Omelia alla Santa Messa del I Cammino Interdiocesano delle Confraternite

Palestrina, Cattedrale di Sant’Agapito Martire, Domenica 30 giugno 2024

Carissimi Confratelli e Consorelle partecipanti al I Cammino Interdiocesano delle Confraternite di Tivoli e di Palestrina!

Innanzitutto un rinnovato saluto a tutti voi, ai vostri sacerdoti, ai Priori e a tutti coloro che con il loro servizio e impegno hanno reso possibile questo Cammino nel 1750° anniversario del Martirio di Sant’Agapito al quale abbiamo dato per tema: “Sulle orme di Agapito, testimoni di Cristo!”.

Il Vangelo che la liturgia della presente domenica ci propone mi offre alcuni spunti per questa omelia.

Il brano evangelico odierno ci propone due storie incrociate. Nella prima c’è un padre, un uomo potente, Giairo, capo della Sinagoga, che sta vedendo la sua figlia di 12 anni morire. E nella seconda c’è una donna che da 12 anni soffre di emorragia.

Le due storie si intrecciano con una costante: il numero 12!

12 sono gli anni della figlioletta di Giairo che sta per morire. 12 per gli Ebrei erano gli anni in cui si iniziava a trattare per il matrimonio perché coincideva con l’inizio del periodo mestruale. A 12 anni si riteneva che iniziasse per tutte le ragazze la vita feconda.

12 sono poi gli anni in cui la donna del Vangelo sta soffrendo perché perde il sangue. Si tratta di una donna ferita nella sua fecondità e che non può diventare madre.

Il padre della figlioletta ammalata, come si è detto, era il Capo della Sinagoga ma nonostante il suo ruolo non può far nulla contro la morte ormai prossima della figlia. Anche se nella struttura religiosa ha un ruolo, il ruolo non lo salva…

La donna è distrutta più dalle cure mediche che dal male che umilia la donna mantenendola in stato di impurità rituale.

Disperati, passano a fatti concreti: il padre chiede a Gesù di imporre le mani alla figlia; la donna spera di riuscire a toccare le vesti di Gesù.

Imporre le mani: in realtà era il gesto tipico riservato ai padri. Giairo abdica alla sua paternità. Riconosce che non sa dare la vita a sua figlia e quindi supplica Gesù.

Toccare una donna in stato impuro era poi peccato. Ma questa donna vuole andare oltre le regole. Le cure mediche non avevano prodotto nulla, le avevano fatto soltanto più male e allora desidera attaccarsi a Gesù, fidarsi di Lui. E siccome sa che Lui non potrebbe prendere l’iniziativa, la prende lei…

In altre parole: la religione è inutile per Giairo e la sapienza umana dei medici ha fallito con questa donna.

C’è poi la folla: che non permette il contatto facile tra la donna e Gesù e prende in giro il povero Giairo. La folla cioè che rimane nella religiosità senza fede pensando che basti solo questa per ottenere la salvezza.

Chi ha compreso che invece occorre aver fede e rompere con gli schemi di una religiosità che non salva sono i due che soffrono: il papà della giovinetta e la donna che soffre di perdite di sangue.

Entrambi vanno oltre la folla – ossia la sapienza umana – e oltre la struttura religiosa.

E così ottengono salvezza: la donna tocca Gesù e da Gesù esce una energia risanatrice. La donna sapeva di essere in uno stato che per la sua religione voleva dire peccato. Non pretende che Gesù la tocchi ma con fede si avvicina Lei a Gesù per toccarlo e tra la folla ottiene la guarigione. Giairo, invece, fa entrare nella sua casa Gesù, riconosce che la sua religiosità e la sua paternità senza Gesù non serve, e Gesù dice alla ragazza: “Fanciulla io ti dico alzati!” e la risuscitò.

Cosa può voler dire questo Vangelo a noi?

Anche gli uomini e le donne delle Confraternite spesso sono gli uomini e le donne della religione, del si è sempre fatto così e sempre si dovrà fare così… e nello stesso tempo sono come la donna del Vangelo: si accorgono ogni giorno in più che si sta perdendo vita, numeri, adesioni…fede… In un contesto socio-culturale come è il nostro ormai la religiosità popolare senza formazione alla fede o il lasciarci trasportare dalla folla, dalle logiche del mondo, un mondo che ci dileggia e non ci comprende più, il rischio è la morte come era per la bambina e la donna del Vangelo.

Vorrei dunque che stamane le mie Confraternite sentissero come rivolto a loro il grido di Gesù: “Talitàkum” che significa “Fanciulla, io ti dico alzati!”.

Alzatevi, cioè da quel “si è sempre fatto così” che vi impedisce di uscire dalla consuetudine, dal vivere le tradizioni ma senza una apertura di fede, di fiducia verso Colui che solo può salvare e salva la vita.

Quale dunque il programma da assumere per ripartire:

  • Innanzitutto imparare a fidarci di più del Padre, ascoltandolo di più nella preghiera, nella lettura attenta della Parola di Dio, cedendo la tentazione di salvarci da soli per lasciarci salvare da Lui come ha fatto Giairo che ha rinunciato alla sua paternità affidando la figlia a Gesù.
  • Poi avere il coraggio di osare nell’avvicinarci a Gesù senza temere il giudizio della folla che vorrebbe tenerci lontani da Lui.

Temo infatti che ormai siamo divenuti decorativi. Cosa voglio dire: alla folla piacciamo perché coloriamo con i nostri sacchi e stendardi le strade, le processioni, i riti nei giorni di festa. Ma non perché riconoscono in noi gli uomini e le donne della fede, della carità, dell’attenzione agli altri… E così spesso anche appartenere alla Confraternita significa appartenere a un sodalizio che va bene alla folla ma perde di significato e di rilevanza.

Ed insieme a questo rischio c’è a lungo andare anche per noi quello di diventare “folla” che impedisce di far incontrare Cristo da chi vorrebbe toccarlo con fede, da chi vorrebbe essere salvato da Lui ma non vi riesce… pensate soltanto alle nostre chiusure verso chi non è dei nostri…

  • Rispondere con la vita all’invito di Gesù ad alzarsi! A ricominciare un cammino dove la formazione, la pratica della carità, la preghiera, l’ascolto personale e comunitario della Parola, la partecipazione ai sacramenti, ecc. divengono per noi il punto centrale del nostro cammino e servizio di fede.

Chiediamo dunque questo risveglio, questa nuova alzata dal letto di morte per noi e per tutte le Confraternite della nostra Diocesi. Chiediamo che i giovani che si accostano a noi siano accolti, sia data loro fiducia e trasmessa la fede!

Lo chiediamo per intercessione di Sant’Agapito. Di questo giovane prenestino che amando Gesù e fidandosi di Lui non temette le minacce, le persecuzioni, i leoni, il fuoco… le lusinghe del bel tempio… ma rimase fedele al Signore fino al martirio da parte di chi vedendo nel cristianesimo una minaccia per la religione di Stato condannò a morte il giovane Agapito che rese feconda, con il suo sangue, la nostra Chiesa.

Ci aiuti la sua intercessione ed il suo aiuto a fidarci di più del Signore che di noi e delle nostre prassi e dei nostri riti… e a essere così testimoni, direi testimoni svegli, sani e coraggiosi, testimoni capaci di andare contro corrente in questo mondo dove si vorrebbe soffocare la fede e vivere come se Dio non esistesse cedendo ad un’etica e a dei costumi anticristiani e antiumani, ci aiuti la sua intercessione ad essere testimoni della Pasqua di Cristo che tutto rinnova e fa rinascere. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina