Omelia alla Santa Messa del Giorno di Pasqua

Tivoli, Basilica Cattedrale di San Lorenzo Martire, Domenica 12 aprile 2020

Cari amici qui presenti o che partecipate dalle vostre case a questa Santa Messa tramite i canali diocesani o di altre emittenti televisive locali che la stanno diffondendo: Buona Pasqua!

Permettete innanzitutto che il mio saluto e il mio augurio giungano a tutti i miei sacerdoti, consacrate e consacrati, diaconi, seminaristi e fedeli laici della mia Diocesi di Tivoli e di Palestrina! Buona Pasqua!

L’augurio desidera però fermarsi a riflettere sul Vangelo che la liturgia ci propone questa mattina.

L’evangelista Giovanni colloca l’inizio di una vita nuova che parte dalla Pasqua di Cristo nel “primo giorno della settimana”. Nel giorno uno. Quasi a ricordarci un altro giorno uno: quello dell’inizio della creazione, dove fu creato il mondo e l’universo come un giardino senza morte né peccato dove al centro fu messo da Dio l’uomo. L’uomo e la donna, in relazione tra loro e con Dio. Immersi in un mondo pieno di piante, fiori, acqua, prati, animali, luce … insomma una creazione immensa e meravigliosa a disposizione dell’uomo. Dell’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Un dono perduto, però, a causa dell’uso maldestro della libertà che Dio ha donato all’uomo creato a Sua immagine e somiglianza. Un dono perduto che lo fece cadere nel buio del peccato e della morte, nel buio del non amore, della divisione, della fatica del nostro terribile quotidiano.

In quel buio nel quale Gesù, il Figlio di Dio, si è voluto immergere profondamente, incarnandosi, facendosi buio con noi per rischiarare per sempre, però, quella notte con la sua Risurrezione, il suo passaggio dalla morte alla vita che noi oggi celebriamo quale centro di tutta la nostra fede.

Ebbene in un nuovo giorno uno della settimana, Maria di Magdala, mossa dall’amore va al sepolcro quando ancora era buio. Ci va ancora avvolta dal dolore per l’amico che è stato ucciso e frettolosamente deposto nel sepolcro. Un po’ come molti dei nostri amici in questo tempo di pandemia. Maria di Magdala va al sepolcro con un atteggiamento di amore umano per il suo amico perduto, un po’ come andiamo spesso noi ai cimiteri non per celebrare la Risurrezione ma per piangere gli amici, i parenti che sono morti. Andiamo con una mentalità un po’ da venerdì santo. Fa benissimo chi va a piangere i suoi cari e mi auguro che tutti coloro che non li hanno potuti accompagnare al sepolcro in queste settimane possano andare al più presto e personalmente a fare questo gesto di cristiana pietà, gesto personale, gesto intimo che può comprendere solo il cuore di chi ha conosciuto, di chi ha amato colui o colei che non sono più e che noi questa mattina, in punta di piedi, rispettosi dell’umano dolore dei loro congiunti e amici, affidiamo nella Santa Messa al Risorto per noi, per loro e per tutti. Ebbene, tornando al Vangelo, Maria di Magdala va … ma va al sepolcro con negli occhi ancora il crocifisso. Quella immagine alla quale anche la nostra fede, la nostra pietà popolare è tanto affezionata, forse più che a quella della Risurrezione … ed è comprensibile perché il crocifisso dice la nostra comune esperienza umana. Di tutti noi destinati alla morte, che con i nostri giudizi mettiamo sulla croce tanti fratelli e sorelle. Il crocifisso dice l’esperienza di fragilità, malattia, distruzione, pandemia che anche oggi sperimentiamo così da vicino, in misura massiccia e sconfortante …

Ebbene in questo nuovo giorno primo, nel buio della notte, della nostra tragica esperienza di vita che finisce e si corrompe, Maria di Magdala scopre il sepolcro vuoto. E, ancora nella notte, corre … come corriamo noi, ci affanniamo noi – comprensibilmente – davanti alle morti di questi giorni ma alla morte di tutti i giorni, comprensibilmente perché noi siamo fatti per la vita e la notte, il buio della non vita e addirittura della perdita anche di una tomba su cui piangere – ultimo gancio a cui affidare il nostro povero pensare umano – ci fa paura. Corre, non sopporta di stare ferma lì, non riesce a fare il passaggio alla fede. Va ad avvertire i discepoli. Non va a dar loro l’annuncio della Pasqua ma a fare ciò che anche in questi giorni, ripetutamente, fanno gli speaker dei nostri telegiornali quando comunicano i numeri dei morti: “hanno portato via il Signore e non sappiamo dove lo hanno posto!”.

E così Pietro e Giovanni, il discepolo amato, si mettono a correre anche loro. L’evangelista annota che Giovanni corse più forte di Pietro e arrivò per primo al sepolcro. Comprensibile anche questo perché sappiamo che gli innamorati non camminano soltanto per l’amato, non corrono soltanto ma … volano. Pietro arriva dopo. Pietro che rappresenta l’istituzione, il capo della comunità dei discepoli del Signore. Giovanni lo rispetta, lo attende, lo lascia entrare per primo nel sepolcro.

Entrato vede i teli posati nel sepolcro vuoto e il sudario che era sul suo volto, il volto di Dio che l’uomo cerca da sempre, avvolto in un luogo a parte. A quel punto entrò anche Giovanni che scrive che “vide e credette!”. Dante direbbe che chi gli fa vedere e credere è l’“intelletto d’amore” poiché chi ama e si sente amato comprende di più e meglio, comprende prima e più intensamente di chiunque altro.

Inizia da lì una storia nuova, una creazione nuova. Più tardi Gesù risorto apparirà a Maria di Magdala piangente vicino al sepolcro e le domanderà “Donna perché piangi?”. Sì, la sua prima parola di risorto, così come la sua ultima attenzione sulla croce è stata data a un povero malfattore, sarà per chi piange. E così anche lei con il cuore di vera amica comprenderà che è Lui, che è Gesù, che Lui amico dell’umanità è risorto e vivo, sì è risorto come aveva promesso!

Ripartirà la storia, il Risorto apparirà ai suoi che come Pietro, il povero Pietro, il Pietro che aveva rinnegato Gesù per tre volte quando c’era da schierarsi con Lui … inizierà come abbiamo ascoltato nella prima lettura ad essere un testimone fervoroso, intrepido, senza paura alcuna, della Risurrezione. Inizia ad espandersi una nuova creazione iniziata in quel mattino di Pasqua, profetizzata da tutti i profeti e da allora in poi chi crederà in Lui riceverà il perdono dei peccati e se terrà lo sguardo fisso a Lui, alle cose di lassù anche lui apparirà con Cristo nella gloria, anche lui, anche noi condivideremo la sua sorte di vita, di vittoria sulla morte, di risurrezione, di pasqua, di passaggio dal peccato alla grazia, dalla morte alla vita! Sì, la vita eterna!

In questi giorni di paura noi abbiamo tenuto e forse continueremo a tenere lo sguardo fisso alla croce, continueremo a piangere i nostri defunti, ma chiediamo oggi al Risorto di saper anche tenere costantemente lo sguardo del cuore, della mente, lo sguardo della fede su di Lui che la morte l’ha sconfitta per sempre! Certo la morte con tutta la sua esperienza drammatica di dolore, di distacco dagli affetti … ci ha sempre fatto paura e sempre ce lo farà … ma la nostra fede nel Risorto e eternamente vivo che assicura anche a noi la vita con Lui, deve prevalere!

Sì, cari amici, oggi non è giorno di pianto anche se purtroppo anche oggi molti soffrono, muoiono o moriranno … ma è giorno di gioia perché a quel gancio sicuro che è la Pasqua del Signore, che è la certezza della vita dopo la morte, possiamo e dobbiamo attaccarci più che mai. E con questa certezza solida siamo chiamati a continuare a passare attraverso i nostri giorni fatti di gioia e di dolore, di nascite e di lutti. Dobbiamo passare con lo Spirito Santo che il Risorto ci ha donato – primo frutto della sua Pasqua – per consolare chi piange, confortare e risollevare chi ha sbagliato, usare carità e misericordia verso tutti in attesa di ricevere anche noi il premio dell’eternità beata! Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina