Omelia alla Santa Messa della Domenica delle Palme 2023

Tivoli, Cattedrale di San Lorenzo Martire, Domenica 2 aprile 2023

Con questa celebrazione entriamo nella Settimana più importante dell’anno liturgico: la Settimana Santa!

In questa Settimana tutta la liturgia si concentrerà sull’ultima settimana della vita di Gesù.

Se il Vangelo, ogni domenica, si è fermato su un episodio della vita di Gesù, passando di domenica in domenica su passi diversi, da oggi a domenica prossima seguiremo quasi ora per ora, l’ultima settimana della vita di Gesù: dall’entrata in Gerusalemme alla corsa della Maddalena il mattino di Pasqua.

È interessante vedere come la settimana del dolore – oggi stiamo celebrando la Messa nella Passione del Signore, nei prossimi giorni ci soffermeremo sulla decisione dei capi dei sacerdoti di uccidere Gesù, poi sul tradimento di Giuda, poi sulla lavanda dei piedi e sulla consegna del pane e del vino segni sacramentali del corpo e sangue di Gesù durante l’Ultima cena profezia della consegna reale del suo Corpo e del suo Sangue sulla croce nel primo Venerdì Santo della Storia; sulla morte in croce e la deposizione nel sepolcro – sia tale settimana però preceduta e si concluda con due Vangeli di festa quello dell’entrata in Gerusalemme e quello dell’entrata di Gesù nella vita risorta dove condurrà anche tutti noi.

“Benedetto colui che viene!”. È la prima frase che introduce questa Settimana. Lo abbiamo ripetuto durante la processione delle palme che precede questa Messa. “Benedetto colui che viene!”. È uno dei nomi più belli di Dio. Dio che viene nella mia città, nella mia vita personale e comunitaria, nel luogo dove vivo, studio, lavoro, gioisco e soffro. Viene nel luogo da dove a volte scappo e a volte faccio ritorno. Viene nel mio cuore e nella mia vita. E viene per tutti!

Viene per tutti! La Domenica delle Palme si sente quasi nell’aria che l’entrata di Dio nella storia dell’uomo è per tutti! Sì perché Dio nel suo amore viene ad abitare a casa di tutti. Per Gesù, il Figlio del Padre, non ci sono città o situazioni inabitabili. Vi ricordate Zaccheo? Era pubblicano, ricco, eppure Gesù desidera fermarsi anche a casa sua e questa fermata, questo venire di Gesù, del suo amore e della sua Misericordia nella vita del peccatore Zaccheo fa cambiare modo di vivere a Zaccheo stesso.

Ebbene Gesù viene. Era venuto nella carne facendosi uno di noi nella mangiatoia. Viene ora nella città santa come re senza armi e che cavalca un’asina. Viene per salire sulla croce e risuscitare nella notte di Pasqua dopo aver dato se stesso nel pane e nel vino ed identificandosi con il servo sofferente di Dio.

E perché – domandiamoci – viene a noi salendo sulla croce prima di risuscitare il mattino di Pasqua? Perché attraversa la sofferenza dopo gli osanna che lo acclamavano re a Gerusalemme e prima della Risurrezione, ossia la sua vittoria sulla morte?

Perché desidera essere con me e come me affinché io, noi, possiamo essere con Lui e come Lui.

Vedete, noi uomini e donne di oggi, ma anche di ogni epoca umana, siamo “in croce”. Quante sofferenze anche oggi: guerre, distruzioni climatiche, perdita di senso nella vita, tradimenti, divisioni nelle famiglie, nella società, anche nella Chiesa … Piccole o grandi guerre tra noi e anche in noi: quanta depressione affligge oggi l’umanità? Quanta sofferenza per tante morti di persone care, di persone giuste, di innocenti …

Ebbene se l’amore ha come per primo dovere quello di stare vicino a chi si ama come fa ad esempio una mamma quando suo figlio sta male. Come fa una mamma che se ha un figlio che soffre vorrebbe prendere su di sé il male del figlio. Vorrebbe soffrire e addirittura morire lei al posto del figlio. Comprendiamo allora perché Gesù viene nella nostra storia e nonostante sia Dio accetta la croce e sale su di essa. Gesù, vero uomo e vero Dio, sale sulla croce e accetta di morire per recarsi così accanto a ciascuno di noi che è destinato alla sofferenza e alla morte, per portarci fuori dalla morte!

La croce è un abisso nel quale Gesù si immerge in un rapporto di amore profondo con noi per farci riemergere con Lui alla vita.

In questa Settimana, riflettendo sul Vangelo che abbiamo ascoltato stamane, pensiamoci seriamente: Gesù è Dio che mi lava i piedi ma non gli basta … mi dà il suo corpo da mangiare ma non gli basta … pende nudo e disonorato dalla croce. E sulla croce, a braccia aperte, ci grida che ci ama, chiede al Padre che ci perdoni se con i nostri peccati e le nostre scelte contro Dio contribuiamo a metterlo in croce e ci mettiamo in croce anche noi ogni giorno.

Sì, dall’alto della croce, anziché condannarci, ci dice “Ti amo!”, “Vi amo!”.

E questo racconto di dolore e di amore. Di amore tradito e di amore riaffermato. Lo sentiremo narrare due volte: oggi e poi Venerdì. Due volte perché non dovremmo mai stancarci di leggere e rileggere, ascoltare e riascoltare ciò che tocca nel profondo ogni vita: l’amore e il dolore. Il linguaggio che l’uomo sperimenta è questo: l’amore e il dolore, il dolore e l’amore. Tutta la nostra vita si svolge tra queste due esperienze.

Benedetto allora colui che viene perché viene a morire per noi per amore!

E chi lo ha compreso per primo è stato un pagano – il Centurione romano – come a dirci che tutti possiamo comprendere davanti alla croce chi è Gesù. Il Centurione era un pagano. Non era un discepolo di Gesù. Non comprende Gesù dalla luce che sfolgora dal sepolcro che si apre, ma dentro al buio del Venerdì santo.

Il Centurione era un esperto di morti. Chissà quanti condannati a morte avrà visto. Ma davanti a Gesù che muore per amore, che muore amando, perdonando, rimettendosi con obbedienza alla volontà d’amore del Padre con il quale Lui è una cosa sola e che desidera che tutti tornino a Lui, dice: “Davvero costui era Figlio di Dio!”.

La morte di Gesù è così rivelazione. È manifestazione di chi è Dio. Morire d’amore è cosa da Dio!

E intorno alla croce c’erano molte donne che stavano a osservare da lontano.

Che guardavano Gesù con lo stesso sguardo di amore e di dolore che Dio ha sul mondo.

Ebbene da quello sguardo di amore nasce la Chiesa.

Il Cardinale Martini scrisse: “La Chiesa nasce dalla contemplazione del volto del Dio crocifisso”.

Cari amici, in questi giorni cerchiamo di contemplare il volto del Dio crocifisso così. Contempliamo l’amore di Dio per noi e per il mondo. L’amore che Lui mostra facendosi solidale con noi: “Benedetto colui che viene!” che viene per solidarizzare con le mie sofferenze, le mie esperienze di morte, con le sofferenze dei tanti uomini e donne che anche oggi come Cristo portano croci di ogni genere.

Come le donne del Vangelo impegniamoci a portare loro conforto, aiuto, solidarietà, consolazione, amore, speranza!

E nella speranza e nella gioia ricordiamo a noi stessi e mostriamo a tutti ciò che celebreremo tra una settimana: che quel Dio che si è fatto solidale con le mie croci, con le croci della terra fino a morire come muore ciascuno di noi, è risorto! Ha vinto la morte per sempre, sconfigge il peccato degli uomini amando ed insegnandoci ad amare come Lui ha amato e dandoci la forza di amare che viene dalla sua Pasqua. Che alla fine di questa Settimana ci sia concesso di ripetere “grazie Signore per essere entrato nella mia storia, nella mia vita e solidale con la mia esperienza di croce e di morte mi hai amato e mi ami fino a farmi giungere con Te nella gloria”.

Che la speranza di raggiungere questa gloria – la gloria della vita eterna dopo la morte e della vita lontana dal peccato adesso – gloria che con il Battesimo è per noi possibilità reale ci guidi sempre. Ci guidi in questa Settimana e ci guidi in ogni momento della nostra esistenza, della nostra vita che è vita amata da Colui che accogliamo in noi ripetendo: “Benedetto colui che viene!”. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina