Omelia alla Santa Messa del Mercoledì delle Ceneri

Tivoli, Basilica Cattedrale di San Lorenzo Martire, Mercoledì 26 febbraio 2020

Carissimi fratelli e sorelle,

con questa Santa Messa durante la quale ci saranno imposte le ceneri iniziamo il cammino quaresimale 2020 che ci condurrà alla celebrazione della Pasqua.

È un cammino di quaranta giorni – da cui Quaresima.

È un cammino che ha una méta: la Pasqua. È così immagine della nostra vita che è una serie di giorni, mesi e anni, uno dietro l’altro … di azioni, una dietro l’altra … che però necessitano di senso, di conoscere perché facciamo certe azioni e altre no, perché viviamo i nostri giorni e come li viviamo: in altre parole dobbiamo sapere che andiamo verso la Pasqua che è celebrazione del grande Mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù grazie al quale anche noi dopo la morte, battezzati in Cristo, avendo ricevuto lo Spirito Santo – ossia l’amore che c’è tra il Padre e il Figlio –, potendo ricevere e ricevendo ogni giorno – o almeno ogni domenica – l’Eucaristia, e il perdono dei peccati tramite il sacramento del “secondo battesimo” – la confessione – possiamo sperare di vivere per sempre. Di risorgere con Cristo – prima con l’anima e poi con il corpo – con il Signore che con la sua Pasqua ha vinto per sempre morte e peccato e con il dono del suo Spirito ha partecipato e partecipa a noi questa possibilità di vita eterna. Una possibilità certa per chi crederà in Lui, per chi tenterà di credere, ossia di ascoltare e praticare la Sua Parola e i suoi comandamenti.

Camminiamo verso questa mèta che è l’eternità lungo i giorni della vita come se fosse una grande processione, un grande pellegrinaggio … e quando si cammina in un pellegrinaggio, in una grande processione, cammina ciascuno di noi personalmente, con le proprie gambe: è dunque un cammino personale, che richiede la fatica delle mie gambe, che richiede che stia attento io e non gli altri innanzitutto a vedere dove metto i miei piedi per non cadere, per non inciampare.

Ma è un cammino che facciamo anche insieme. Come Chiesa, ossia come assemblea di chiamati da Dio ad andare verso di Lui mentre Lui, che è già risorto, ci viene incontro, ci dona il suo Spirito, il suo amore e il suo perdono, affinché lungo il cammino non ci stanchiamo. Un cammino – dicevo – che siamo chiamati a fare insieme! Dove ciascun cristiano deve prendersi cura del fratello o della sorella, dell’amico o dell’amica chiamato a camminare anche lui, con noi, verso il Signore.

Come in ogni cammino, infatti, si sperimenta la fatica personale e anche di gruppo ma insieme, come fratelli, con amicizia, dobbiamo aiutarci a stare in piedi, svegli, vigili per camminare verso la Pasqua. È un cammino che da oggi a quaranta giorni si chiama Quaresima ma che deve essere da noi compiuto ogni giorno vivendo con alcuni atteggiamenti che il Vangelo di stasera ci propone.

E gli atteggiamenti, le azioni della Quaresima, le raccomandazioni per il viaggio, sono tre pratiche ereditate dall’ebraismo: l’elemosina, la preghiera e il digiuno.

Azioni che potremmo fare o soltanto perché si devono fare o per sentirci dire bravi dagli altri o per far avere a chi ci vede una buona immagine di noi. Pensate a chi, ad esempio, in un cammino, in un pellegrinaggio offre il suo pane a chi non ha portato nulla da mangiare. Se lo fa per condividere ciò che ha con il fratello è un bel segno, soprattutto se non sventola davanti a tutti l’opera che ha compiuto … ma se lo fa perché chi lo vede e dica: che brava persona! Non lo sta facendo né per il fratello che apparentemente vorrebbe aiutare, né tanto meno per Dio. Sì, perché infatti, l’elemosina, la preghiera e il digiuno non dobbiamo farli per noi, per autogratificarci, per apparire bravi cristiani, ma per Dio. Unicamente per Lui. E quindi i nostri gesti diverranno automaticamente utili anche ai fratelli che sono in cordata con noi verso Dio. Anzi, assumeranno una valenza ancor più grande. Infatti se pregheremo gli uni per gli altri e per le necessità del mondo oltre che per noi, ossia se cercheremo un rapporto con Dio, un tempo prolungato con Lui, se in questo cammino della vita ascolteremo la Parola di Dio cercando di metterla in pratica, se guarderemo e adoreremo Lui presente nell’Eucaristia, se lo celebreremo non per dovere ma come risposta di amore a Colui che ci ama tanto e ha dato la sua vita sulla croce per noi, anche chi ci guarderà ci scoprirà attraenti e forse si unirà a noi nell’andare verso e dietro a Gesù.

Lo stesso dicasi per l’elemosina. Se la facciamo per essere visti dagli altri, perché mettano una targa a ricordo di quanto abbiamo fatto di bene, perché gli altri parlino bene di noi perché da noi hanno ricevuto un aiuto …: non lo facciamo per Dio e quindi perdiamo il merito davanti a Lui ma anche davanti a chi guarda a noi cristiani. Noi invece dobbiamo fare il bene, dobbiamo fare l’elemosina ai poveri ma senza che nessuno se ne accorga se non il povero che riceve aiuto. Senza cercare il grazie che ci fa gonfiare di orgoglio, ci pone nella tentazione di dire sono migliore degli altri … Quando Gesù operava miracoli e guarigioni, soprattutto nel Vangelo di Marco, troviamo che raccomandava a chi riceveva dei benefici di non dirlo a nessuno! Erano segreti in vista della manifestazione piena del Suo Amore che si sarebbe rivelato soltanto sulla croce quando avrebbe compiuto il più grande atto di amore: un Dio che dà la vita per noi! E davanti a questo unico grande Amore che è il credo del cristiano, davanti a questo unico grande Amore per il quale, come risposta, il cristiano compie qualche piccolo gesto di bene, anche chi è lontano, il Centurione romano dirà: “veramente quest’uomo era il Figlio di Dio!”.

In altre parole: in Quaresima siamo invitati a pregare di più e meglio, a fare le elemosine, e anche a fare digiuno, ossia togliere dalla nostra vita qualcosa che ci impedisce di dare spazio a Dio: il cibo che possiamo donare a chi non lo ha, il cibo che non mangiamo per pregare al posto del tempo che dedichiamo al pranzo o alla cena, ma digiuno che vuol dire anche togliere altre cose che ci impediscono di dare tempo a Dio: penso all’uso del telefonino, al tempo che sprechiamo sui media, per i nostri divertimenti, in chiacchiere a volte anche maligne o calunniose, di critica e non certo per edificare, o di pura curiosità per sapere le cose … Se digiuneremo da tutto questo e daremo più attenzione agli altri – specialmente se poveri – e a Dio, allora senza metterci in mostra per sentirci bravi noi, per sentirci sotto sotto migliori degli altri, allora chi ci incontrerà sarà attratto da cristiani e comunità che pregano il loro Dio, che in nome del loro Dio aiutano chi è povero senza mettersi in mostra, che in nome di Dio sanno privarsi di qualcosa di proprio per dare maggiormente spazio a Dio e al prossimo.

Ecco la Quaresima è questo cammino. Un cammino, che come dicevo dovrà continuare sempre, per tutta la vita. Senza pensare al giudizio degli altri per ciò che facciamo o meno, se siamo approvati o meno e via dicendo. Gesù, verso chi prega, pratica l’elemosina, digiuna solo per essere ammirato dagli uomini, lo dice chiaro: “Ha già ricevuto la sua ricompensa”, ha già ricevuto l’applauso del momento che però è un applauso fragile, che può essere ritirato in ogni momento, che può anche cambiarsi in critica in ogni momento. (Certamente oggi se uno prega non è molto elogiato … e così anche chi fa l’elemosina o digiuna … dai mezzi di comunicazione, ad esempio …).

Sarà dunque un cammino dove l’elemosina si dovrà fare guardando al povero e non alla propria mano che dona; la preghiera con gli occhi rivolti a Dio e non a sé; il digiuno pensando a Colui per il quale lo pratichiamo e non alla propria privazione. L’elemosina infatti non è privarsi dei nostri soldi, ma arricchirsi attraverso la condivisione, farli fruttare investendoli. La preghiera non è sprecare tempo ma vivere il tempo come dono, inserirsi nel tempo dilatato e gratuito di Dio. Il digiuno non è punizione del corpo, ma ricerca del cibo che ci nutra in maniera più profonda. E in tutti i tre casi non saranno pratiche per rinchiuderci su noi stessi ma per aprirci alla relazione con Dio, immergerci nel flusso amoroso, caldo, accogliente della sua Vita immortale. E questo ci è reso possibile perché Dio ci ama sempre ed incondizionatamente, accettandoci come siamo perché grazie al Suo amore ci convertiamo, cambiamo strade se ci accorgessimo che le nostre strade non conducono a Lui.

In questo cammino, dicevo, non siamo soli. Ci sono i nostri fratelli e sorelle di fede. Ma – li abbiamo invocati all’inizio della celebrazione – ci sono anche i Santi, uomini e donne che ce l’hanno messa tutta a vivere la vita come cammino verso la Pasqua e con la Pasqua nel cuore.

Ora, prima di intraprendere questo cammino, le nostre teste saranno cosparse di cenere. Mentre le ceneri saranno imposte sui nostri capi la liturgia suggerisce due frasi che si possono dire in alternativa:

“Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai”. Adamo, il primo uomo, era polvere che Dio ha messo insieme, impastato con la sua saliva e con il soffio del suo Spirito l’ha reso un vivente. Ma occorre ricordarsi che questa vita è transitoria e se non ci lasciamo continuamente plasmare dal soffio dello Spirito di Dio frutto della Pasqua siamo polvere e torneremo polvere …

E ancora: “Convertitevi e credete al Vangelo”. Cioè in questo cammino quaresimale, nella vita che spesso ci distrae dalla méta del nostro pellegrinaggio, da quel Dio che ci ama tanto e sempre, Gesù ci esorta a cambiare strada, a tornare sulla strada giusta, a fare retromarcia, a convertirci e credere – ossia a praticare mettendocela tutta – il Vangelo!

È quanto ci auguriamo a vicenda all’inizio di questo cammino! È quanto preghiamo perché accada veramente per ciascuno di noi e per tutti i cristiani sparsi nel mondo intero. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina