderci simili a Lui! Per renderci capaci di morire a noi stessi come il fiore del nardo affinché sappiamo profumare il mondo di amore! E dare all’uomo di oggi e vicendevolmente tra noi: speranza, gioia, coraggio!
Ma come, mi chiederete? Tramite quella che è la nostra missione, ossia quella di chiamare tutti a convertirsi mentre anche noi ci esercitiamo in maniera permanente nella difficile arte della conversione. Nessuna nostra predicazione ed azione può dimenticare che la prima condizione di una redenzione dell’uomo sia la conversione, la metánoia. Questo vale sicuramente anche per me Vescovo, per noi preti ma occorre che torniamo maggiormente a dare speranza al mondo facendo sentire il profumo dello spreco d’amore di Dio per noi affinché attratti da questo profumo tutti sappiano seguirlo e se lontani da Lui tutti sappiano venire a Lui, tornare a Lui!
L’uomo – quello di sempre e ancor più quello di oggi – sperimenta fortemente il peccato perché ha perso il senso di Dio. E se noi pensassimo che la nostra missione sacerdotale fosse soltanto quella di salvare gli uomini impegnandoci per la pace, i diritti degli uomini e delle donne, per risolvere il problema del lavoro, della malattia, dell’educazione, delle migrazioni, delle tante povertà e dipendenze dell’uomo – vecchie e nuove – certamente faremmo cosa buona ma non rispondente appieno alla nostra missione di sacerdoti che hanno come missione la salvezza degli uomini. Una salvezza che è indivisibile! Non si può opporre la salvezza dell’anima a quella del corpo ma occorre salvare l’uomo intero e per questo la Chiesa – e in essa i presbiteri in particolare – con le loro comunità non possono dispensarsi dall’operare tutto quello che porta a risanare l’uomo dalle ferite del peccato.
Cari fratelli è giusto darci da fare per liberare l’uomo dagli effetti del peccato: divisioni, fame, povertà, guerre … – chi potrebbe negarlo specialmente in questa epoca storica – ma se non testimoniamo il Risorto e non predichiamo ed agiamo contro il peccato, se non viviamo una testimonianza continua di tensione a vivere lontani dal peccato e in continuo stato di conversione, noi non libereremo gli uomini dagli effetti del peccato, anzi rischieremmo di ingannarli. E gli uomini non faranno altro che passare da una guerra militare a una guerra economica, da una guerra economica a una guerra religiosa o razziale e saranno sempre in lotta gli uni contro gli altri. E noi sempre un po’ stanchi e demotivati …
Cari amici presbiteri, cari fratelli e sorelle battezzati, riprendiamo coscienza di questo affinché la nostra missione non perda mai il suo senso. Se iniziamo a convincerci troppo facilmente che il superamento dei mali del mondo possono essere conseguiti senza il perdono di Dio; sarà come convincerci anche noi, progressivamente, che l’uomo possa fare a meno di Dio, possa anzi, senza timore, provocare Dio, quasi che Dio fosse impotente a punirlo. Se senza il perdono di Dio l’uomo può conseguire la salvezza dei mali che sono il castigo del suo peccato, allora l’uomo, non solo può fare a meno di Dio, ma può impunemente moltiplicare le sue iniquità.
In questo giorno, dunque, pieni di fiducia e confortati dal grande amore con il quale Dio ci ha chiamati alla sua sequela quali battezzati e sacerdoti a Lui consacrati ripartiamo per la nostra missione che riguarda la salvezza integrale di ciascun uomo e di tutti gli uomini ma ricordandoci che la nostra è anzitutto una missione religiosa, una missione di perdono, di riconciliazione con Dio senza la quale l’uomo, illuso dal potere che ha raggiunto in molti campi del sapere, si potrebbe dimenticare che deve incrementare anche la sua santità, il suo essere a immagine di Dio e riscoprirsi sempre più tale, sempre più dipendente da Dio per evitare che mettendosi a servizio dell’illusione del potere che crede di aver raggiunto, in realtà diventi schiavo di questo stesso potere e non consideri più gli altri come fratelli.
L’augurio che vi faccio, che faccio a me e a voi, così come a tutti i cristiani impegnati nella nostra Diocesi di Tivoli e di Palestrina è che consacrati, uniti a Cristo attraverso la preghiera, l’ascolto attento della sua Parola, la celebrazione assidua dei sacramenti – in particolare l’Eucaristia e la Riconciliazione –, la vita da uomini amati profondamente da Dio che ha dato la Sua vita per noi, possiamo sempre usare bene la nostra libertà e ci impegniamo nella missione di educare al buon uso di essa che può sempre mettere in pericolo ogni acquisizione che l’umanità ha compiuto, così come ognuno di noi può mettere in pericolo la propria salvezza, anche se per anni è rimasto fedele al Signore.
Convinti che la salvezza dell’uomo inizia dal suo intimo, un intimo che noi non siamo e non saremo mai capaci di vedere così come non saremo mai in grado di vedere l’efficacia della nostra missione, continuiamo pieni di fiducia e di speranza, senza stancarci o abbatterci, rimanendo uniti e gioiosi, a seminare quel seme che è la Parola di Dio, che è l’amore “sprecato” di Dio per noi e per l’umanità che prima germina sottoterra e tu non lo vedi ma che un giorno per quell’opera grande e misteriosa che solo Dio sa compiere, porterà frutto. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina