Omelia alla Santa Messa del Giorno di Natale 2022

Palestrina, Cattedrale di Sant’Agapito Martire, Domenica 25 dicembre 2022

Carissimi fratelli e sorelle, con gioia celebriamo il Natale del Signore!

Sì, con gioia, anche se – guardandoci intorno – ci verrebbe da pensare che dal primo Natale, dal Natale di Gesù, la rotta del mondo non sia poi così cambiata.

Constatiamo infatti che anche ai giorni nostri Papa Francesco deve mettere in guardia gli uomini dalle stragi di innocenti “Chiedo: – ha detto – è legittimo, è giusto eliminare una vita umana per risolvere un problema?”, dalla violenza sulle donne: “Quanta violenza – sono ancora parole del Papa – c’è nei confronti delle donne, basta!”, dai politici che pensano più al loro tornaconto che il Papa denuncia quali “Muri di egoismo politico ed economico”, dalle guerre: “Tutti noi, in qualsiasi ruolo, abbiamo il dovere di essere uomini di pace!”.

Potremmo quindi celebrare il Natale ma come una semplice tradizione. E forse, mi viene da pensare, se il nostro mondo non è poi così cambiato, è forse anche per questo.

Una tradizione che non ci tocca il cuore.

Oppure che ci lascia delusi davanti a come il mondo continua a camminare. Noi, infatti, abbiamo una idea di Dio che è l’idea del generale onnipotente che scende in campo e libera dai nemici. Abbiamo una idea di Dio che è un po’ come quella del Messia potente e liberatore che attendeva ed anche oggi attende il popolo di Israele. Un Messia che può intervenire nella storia e cambiarne la rotta.

E invece il Dio che celebriamo a Natale, il Dio di Gesù Cristo, il nostro Dio, è un Dio che si fa Bambino.

Dio agisce così.

Certo potrebbe anche distruggere gli eserciti che si pongono contro il suo popolo, come quando fece attraversare il popolo di Israele attraverso il Mar Rosso sconfiggendo il Faraone. Ma lo spettro del Faraone rimane sempre, voglio dire che l’uomo se non si apre realmente a Dio non sarà mai libero veramente dalle tante schiavitù che legano il suo cuore e lo rendono incapace di amare e vivere in quella libertà perfetta che Dio gli aveva donato fin dal momento della creazione e che ha perduto usandola male, pensando di poter prescindere da Dio, pensando di essere come Lui o sostituendosi a Lui.

E allora Dio grande e potente, che era fin da principio, che ha creato le cose fin dal principio, che ha creato l’universo, il mondo e vi ha posto al centro l’uomo quale sua creatura amata e a Sua immagine e somiglianza, cioè capace di relazionarsi con Lui, si fa incontrare dall’uomo in una maniera convincente, capace di cambiargli il cuore e la mente. Si fa incontrare entrando nella storia dell’uomo facendosi piccolo Bambino.

Mentre forse ci aspetteremmo anche oggi qualcuno che ci venga a salvare con potenza, Egli ci viene a salvare prendendo la carne umana, entrando nella nostra quotidianità profondamente segnata dal male, dal peccato e dalla morte per farci uscire progressivamente dal male e dal peccato, dalle nostre fragilità e dalla fragilità per eccellenza che è la morte eterna.

Questa notte l’angelo ha annunciato ai poveri pastori di Betlemme: “Non temete, ecco vi annuncio una grande gioia (…) è nato per voi un Salvatore”.

Il Verbo di Dio si fa prossimo a noi, nasce nell’ostilità delle nostre tenebre rinunciando alle sue prerogative divine e facendosi solidale con noi tranne che nel peccato e ci dà speranza. Nella povertà di mezzi, nella semplicità, si fa carne per starci vicino e camminare con noi sulle strade della storia, della nostra vita. Quelle strade che dobbiamo percorrere lasciandoci amare e amando e che non riusciremo mai a percorrere da soli. Potremo infatti vivere nell’amore, diffondere amore, cambiare la rotta della storia se lasceremo veramente che l’Emanuele, il Dio con noi, cammini non noi e ci insegni ad amare. Un insegnamento che non dobbiamo apprendere soltanto dalle parole che Dio ci dice – e che dobbiamo leggere ed ascoltare – ma anche accogliere nel cuore perché è lì, nei nostri cuori, che Gesù desidera nascere.

Il Verbo che è Dio, che è in se stesso comunione perfetta, relazione di persone divine uguali e distinte, amore tra il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo. Il Verbo che è fin da principio, che è creatore di tutte le cose e anche dell’uomo, nel mistero del Natale, si fa carne, viene alla luce per portare la Sua luce nel cuore buio dell’uomo lontano da Dio, per guidare il cuore dell’uomo lontano da ogni oscurità.

È il progetto che il Natale ci presenta chiedendoci di accogliere Dio e divenire figli di Dio, di accogliere la luce e la speranza che porta e divenire a nostra volta gente che cammina alla Sua luce e porta luce al mondo e alla storia, gente che cammina tra le tribolazioni della vita ma con speranza: la speranza che con Lui possiamo cambiare la nostra vita e anche quella di chi ci sta accanto.

Forse non fermeremo le grandi guerre, ma potremo con Lui fermare le nostre; forse non sconfiggeremo tutte le malattie, ma potremo con Lui stare accanto e portare sollievo e speranza ai tanti che soffrono.

Cari amici, forse stamane venendo in chiesa avremmo voluto sentire uno dei racconti del Natale tratti dai cosiddetti Vangeli dell’infanzia che la liturgia della Chiesa ci ha proposto stanotte alla Messa della Notte e stamane alla Messa dell’aurora. Avremmo forse voluto sentire il racconto del peregrinare di Maria e Giuseppe per cercare un alloggio affinché Maria potesse partorire il Bambino divino, avremmo forse desiderato risentire l’annuncio degli angeli ai pastori che vegliavano le loro greggi nei campi introno a Betlemme e vengono invitati ad andare ad adorare il Salvatore nato nella povertà e adagiato in una mangiatoia. È una scena bella, poetica, che giustamente va contemplata così come la contempliamo nel presepe.

Nella Messa del giorno invece abbiamo letto quanto accadde nella Notte di Betlemme con gli occhi della fede. Come fa un padre o una madre quando guardano il loro bambino appena nato e pensano già a cosa sarà da grande, a quale sarà il suo futuro. A cosa si nasconde in quel piccolo bambino che un giorno crescerà.

Noi se vogliamo che sia veramente Natale nei nostri cuori guardiamo al Bambino nato per noi, al Verbo che era presso Dio ed era Dio e che si volge agli uomini, che comunica a noi se stesso, che viene per amarci nelle tante oscurità della nostra vita.

A noi accoglierlo come si accoglie un bambino tra le braccia, anzi ancora di più: accoglierlo nel nostro cuore perché rinasca in noi la speranza, anche in questo tempo buio, malinconico, triste, pieno di preoccupazioni …! Ma pur sempre tempo di Dio! Tempo segnato dalla Sua presenza anche quando non ci rendiamo conto che Lui è con noi!

Sì, nonostante tutto, oggi per noi è nato il Salvatore! Tutta la terra può ora vedere la salvezza del nostro Dio, può vedere la luce che illumina ogni uomo.

A noi accoglierla. A noi tenere gli occhi aperti perché questa luce penetri in noi e si realizzi quel progetto meraviglioso annunciato nel Vangelo che abbiamo ascoltato: “A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio”. Cari amici la solennità di oggi ci annuncia questa grande e meravigliosa verità: siamo figli di Dio! Vivere diversamente dal vivere come poveri esseri umani e peccatori è possibile! Vivere non come poveri esseri destinati alla morte ma come destinati alla vita eterna è possibile! È possibile perché Lui, il Salvatore, ci è venuto accanto per tenerci per sempre accanto a Lui fino a quando saremo con Lui per sempre.

Con Sant’Agostino diciamo a noi stessi e con la vita diciamo a tutti ciò che penso sintetizzi quanto ho cercato di condividere con voi:

“Il Verbo che era lontano da noi si fece carne per abitare fra di noi.

Riconosciamo dunque che è entrato nel tempo Colui per mezzo del quale sono stati creati i tempi. E celebrando la sua festa nel tempo, aspiriamo ai premi eterni” (Sermo 373,5).

Buon Natale a tutti! Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina