Tivoli, Basilica Cattedrale di San Lorenzo Martire, Domenica 28 marzo 2021
Carissimi fratelli e sorelle,
con la celebrazione odierna entriamo nella Settimana Santa che culminerà con il grande Triduo Pasquale dove celebreremo in tre giorni – come se fossero uno – la passione, morte e risurrezione di Gesù.
In questa domenica ci è stato presentato il racconto della passione e morte di Gesù secondo l’evangelista Marco. Un Vangelo che offre alla nostra riflessione e preghiera tutti quegli elementi su cui si fonda la nostra fede, su cui si fonda il cristianesimo. Eventi davanti ai quali fermarci, fare silenzio in noi stessi, comprendere sempre da che parte stiamo poiché in ciascuno di essi si contrappongono luci e ombre e noi che viviamo sempre la tentazione di lasciarci vincere dalle tenebre del peccato, della sfiducia, della morte … dobbiamo scegliere se stare dalla parte della luce – ossia di Gesù, il Figlio di Dio, fatto uomo come noi e per noi – oppure dalla parte delle tenebre.
Ma cerchiamo di sottolineare questi chiaroscuri, questi paradossi, con i quali Marco ci stimola a fare una scelta. Scelta che rinnoveremo anche quest’anno al termine del Triduo Santo, nella grande Veglia Pasquale, insieme a quanti riceveranno il Battesimo dicendo no al peccato e sì alla vita in Cristo, no alla logica delle tenebre per vivere orientati verso la Luce perfetta, che non tramonta mai, nemmeno quando i tempi sono bui come i nostri … ma che rimane ferma affinché se ci poniamo in obbedienza a Dio, come Gesù fu obbediente al Padre, essa possa risplendere anche su di noi, in noi e – anche tramite noi – nel mondo.
Venendo al racconto della Passione secondo Marco, esso inizia con i capi del popolo che vogliono catturare Gesù. E Lui invece si dona, come anticipatamente profetizzato dalla donna di Betania, quando rompe il vaso di alabastro e ne fuoriesce il profumo che riempie del suo aroma tutta la casa di Simone il lebbroso. Pensate a quale tanfo poteva esserci nella casa di un lebbroso, un tanfo che ci richiama alla nostra situazione quando siamo senza Dio e odoriamo di morte. Il profumo buonissimo e costoso che la donna sparge sul capo di Gesù riempie la casa di un aroma inebriante che contrasta con l’odore nauseabondo che probabilmente impregnava la dimora del lebbroso.
Ma i contrasti continuano: subito dopo quel gesto profetico della donna di Betania, Giuda si accorda su come tradire e consegnare Gesù a chi lo cercava per uccidere e Gesù, invece, manda i suoi a preparare la stanza dove mangiare la Pasqua e consumare la consegna del proprio corpo.
Durante la cena, poi, Gesù annuncia che uno dei suoi lo tradirà. E come risposta si dà come pane e si versa come vino.
Stiamo entrando nella parte più dura e contrastante del Vangelo. Si usa il verbo “tradire”, in latino “tradere” che si traduce come “consegnare”. Ebbene, mentre Giuda cercherà di consegnare Gesù agli uomini affinché lo catturino per eliminarlo, dall’altra parte Gesù sovranamente si consegna come offerta incondizionata, obbediente a Dio per il bene degli uomini che lo tradiscono, per amore dei suoi di ieri e di oggi, sì anche di noi che ogni giorno lo tradiamo con i nostri egoismi, peccati, mancanze di testimonianza cristiana, di ascolto di Lui e delle necessità dei fratelli … È un primo contrasto davanti al quale dobbiamo chiederci da che parte stiamo: se siamo tra coloro che consegnano Gesù agli uomini tradendolo o se accogliamo il suo dono di amore, il dono che ci fa di se stesso, per poi amare come ha amato Lui, consegnandoci alla volontà del Padre e al mondo con Lui e come Lui per consegnarlo al mondo con la nostra fede e testimonianza cristiana.
Vedete, in questo Vangelo, là dove si compie il massimo male si compie simultaneamente il massimo bene. Tradimento e amore donato sono come un chiaroscuro della stessa realtà: a noi scegliere se stare al chiaro o preferire lo scuro …
C’è poi un secondo chiaroscuro che riguarda il rinnegamento dei discepoli e la fedeltà da parte di Dio.
Al termine della cena, Gesù annuncia che i suoi lo avrebbero rinnegato. Ma subito dopo, nel Getsemani, Gesù si abbandona alla volontà del Padre: “Ciò che vuoi Tu” (14,36). Al rinnegamento da parte degli uomini, corrisponde l’obbedienza al Padre da parte di Gesù.
Il tradimento di Pietro è camuffato in maniera grottesca nel bacio di Giuda: il bacio, il gesto supremo dell’amore, è utilizzato per compiere il massimo del male. Gesù è catturato e processato … e dall’altra parte Gesù non rinnega la sua identità di essere il Cristo, il Figlio di Dio, del Benedetto … e risponde a chi lo interroga: “Io lo sono” (14,62).
Il rinnegamento di Pietro continua fino alla sua consumazione piena: “Non conosco quest’uomo …” (14,71). Gli uomini rinnegano il proprio Creatore, il loro Padre; Gesù invece riconosce Dio come Padre e se stesso come Figlio.
È la storia di sempre … È la radice del peccato. Il non riconoscere Dio come Dio da parte nostra, da parte degli uomini … davanti alla quale Gesù ribadisce che Dio è nostro Padre e Creatore e noi, figli nel Figlio, fratelli tra noi. Tanto più fratelli, quanto più riusciremo a riconoscerci figli dell’unico Padre, dell’unico Dio che è nei Cieli e a guardarci diversamente tra noi, con occhi buoni, pieni di perdono, compassione, carità.
Da qui in poi, dopo il rinnegamento di Pietro, Gesù tacerà. Il Vangelo ci concede uno spazio di silenzio che vorrei tanto che sfruttassimo in questi giorni e nella vita per riconoscerlo quale Signore e da Lui, imparare a consegnarci al Padre e alla Sua volontà come Gesù si è lasciato consegnare nelle mani di chi dopo averlo acclamato lo ha condotto alla croce. Imparare da Gesù il suo atteggiamento di agnello mansueto.
E arriviamo così al culmine del Vangelo ascoltato stamane. Gesù viene intronizzato quale re dei Giudei sulla croce. Di fronte a Pilato, il popolo che aveva acclamato Gesù quando pensava che fosse il Messia atteso ma inteso con i criteri che la gente spesso anche oggi dà a Dio: criteri di potere, di forza, ecc. ora vedendo che il suo potere non è di questo mondo, che non entra nei loro schemi umani anche quando caso mai pensano a Dio … gridano: “Crocifiggilo!”, come a dire: di un Dio così, non abbiamo bisogno. Non è il Messia che cerchiamo …
I soldati, una volta condannato, riconoscono Gesù come re ma per burla: “Salve, re dei Giudei” (15,18). E anche i passanti sotto la croce e i crocifissi con Lui lo prendono in giro: se è re, perché non salva se stesso?
E così, Gesù, abbandonato da tutti muore sulla croce.
Ma lì, proprio vedendolo morire così, vedendolo morire in obbedienza al Padre e per amore, il centurione romano, un pagano, un uomo d’armi che chissà a quante esecuzioni aveva assistito, esclama: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!” (15,39).
Ecco l’ultimo paradosso, l’ultimo chiaroscuro del Vangelo di Marco: mentre Gesù muore, mentre appare umanamente un fallito; viene riconosciuto Re!
Re che non schiaccia ma che si lascia schiacciare dal male prendendolo tutto su di sé.
In fondo, cari amici, non è il re che tutti vorremmo? Eppure lo abbiamo ma lo trascuriamo preferendo seguire i re mondani che non prendono le nostre colpe e le nostre pene e angosce su di loro ma ci schiacciano e sfruttano anche se siamo innocenti e senza colpe particolari …
Gesù incoronato di spine, inchiodato alla croce, possiamo dire allora che è la tragica immagine dell’uomo: è la maschera dei re umani, di ogni uomo che volendo salvare la propria vita la perde, volendo dominare si fa schiavo, volendo condannare gli altri giudica se stesso.
Il Vangelo si chiude con la sera che scende: inizia il riposo del sabato. Le donne osservano da lontano quel corpo privo di vita; Giuseppe d’Arimatea lo prende e lo chiude in un sepolcro. Il corpo del Dio fattosi uomo e offertosi come pane è nascosto sotto terra: quale seme inizierà a germogliare e a fecondare tutta la terra, a illuminare ogni tenebra, a vivificare ogni carne.
A noi riflettere su questo grande mistero di amore donato mentre era rifiutato.
A noi decidere se stare alla luce o al buio. Se rinnegarlo o accoglierlo e seguirlo.
È tutta lì la differenza tra essere cristiano con i fatti o soltanto con le parole.
In questo momento storico così difficile, con Gesù affidiamoci ancora una volta al Padre, non fuggiamo mai da Lui pensando di salvarci da soli. Lui, la croce del Suo Figlio, è l’unico punto fermo a cui guardare per essere guariti lasciandoci invadere dall’amore, da quella gloria che Gesù ci rivela proprio sulla sua santa croce e che tra poco, ancora una volta, riceveremo nell’Eucaristia. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina