Omelia Alla Santa Messa Della Domenica Delle Palme

Tivoli, Cattedrale di San Lorenzo Martire, Domenica 13 aprile 2025

Carissimi fratelli e sorelle,

con il rito della commemorazione dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme e con questa celebrazione eucaristica diamo inizio alla Settimana Santa. Una Settimana che con le sue liturgie, i suoi riti, la Parola di Dio che ci è proposta ci indica la via per raggiungere la meta del cristiano: mangiare il corpo e il sangue di Gesù insieme; per imparare a fare altrettanto ossia a offrirci gli uni gli altri come pane, come vino, dando tutto noi stessi.

Ma sarà possibile per noi raggiungere questa meta, ossia quella di essere capaci di donare tutto noi stessi agli altri? Essere capaci così di diventare segni di speranza per il mondo, segni che rimandano alla speranza eterna che per noi cristiani è il paradiso che Gesù ci ha meritato offrendosi per noi peccatori al Padre morendo sulla croce e risorgendo?

Sì, sarà possibile se ci fermeremo a meditare con attenzione e a mettere in pratica la vicenda di Gesù, il racconto della sua Passione e le frasi di Gesù sulla croce che l’evangelista Luca ci propone.

Rileggiamo quanto ci è stato proclamato: «Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”».

Gesù diceva. Quel “diceva” in greco ha un aspetto verbale di ripetitività. Ossia mentre Gesù veniva crocifisso, gli infilavano i chiodi nei polsi e nei piedi, Lui ripeteva questo: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”.

Potremmo leggere queste parole semplicemente così: Padre perdonali perché non sanno chi sono io, non sanno a chi stanno facendo questo. Ma c’è anche un altro modo di interpretare questa frase: noi spesso crediamo di capire tutto ma non sappiamo quello che facciamo. Ignoriamo tante cose, siamo ciechi e spesso così arroganti che pensiamo di sapere tutto e così, non fidandoci di Dio e non affidandoci a Lui spesso sbattiamo la testa. Volendo vivere pensando di sapere tutto della vita, crediamo più in noi stessi che in Lui e ci inganniamo perché l’uomo è fragile, imperfetto e per vivere ha bisogno del perdono di Dio. Quel perdono al quale noi, spesso acciecati dalle nostre certezze, non riusciamo ad attingere nonostante Lui desideri donarcelo.

Dio ha tanta pazienza con noi poveri peccatori ma noi siamo ciechi e non riusciamo a vedere, a comprendere tanta pazienza che è frutto di tanto amore.

L’unico che ammette di essere in errore è il ladrone alla destra di Gesù, il malfattore, il famoso buon ladrone che però, accanto a Gesù sulla croce trova la strada della preghiera: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. E da Gesù riceve una risposta meravigliosa che riempie di speranza anche noi: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”. Ecco cosa è il paradiso: stare insieme con Lui!

Questo ladrone è il primo uomo della storia di cui siamo certi che si sia salvato: lo ha dichiarato lo stesso Gesù!

Era un ladro. Ma ha saputo partire dal suo peccato per chiedere pietà. Di più: ha saputo partire dal suo peccato per iniziare a parlare con Gesù. Aveva rubato tante cose probabilmente nella vita, ora ha rubato la cosa giusta … Ha strappato da Gesù la misericordia di Dio. E ci è riuscito perché ha avuto una relazione personale anche se originalissima con Gesù, condannato alla stessa pena, relazionandosi a Gesù sulla sua croce dalla sua propria croce, la croce che il ladrone ricevette giustamente secondo la giustizia degli uomini. Una relazione personale che in questa Settimana sarebbe bello che tutti noi vivessimo, riscoprissimo con Gesù che vuole soltanto riversare amore dalla sua Croce sul mondo intero, su ciascuno di noi e, anche tramite noi, su tutta l’umanità.

E infine c’è un’ultima parola: che Gesù pronuncia appena dopo che il velo del Tempio si squarcia: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”.

Dietro al velo del Tempio il sommo sacerdote poteva pronunciare l’impronunciabile nome di Dio. Ebbene con la morte di Cristo sulla croce viene svelato il vero nome di Dio, quel nome che gli ebrei non potevano pronunciare, il nome di quel Dio invisibile che si fa visibile per noi in Cristo crocifisso che continua a fidarsi anche nel momento più tragico della sua vita, perché il nome di quel Dio che nessuno può pronunciare è “Padre”.

Gesù mentre viene deriso, innalzato sulla croce, inchiodato, ucciso … non sprofonda nella depressione ma si fida e affida, si consegna al Padre. Il Padre che risusciterà la carne del suo Figlio mostrandoci così che l’uscita dalle situazioni di angoscia non è l’uso della forza, non è l’intelligenza o il calcolo umano, non sta nel possedere ma consiste nel vivere con Dio una relazione da Figlio a Padre abbandonandosi a Lui soprattutto nei momenti difficili.

E così comprendiamo cosa fa il Signore Gesù sulla croce.

Mentre l’uomo gli strappa la vita, Lui fa regali: dona il perdono, regala il paradiso, consegna il suo spirito al Padre.

Tra pochi giorni celebreremo la Pasqua di Risurrezione, apriamoci ai doni che Cristo morto e risorto per noi desidera farci abbondantemente. Lasciamoci perdonare, lasciamo che ci introduca in una vita da figli, lasciamoci portare al Padre, lasciamo che ci nutra con il suo corpo e il suo sangue, l’Eucaristia segno del Suo amore per noi; e così impariamo a fare altrettanto ossia a offrirci gli uni gli altri come pane, come vino, dando tutto noi stessi, dando il nostro perdono, dando la nostra vita a quanti attendono di cambiare prospettiva: dal confidare in se stessi al confidare in Dio, dal sentire il peso del proprio peccato a sentirsi perdonati; dal sentirsi condannati a morte al sentire come rivolta a noi la promessa: “Oggi con me sarai nel paradiso”. Amen

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina