Tivoli, Santuario di N.S.di Fatima in San Vittorino Romano
Carissimi presbiteri di Tivoli e di Palestrina,
ancora nel clima gioioso della Pentecoste, sotto lo sguardo di Maria che ieri abbiamo ricordato con il bel titolo di Madre della Chiesa, ci troviamo insieme, per la prima volta dopo che, per volontà del Santo Padre, le nostre Diocesi di Tivoli e di Palestrina sono state unite in persona episcopi il 19 febbraio scorso.
Una unione che ci ricorda – così come ha detto a noi Vescovi Italiani il Nunzio Apostolico in Italia in occasione della recente Assemblea della CEI – che «le istituzioni ecclesiali esistono in funzione della missione, – e – allora è per noi un dovere riformare e rinnovare anche quelle più venerabili ed attualizzare la metodologia e la prassi missionaria… – liberandoci – dal comodo “si è sempre fatto così”, per riprendere il cammino della Chiesa apostolica, la quale, dal momento cruciale di scegliere tra il passato e la novità della fede in Cristo, ha deciso di non sovraccaricare i neoconvertiti con antiche pratiche e costumi, perché così “è sembrato bene, cioè, allo Spirito Santo e a (loro)” (Atti 15,19-34)». Facendo seguito a queste parole, il Nunzio Apostolico aggiungeva: «Per dare un nuovo impeto all’evangelizzazione e per unire le forze vive di un territorio specifico, sarà anche necessario prevedere l’accorpamento di alcune diocesi… con l’unione in “persona episcopi”. E’ questo – aggiungeva – il progetto approvato dal Santo Padre per le future unioni tra Diocesi – e proseguiva: -… In tal senso sono in corso alcune esperienze riguardanti le comunità diocesane di Cuneo e Fossano, di Tivoli e di Palestrina, di Alife-Caiazzo e Sessa Aurunca, di Ales Terralba e Oristano. Ai Vescovi – aggiungeva ancora – spetta di aiutare sacerdoti e operatori pastorali ad accogliere tale sfida evangelica, vincendo pregiudizi e resistenze varie, per aprirsi a una visione più dinamica e missionaria del loro ministero».
Per quanto ci riguarda il cammino, di fatto, è già iniziato da un po’ di tempo, a piccoli passi nemmeno cercati, nati quasi spontaneamente, per necessità… essi ci spingono a metterci continuamente all’ascolto dello Spirito Santo per intendere ogni giorno e meglio ciò che Egli ci chiede in questo momento della nostra storia, minacciata dall’insorgere di nuovi sovranismi, nazionalismi e autonomie locali, i quali spesso rivelano egoismi interessati che isolano, dividono ed infine impoveriscono le comunità.
Come primo atto di questo cammino insieme ho pertanto ascoltato il consiglio venutomi da alcuni di voi e deciso di iniziare con la celebrazione dell’Eucaristia che è presenza salvifica di Cristo morto e risorto in mezzo al suo popolo. L’Eucaristia nella quale il Risorto ha voluto rimanere tra noi in modo speciale affinchè la Chiesa si lasci edificare dall’Eucaristia e viva la comunione. Nell’udienza generale del 4 aprile 2018 Papa Francesco, rifacendosi ai Padri della Chiesa e agli insegnamenti conciliari e magisteriali anche degli ultimi Papi diceva: «L’Eucaristia fa la Chiesa. Ci unisce tutti» ed aggiungeva: «il regolare accostarci al convito eucaristico rinnova, fortifica e approfondisce il legame con la comunità cristiana a cui apparteniamo» ed oggi, aggiungerei, anche a questo nuovo presbiterio che siamo chiamati a costituire progressivamente, con una formazione comune, con celebrazioni liturgiche vissute insieme al nostro popolo, con la progressiva disponibilità ad una mobilità da una Diocesi all’altra affinchè insieme viviamo i frutti dell’Eucaristia che – come diceva il Papa sempre in quell’udienza – ci «impegna nei confronti degli altri, specialmente dei poveri, educandoci a passare dalla carne di Cristo alla carne dei fratelli, in cui Egli attende di essere da noi riconosciuto, servito, onorato, amato».
Questa Eucaristia si celebra poi nel giorno in cui la Chiesa fa memoria di un Apostolo: San Barnaba e la liturgia ci aiuta ad accogliere alcune provocazioni e stimoli per il cammino che ci attende.
Innanzitutto, come già accennavo, siamo chiamati alla missione! Il Vangelo odierno ci propone lo stile del missionario che è lo stile stesso di Gesù. Gesù nel Vangelo ci chiede di essere poveri. Poveri di quella povertà evangelica che non vuol dire ristrettezza ma aperti e fiduciosi verso di Lui – unica ricchezza per cui vale la pena spendere la vita -, liberi, generosi verso i nostri fratelli e sorelle per donare generosamente a tutti quanto gratuitamente abbiamo ricevuto: l’Amore incondizionato di Gesù, la sua Misericordia e il Suo perdono, la certezza della Vita eterna!
Sì, insieme partiamo con questo programma di vita e di missione: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».
Un programma che Barnaba ha vissuto per primo. Negli Atti degli Apostoli si racconta che Barnaba era padrone di un campo che vendette per darne il ricavato agli Apostoli mettendo così in pratica alla lettera quanto Gesù aveva chiesto al giovane ricco: «Va, vedi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». E’ un grande atto di fiducia in Dio che Barnaba ci insegna e che dobbiamo impegnarci insieme a far nostro e praticare. Il distacco dai beni e da tutto ciò che è “nostro” a partire dai pregiudizi, le precomprensioni, le diffidenze reciproche, le critiche spesso non giustificate… occorre distaccarci da esse per aprirci con maggiore fiducia agli altri. Certamente nella vita di Barnaba si parlava di un campo che vendette ed anche questa dimensione del distacco dai beni materiali occorre sia una dimensione non soltanto predicata ma vissuta per evitare che tutte le belle parole che diciamo perdano di credibilità ma nello stesso tempo occorre staccarci da tutto ciò che ci impedisce di aprirci agli altri, di dar loro fiducia per un vero e proprio camminare insieme nella Chiesa e con la Chiesa con uno stile nuovo, comunionale, sinodale, aperto soltanto alla guida dello Spirito che ci parla attraverso la Parola di Dio ed il Magistero della Chiesa ma anche nei fratelli e sorelle che incontriamo e che dobbiamo accogliere, ascoltare, saper leggere in quanto ci dicono ciò che lo Spirito vuol dire alle Chiese di Tivoli e di Palestrina…
Nella prima lettura è stato bello ascoltare come quando Barnaba giunse ad Antiochia e incontrò questo folto gruppo di “pagani” da poco convertitisi al Vangelo non si angustiò più di tanto, non si preoccupò del fatto che non fossero circoncisi come i cristiani provenienti dal giudaismo ma, vedendo la grazia di Dio “si rallegrò”.
Ciò che importava a Barnaba non era che si rimanesse fedeli ed osservanti di leggi e prescrizioni minuziose ma che ci si aprisse al Vangelo e da uomo “virtuoso, pieno di Spirito Santo e di fede” esortò tutti a fare ciò che è essenziale: “a restare, con cuore risoluto, fedeli al Signore”.
Cari amici vorrei tanto che questa mattina ci domandassimo: è anche per noi, questo, il primo interesse? E’ anche per noi la prima preoccupazione? Ossia che tutti rimangano fedeli al Signore? Che tutti aderiscano a Lui, al suo Vangelo di salvezza, al suo Amore? In questo cammino nuovo che iniziamo insieme – quasi una rifondazione della nostra Chiesa – desidererei tanto che l’unica preoccupazione che anima il nostro fare, il nostro predicare, il nostro celebrare, la nostra carità non sia tanto quella di gratificare noi stessi o di fare quelle cose che abbiamo sempre fatto perché si devono fare, perché c’è ancora qualcuno che ce le chiede… ma che tutto fosse sempre animato dal desiderio missionario che il maggior numero di uomini e donne, giovani e ragazze, famiglie, soli, anziani o fanciulli… tutti conoscano il Signore e rimangano fedeli a Lui! Se il nostro apostolato avrà come scopo comune questo desiderio che è per noi risposta alla fedeltà di Dio verso di noi, allora come fu per Barnaba anche per noi ci sarà la gioia di vedere che “una folla considerevole fu aggiunta al Signore”.
Ma c’è un altro aspetto della generosità di Barnaba sul quale vorrei riflettessimo in questo giorno. Barnaba è generoso anche nell’apostolato. Aveva raggiunto successi apostolici, poteva chiederne il monopolio un po’ come quando dopo anni di lavoro fruttuoso in una comunità non vorremmo più staccarcene impedendo alla Chiesa locale di crescere. O, ancora, come quando pensiamo che soltanto noi abbiamo la ricetta magica per un fruttuoso apostolato e nessun altro laico, laica, religiosa, prete, ecc. possa fare meglio di noi… non permettiamo a nessuno di affiancarsi a noi, di assumersi le responsabilità derivanti a tutti dal Battesimo che chiama a vivere il sacerdozio comune dei fedeli e spesso anche a superarci in dedizione, in capacità di attrarre con la vita al Vangelo e alla fede. Ebbene Barnaba ebbe il coraggio di lasciare il suo terreno di apostolato fecondo e gratificante, andò a Tarso per cercare Saulo e dopo averlo trovato, lo condusse ad Antiochia. E quando Paolo diventò più grande di lui, più importante nella Chiesa, superò Barnaba nell’apostolato fra i pagani… non si lasciò prendere da invidie e gelosie ma “vide la grazia di Dio e si rallegrò!”.
Barnaba allora non si fermò all’incoraggiamento che l’apostolo – come noi – ha dato e può dare agli altri ma mettendosi a completa disposizione del Signore decise di servire Lui solo senza se e senza ma, senza attraccarsi a luoghi e situazioni, ma affidandosi unicamente allo Spirito Santo che per questo poté riservarlo per sé per una missione più universale, l’evangelizzazione di tutte le nazioni, come vuole riservare noi per una missione sempre più ampia non soltanto di territori e di persone che li abitano ma di cuori da incontrare e da far incontrare con l’Unico che desideriamo servire, che ci ha chiamati all’apostolato non per attaccare gli altri a noi e alle nostre consuetudini pastorali ma a Lui e a quella “fantasia di Dio” che è lo Spirito Santo: artefice di tutta la vita e l’azione apostolica della Chiesa.
In questa Messa chiediamo dunque per tutti noi la povertà del cuore che contraddistinse Barnaba e che deve essere il segno per riconoscere ogni verso discepolo-missionario di Gesù; chiediamo tanta fiducia in Dio e generosità nel porci al servizio suo e del suo popolo che ora è più numeroso non soltanto per me ma per noi tutti. Chiediamo al Signore che riempia i nostri cuori di gioia come fu per Barnaba, ci renda cioè persone ricche di benevolenza, disponibilità, capacità di incoraggiare sempre gli altri a partire dai confratelli, dai vicini e fino a chi apparentemente è lontano ma desidera incontrare – forse anche tramite noi – il Risorto!
Ci avviciniamo ora all’altare. Cristo si farà ancora presente, grazie al nostro ministero, nell’Eucaristia che ci fa Chiesa, che ci unisce fra noi e ci riempie, come vasi di creta, del suo Amore infinito affinchè camminiamo nel mondo pieni di speranza e di gioia anche se tra le prove del ministero, fino al giorno in cui, in paradiso, gusteremo pienamente la beatitudine del banchetto di nozze dell’Agnello e ci sentiremo invitare a tale banchetto dal Signore Gesù di cui siamo stati discepoli, apostoli, testimoni poveri e fedeli. Amen.