Palestrina, Basilica Cattedrale di Sant’Agapito Martire, Mercoledì 17 aprile 2019
Signor Commissario Prefettizio, illustri autorità, Eccellenza, cari sacerdoti e diaconi, popolo santo di Dio che è in Palestrina!
Inviato dalla fiducia del Santo Padre Francesco, inizio il mio ministero di vostro Vescovo mentre – come abbiamo sentito dalla lettura della Bolla Pontificia di nomina – continuerò ad esercitare il ministero anche quale Vescovo dell’amata Diocesi di Tivoli che dal 19 febbraio scorso è unita “in persona episcopi”, – nella persona del Vescovo – con questa altrettanto amata e confinante Chiesa Prenestina!
Per questa nuova missione che ho accolto in spirito di servizio e che prego il Signore di svolgere sempre con umiltà, desidero ringraziare Dio leggendola come una ulteriore chiamata nella chiamata. Una chiamata ad allargare i confini della mia paternità e a riconoscere che Dio, tramite la volontà del Successore di Pietro, desidera aprire le porte del mio cuore, chiedermi di amare di più, di evangelizzare in spazi più ampi, e mi dona una famiglia più grande alla quale portare l’annuncio della risurrezione. Anzi, desidera che questa famiglia cammini insieme alla famiglia dei cristiani della Chiesa Tiburtina affinché in spirito sinodale, mettendo in comune risorse spirituali e pastorali, formandoci insieme – preti, laici, consacrati e consacrate – in un territorio per certi versi simile anche se con identità specifiche, giunga a tutti la gioia del Vangelo!
La missione non è semplice ma, per quanto conosco voi e i preti e fedeli di Tivoli, ritengo che potremo farcela. Sicuramente con l’aiuto del Signore!
Questo inizio canonico della mia nuova missione ha luogo durante la Santa Messa del Crisma.
Messa che esprime la natura e la missione della Chiesa:
1) che dice innanzitutto la necessità della comunione del presbiterio e di tutti i fedeli con il Vescovo che viene tra voi come successore degli Apostoli;
2) il rinnovato impegno dei presbiteri – alla vigilia del giorno dell’istituzione del sacerdozio ministeriale da parte di Nostro Signore Gesù Cristo –, a vivere con fedeltà gli impegni assunti nel giorno dell’ordinazione;
3) e che con la benedizione degli oli santi dice che non può trattenere per se stessa l’unzione dello Spirito che riceve, dice che vuole lasciarsi impregnare dallo Spirito di Cristo per ungere di gioia, letizia, consolazione, della misericordia che vengono da Lui, il mondo intero!
Mi fermo dunque su questi punti.
1) Cari presbiteri, al momento dell’ordinazione avete manifestato la volontà di essere, per tutta la vita, fedeli cooperatori dell’ordine dei vescovi, nel servizio del popolo di Dio, sotto la guida dello Spirito Santo e avete promesso al Vescovo che vi ha ordinati e ai loro successori filiale rispetto e obbedienza. Un rispetto ed una obbedienza non formale, ma che auspico e vi chiedo sia sempre sincera, motivata e vera … per essere insieme obbedienti al Signore Gesù nell’ascolto e nella predicazione della Sua Parola. Nello stesso tempo, in quel giorno, il Vescovo che vi ordinava e del quale oggi divento il legittimo successore in questa Chiesa, prendeva le vostre mani nelle sue come a dire che desiderava custodirvi, aiutarvi, esservi di sostegno, essere immagine del Padre per voi nel ministero che stavate per iniziare.
Così vorrei essere io per i presbiteri ma anche per l’intero popolo di Dio. Un padre! Un padre presente, vicino ma anche – se permettete – esigente, che a differenza di tanti padri “assenti” di cui oggi il mondo è pieno, sia presente nelle vostre vicende liete e tristi. Un padre che non giochi al ribasso. Che per stare tranquillo non dica sempre sì … – non servirebbe a nulla – ! Ma vorrei essere un padre che cerchi di proporvi mete alte anche quando lo spirito del mondo, le nostre fragilità, tenderanno a farci puntare verso il basso. Tutto ciò, tuttavia, con comprensione, vicinanza, accompagnamento, empatia, preghiera continua, affinché possa sempre sentirvi come “mia gioia e mia corona” e specialmente voi presbiteri non viviate da isolati dal presbiterio e dal Vescovo – con tutti i rischi del caso – ma uniti al Vescovo come le corde alla lira possiamo insieme far udire la musica di Dio al popolo che vive nelle nostre terre.
2) Tutto ciò per aiutarvi a vivere – ed è il secondo punto che la liturgia ci ricorda – con fedeltà gli impegni assunti nel giorno dell’ordinazione presbiterale: possiate cioè sempre più essere intimamente uniti al Signore Gesù, rinunziare a voi stessi per essere a tempo pieno dispensatori dei Misteri di Dio per mezzo dell’Eucaristia e delle altre azioni liturgiche, in particolare il ministero assiduo del confessionale, adempiere il ministero della Parola di salvezza sull’esempio di Cristo, capo e pastore, non perché mossi da interessi umani ma unicamente dall’amore per i fratelli.
Certamente non è facile.
Non è facile perché in un mondo come il nostro tutti constatiamo come spesso predichiamo, lavoriamo per il Signore ma poi tanti – anche in queste terre dove il Cristianesimo si è insediato fin dai primi secoli – sono indifferenti, vivono come se Dio non esistesse, vittime di un mondo ormai globalizzato e dal pensiero unico ed i costumi mondani divengono sempre più anche i nostri costumi poiché se non siamo fermamente uniti a Cristo prevale anche su di noi il divisore, colui che chiamiamo il diavolo che ci umilia davanti al mondo.
Tuttavia nella seconda lettura abbiamo ascoltato cosa dice il Signore Dio: “Io sono l’Alfa e l’Omèga. Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!”. È un messaggio rassicurante per la Chiesa che lo ascolta ma anche per noi preti in questo oggi storico dove ci troviamo con il nostro popolo ad attraversare un’epoca cambiata rispetto a qualche anno fa, con sfide impreviste e sconosciute. Un mondo che fatichiamo a conoscere perché non abbiamo le competenze necessarie, nel quale noi abbiamo perso di rilevanza sociale – e forse è anche un bene – ma soprattutto di credibilità a causa dei peccati gravi e pubblici di alcuni che rimangono comunque “pochi” contro i tanti che come alberi buoni crescono in silenzio nella foresta e che fin d’ora ringrazio per il contributo che danno all’edificazione e alla credibilità della Chiesa. Il Signore Dio definendosi alfa e oméga ci assicura che è all’inizio e alla fine di quella serie omogenea in sviluppo della storia della salvezza, è come l’a e la zeta dell’alfabeto e noi – preti e fedeli – siamo una delle lettere intermedie. Come a dire che Dio è coinvolto nelle nostre vicende! Lo è adesso, lo è stato nel passato – e se pensiamo alla nostra personale esistenza non possiamo non riconoscerlo – e lo sarà anche in futuro, fino alla conclusione della storia quando verrà davvero, manterrà ciò che ci ha promesso anche al di là e al di sopra di ogni nostro desiderio, vincendo tutto ciò che gli si oppone, Lui che è l’Onnipotente!
Cari fratelli presbiteri, non scoraggiamoci mai, non temiamo ma rinnoviamo e aiutiamoci vicendevolmente a rinnovare la nostra fede in Lui che è l’a e la zeta, Colui che è, che era e che verrà, l’Onnipotente! Saremo così gioiosi e sereni e anche capaci di collaborare con il Risorto nell’aiutare molti giovani, che Egli sicuramente ancora chiama, a dire il loro eccomi per la via del sacerdozio ministeriale.
3) Infine – e così veniamo al terzo momento di questa Messa del Crisma – benediciamo gli oli santi. Nel Salmo 132 del Salterio il salmista parlando della vita fraterna dice che è una cosa bella come l’olio che scende sul capo di Aronne, che giunge alla sua barba, sulla sua veste e ne raggiunge l’orlo … È certamente una immagine strana. Non so che bellezza sia essere unti così? Tuttavia i Padri della Chiesa hanno letto nel capo da cui scende l’olio una immagine di Colui che è il capo della Chiesa: Cristo che unge la barba di Aronne, la barba che in un uomo è immagine di fortezza e che da Cristo è unta perché il cristiano, ogni cristiano, sia fortificato nella testimonianza che è chiamato a dare in quanto partecipe della vocazione sacerdotale, profetica e regale di Cristo che gli è propria. Una fortezza che diviene anche carità, perdono, amore per i persecutori come fu per Cristo sulla croce e per tanti altri discepoli dopo di Lui che Lo hanno testimoniato fino al martirio ma che mentre morivano hanno perdonato i loro uccisori. Una unzione – questa – che raggiunge la Chiesa rappresentata secondo Sant’Agostino dalla veste di Aronne ed entra sul corpo per l’orlo di questa veste che è la fraternità che il salmo esalta così come noi, questa sera, esaltiamo la nostra fraternità di popolo di Dio, di popolo sacerdotale unto di Spirito Santo tramite i sacramenti frutto della Pasqua, per la missione che è efficace soltanto quando, vedendoci, chi ci osserva giunge a dire: “guarda come si amano!”.
Pensando all’olio dei Catecumeni penso alla necessità di ungere per fortificare certamente coloro che si apprestano a ricevere il battesimo ma anche tutti coloro ai quali siamo mandati per far riscoprire il battesimo ricevuto e la chiamata universale alla santità.
Dovremo dunque tracciare insieme itinerari catecumenali per ciascun cristiano che non deve mai dare per scontato ciò che è, per chi si prepara al matrimonio e alla vita familiare, a quella meravigliosa vocazione che vede un uomo e una donna, amarsi fedelmente, aprirsi alla vita, ad essere padri e madri! In un’epoca di grandi attacchi alla famiglia e alla vita aiutiamoci e aiutiamo a riscoprire la bellezza della famiglia cristiana! Non importa da dove partiremo: se chi abbiamo davanti ci verrà a chiedere solo di sposarsi senza fede, se saranno già sposati civilmente, se fossero conviventi … dal punto nel quale si trovano accogliamoli, accompagniamoli e tramite un cammino di catecumenato aiutiamoli ad incontrarsi con il Risorto e a scoprire la grazia del sacramento del matrimonio. Lo stesso facciamo con i genitori dei ragazzi che ci chiedono di ricevere i sacramenti dell’iniziazione cristiana. Ungiamo idealmente tutti con quell’olio dei catecumeni che dà forza, energia, vigore al nostro sì a Cristo!
Insieme alla famiglia, pensando ora all’olio degli infermi, vorrei, che ci impegnassimo, in nome di Cristo, ad ungere del suo Santo Spirito gli ammalati, gli anziani, i disabili, i prigionieri, la vita debole, scartata, quella di chi viene da lontano e non si sente accolto. Cari fratelli una Chiesa che non unge gli infermi, che non ama i poveri, non difende la vita dal suo concepimento fino alla sua morte naturale, è una Chiesa senza compassione, non credibile perché – lo ripeto ancora una volta pur se con altre parole – non pratica il grande comandamento dell’amore che Gesù ci ha lasciato come compendio di tutto il suo insegnamento.
E infine: il sacro Crisma. Questo olio misto a profumo è segno dello Spirito di Cristo che giunge a noi per consacrarci a Lui e renderci capaci di diffondere nel mondo la fragranza della Sua presenza!
Questo olio ci chiede di essere una Chiesa estroversa, creativa e missionaria. Innanzitutto verso i giovani.
Oggi sperimentiamo che è difficile annunciar loro l’amore di Dio.
Non vivono più in gruppo, sembrano indifferenti, sono bombardati dalla cultura dell’effimero eppure anche in loro Dio ha seminato la Sua vita, anche in loro Cristo vive e noi non tanto con le prediche di massa ma specialmente con l’approccio personale, ascoltando anche quanto non ci dicono espressamente ma ci urlano con i loro silenzi, con una pastorale integrata e in dialogo con le altre agenzie educative – a partire dalla scuola e dai genitori – dobbiamo tenerli a cuore, star loro vicini dedicando loro tempo affinché scoprano la bellezza della vita e la vera gioia, si innamorino dell’Unico che salva: Gesù Cristo!
Cari amici, è quanto in questo giorno chiedo al Signore per me, per questa Chiesa Prenestina e anche per quella “sorella” di Tivoli, ormai chiamate a camminare pastoralmente insieme.
A voi domando di continuare a pregare per me, perché sia fedele al servizio apostolico affidatomi e diventi collaboratore della vostra gioia.
Maria Santissima, Madre del Buon Consiglio, Sant’Agapito nostro patrono e tutti i santi e le sante delle nostre Chiese intercedano per noi in questo momento solenne. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina