Palestrina, Cattedrale di Sant’Agapito, Mercoledì 25 dicembre 2019
Carissimi fratelli e sorelle! Buon Natale!
È l’augurio che ci siamo già ripetuti più volte in questi giorni, che a volte abbiamo reso generico con un semplice “Buone feste!” e così abbiamo come messo in secondo piano il perché della festa odierna.
Oggi è festa perché tutta la terra – come abbiamo ripetuto nel versetto del Salmo Responsoriale – ha veduto la salvezza del nostro Dio.
Di quel Dio che ci ha creati, che l’umanità a causa dell’uso malvagio della propria libertà ha abbandonato pensandosi Dio e cadendo in tal modo nel vuoto più assoluto, nella solitudine, nel peccato e nella morte. Ma che Dio è venuto a recuperare incarnandosi in Gesù che oggi è nato per noi.
Il Vangelo di oggi parte proprio così: “In principio era il Verbo” abbiamo letto.
“In principio” richiama le prime parole della Bibbia, l’inizio della Bibbia, là dove leggiamo che “In principio Dio creò il cielo e la terra” (Gn 1,1). Come a dire che in principio non c’erano tenebre, abisso, nulla … come a dire che non veniamo dal caso ma fin dal principio c’era Dio nostro pastore, c’era Dio con il suo amore che sono per sempre il nostro principio!
Ebbene nel momento in cui l’uomo sostituendosi a Dio, e così cadendo nel peccato e nella morte, nel momento in cui si è come tolto da quella sottomissione all’Unico che rende veramente libero l’uomo, la creatura è caduta nell’oblio della morte andando in pasto a tanti altri idoli vuoti che ci promettono felicità senza mantenerla e ci isolano tra noi, ebbene in quel momento il Verbo che era al principio, il Dio che è relazione fin dal principio della creazione, non si è dimenticato di noi ma come disegnando una parabola è sceso sulla terra per ricondurci a Lui, per ridarci la possibilità di tornare a quel principio che è in sé relazione amorevole di quelle Persone divine che compongono la Santissima Trinità, che è amore perfetto, che è Dio da cui veniamo e verso cui Lui, con la sua incarnazione, ha voluto che riprendessimo la strada del ritorno.
Il Verbo, che era presso Dio, in cui era la vita e la luce, che era in perfetta comunione con il Padre, intraprende il suo cammino verso il mondo presentandosi come Parola creatrice che si fa carne, che entra nella nostra storia nel Bambino di Betlemme per ritornare poi, con quanti crederanno in Lui, insieme a coloro che lo accoglieranno nella fede e nella concretezza dell’amore al prossimo, “nel seno del Padre”.
C’è dunque una parabola che parte dal Padre e torna al Padre ma al cui centro c’è “Il Verbo che diventa carne”. Quel Verbo che era eterno ora diventa, colui che stava al cospetto di Dio, tutto rivolto verso il Padre ora si volge verso l’uomo e viene ad abitare in mezzo a noi. Colui che era Dio ora diventa carne. Ossia uomo come noi affinché noi diveniamo come Lui. Il termine “carne” usato dal Vangelo che abbiamo ascoltato si tradurrebbe sarx che significa l’uomo fatto di carne e proprio più fragile e caduco che si possa pensare. Gesù è il Dio, infatti, che si fa uomo povero, senza casa, segnato fin dall’inizio dalla nudità e poi dalla sofferenza, dalla miseria, dall’incomprensione ingiusta, dalla morte. Il Figlio del Padre che noi oggi adoriamo bambino non è sceso soltanto tra gli uomini ma è venuto tra noi per assumere anche tutta la nostra debolezza e il nostro peccato. E questo, cari amici, deve darci fiducia e speranza.
Noi crediamo che il mondo sia sempre in progresso, almeno lo speriamo … e invece ci accorgiamo che non è sempre così. Certamente l’uomo scopre tecniche e terapie mediche che gli allungano la vita ma pur sempre rimangono impotenza, fragilità … e tutte queste cose ci fanno paura, ci deprimono, a volte ci impediscono di camminare con speranza.
Ma Dio ama l’uomo. Anche quando sembra impercettibile il suo amore, tanti santi conosciuti o sconosciuti, tanti credenti lo hanno sentito! Dio ama il mondo, ama l’uomo e lo ama così come è, nella sua realtà, anche quando ci sembra così lontano da Dio, quando il suo peccato è enorme … Noi spesso tendiamo a distinguere tra buoni e cattivi, tra giusti e ingiusti. Ebbene Dio ama tutti e a tutti si pone a fianco venendo tra noi nel suo Natale. Dio nel mistero del Natale ci dà pace perché a tutti si pone accanto. Si pone accanto anche a quegli uomini che tutti disprezziamo. Soltanto a chi non ama gli uomini, a chi disprezza i suoi simili Dio non si mette accanto perché non ama ciò che Dio venendo nel mondo ci ha insegnato ad amare sempre e incondizionatamente.
Certo festeggiamo il Natale, il Verbo che si è fatto carne, il Dio che ama gli uomini, ma per festeggiarlo veramente dobbiamo imparare a riamare Dio e a riamarlo in ciò che Lui ama maggiormente: gli uomini stessi, i nostri fratelli e le nostre sorelle proprio perché Dio per amarci si è fatto uomo.
E quale è questo frutto della passione di amore da parte di Dio per l’uomo?
Il riportare l’uomo nel seno del Padre.
Per l’uomo oggi si riapre la strada per tornare alla perfetta comunione con quel Dio che egli desidera da sempre, per il quale l’uomo consapevolmente o inconsapevolmente porta nel suo cuore una profonda nostalgia.
Il Vangelo di oggi si chiude con le parole: “Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato”. Qualche commentatore della Bibbia dice che sarebbe meglio tradurre non “lo ha rivelato” ma “ha aperto a lui la strada” ossia il Verbo è diventato guida. La Parola che si è fatta carne per venire a cercare l’uomo peccatore, per venire a cercare Adamo, non torna a mani vuote: apre la strada e riconduce gli uomini alla loro vera destinazione che è stare eternamente con Dio e vivere di Lui e con Lui per sempre.
Quanto ci siamo detti lo dice certamente meglio di me una bella lettura che leggiamo nel breviario il Sabato Santo mattina, è una antica Omelia nella quale Gesù dice ad Adamo e quindi a tutti noi: “Risorgi, mia icona, fatta a mia immagine, usciamo da qui! Tu in me e io in te, siamo infatti un’unica natura. Per te io, tuo Dio, mi sono fatto tuo figlio. Per te io, il Signore, ho rivestito la tua natura di servo. Per te, io che sto al di sopra dei cieli, sono venuto sulla terra e al di sotto della terra. Per te, uomo, ho condiviso la debolezza umana”.
Ecco spiegata qui la grazia del Natale, ecco il perché della gioia che deve invadere in questo giorno i nostri cuori, ecco perché tale gioia deve diventare diffusiva con lo scambio di doni, di auguri, con il radunarci insieme ai nostri cari. Natale ci dice che se Dio ha condiviso la condizione umana, di nessun uomo, allora si può disperare, non si può ignorare alcuna sofferenza. Ogni frontiera di morte che ci separa da Dio è abbattuta per sempre e l’uomo – se lo vuole – da oggi in poi può vivere nel e con il Verbo che pieno di amore si è messo in relazione con noi, si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi concedendo a tutti coloro che lo vorranno accogliere e crederanno in Lui di diventare figli di Dio e di esserlo realmente.
Che questo sia il dono più bello da scoprire in questo giorno e chiediamo al Signore di aiutarci per farlo scoprire a tutti. Sì, che tutti sentano oggi, a partire da oggi, che per Dio siamo importanti, che siamo stati riscattati da Lui a caro prezzo, il prezzo della sua umanità che lo condurrà alla croce ma per riaprirci per amore purissimo la via della comunione piena con Dio e quindi dare significato a tutto il nostro esistere nel tempo. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina