Omelia alla Santa Messa della Festa della Presentazione del Signore

XXIV Giornata Mondiale della Vita Consacrata
San Vittorino Romano, Santuario di Nostra Signora di Fatima, Sabato 1° febbraio 2020

Carissime Consacrate e Consacrati delle Diocesi di Tivoli e di Palestrina,

Cari fratelli e sorelle nel Signore!

Dopo quaranta giorni dalla celebrazione del Natale del Signore, celebriamo la Festa della Presentazione al Tempio di Gesù che, per volontà di San Giovanni Paolo II, è anche Giornata Mondiale di preghiera per la Vita Consacrata, per tutti coloro cioè – uomini e donne – che hanno risposto alla chiamata del Signore a vivere pienamente donati a Lui per i fratelli. Una chiamata alla quale i religiosi e le religiose hanno dato e danno una risposta esemplare e totalizzante attraverso i voti di castità, povertà e obbedienza e che tramite la loro offerta a Dio, aiutano anche noi tutti battezzati ad offrirci con Cristo al Padre, a vivere da discepoli-missionari con tutto noi stessi, con tutte le dimensioni del nostro essere, a servizio di Dio e dei fratelli in umanità in virtù del sacerdozio comune dei fedeli.

Il Vangelo proclamato in questa Festa ci ricorda come Gesù, portato al Tempio dopo quaranta giorni dalla sua nascita, così come prescriveva la Legge, nel Tempio incontra il Dio dei suoi padri e tramite i suoi genitori compie la sua prima offerta rituale e viene accolto nel popolo dei credenti da due poveri: Simeone e Anna, due poveri appartenenti a quel “resto di Israele” che confidava solo nel Signore e attendeva la venuta del suo Messia.

Maria e Giuseppe, obbedienti alla Legge, portano Gesù bambino al Tempio di Gerusalemme “per presentarlo ed offrirlo al Signore”. In quella circostanza per il primo figlio maschio si doveva offrire un agnello o una coppia di colombi, a seconda delle possibilità economiche. Maria e Giuseppe offrono due colombi e così obbediscono a quanto prescritto dalla Torah ma in questo modo introducono Gesù nel Tempio, offrono a Dio Padre Colui che non è venuto ad abolire la Legge di Mosè ma a portarla a compimento: Gesù che con la sua predicazione, con la sua passione, morte e risurrezione diverrà l’offerta perfetta al Padre per la salvezza del popolo. Il Signore, la luce vera, quella che illumina ogni uomo, che è venuto a squarciare le tenebre e l’ombra di morte nella quale viveva e anche oggi vive l’uomo senza Dio, è entrato nel suo Tempio. Lì egli sostituisce se stesso al pagamento del riscatto che si doveva a Dio per la nascita del primogenito. Diviene così profezia di ciò che sarà nel momento del compimento della sua missione. Sarà Lui stesso, Gesù, l’offerta unica e perfetta a Dio Padre. Sarà Lui che offrendosi al Padre per noi porterà salvezza al mondo, porterà perdono dei peccati, vita eterna dopo la morte. E in questo gesto della sua presentazione al Tempio profetizzerà la Sua missione: come luce Gesù è entrato nel mondo per condurre chi lo accoglierà dalle tenebre alla luce, dal buio che non permette di vedere né noi stessi né gli altri, alla luce del Suo amore e della Sua verità alla quale luce vediamo la luce. Alla quale luce vediamo noi stessi e gli altri come fratelli da amare.

Entrato nel Tempio, così come noi oggi abbiamo introdotto nel tempio le candele accese che ci rimandano a Cristo luce del mondo, viene riconosciuto Santo.

Simeone, “uomo giusto e timorato di Dio”, vedendo Gesù comprende, guidato dallo Spirito Santo, che la sua attesa del Messia è compiuta e riconosce in quel Bambino la salvezza di Dio che aspettava. Ora può morire in pace perché i suoi occhi hanno visto Colui che è “luce per illuminare le genti e gloria del suo popolo Israele”.

Simeone prende tra le sue braccia il Bambino: sono uno davanti all’altro. Finalmente si incontrano il Primo Testamento e il Secondo, il Nuovo Testamento. Si incontrano la lunga attesa del Messia e il definitivo compimento delle promesse fatte ad Israele.

In quel momento Simeone rivelò a Maria quella che sarebbe stata la missione di quel Bambino: sarà un segno di contraddizione perché svelerà i pensieri di molti cuori, Gesù è la Verità di Dio rivelata all’uomo, l’amore di Dio donato gratuitamente all’uomo perché l’uomo si senta amato e perdonato per sempre da Dio. Davanti a questo amore, davanti a questa rivelazione di Dio in Gesù occorrerà prendere posizione. È luce che viene a rischiarare le nostre tenebre ma alla luce, vedendo noi stessi e gli altri, dovremo prendere posizione: o stare con Lui o contro di Lui!

Oltre a Simeone, al Tempio c’è Anna: una anziana profetessa vedova che da molti anni viveva presso il Tempio servendo Dio giorno e notte con digiuni e preghiere. Con l’intelligenza della fede alimentata dall’ascolto assiduo della Legge di Mosè, dell’ascolto dei libri della Torah, giunta ormai alla fine della sua vita riconosce in Gesù il mantenimento delle promesse di Dio al suo popolo. E annuncia che Lui sarà il Salvatore e il Redentore. È in fondo la prima discepola del Signore che già vive la missione del discepolo di Gesù Cristo che è quella di annunciare a tutti coloro che incontra la liberazione, il riscatto da ogni male e schiavitù, che le vicende umane possono cambiare grazie alla luce del Regno che viene.

Simeone e Anna, due poveri di Yhawe. Due poveri che ci dicono che per riconoscere il Signore Gesù come Salvatore occorre essere “poveri di spirito” e capaci di attendere con perseveranza, occorre essere capaci di offrire i propri corpi per incontrarsi con Colui che ha offerto il proprio corpo, la propria anima e divinità al Padre per noi.

Sì, oggi festeggiamo un incontro che cambia la vita.

Che l’ha cambiata a voi, carissime consacrate e consacrati e lo cambia a tutti coloro che attendono con povertà di spirito e perseveranza Colui che è venuto ad incontrare l’uomo: Gesù!

Lui ci porta la Sua luce, la Sua vita, la promessa sicura dell’eternità grazie all’offerta di se stesso, del suo corpo e della sua divinità!

A noi è chiesto di ricambiare il dono con la disponibilità – non è detto che saremo sempre all’altezza, anzi non lo saremo quasi mai … – ad offrire i nostri corpi, cioè tutta la nostra vita, “in sacrificio vivente, santo e gradito a Dio” (cfr Rm 12,1): ed è questo il modo più bello per esprimere il nostro desiderio dell’incontro definitivo, dopo la morte, con il Signore delle nostre vite.

Se questo vale per tutti, vale in modo particolare per voi carissime consacrate e consacrati che oggi la Chiesa festeggia.

Desidero ringraziarvi tanto più quanto più siete capaci attraverso antiche e più nuove forme di vita consacrata a rispondere nelle nostre terre all’amore di Dio che grazie all’azione dello Spirito Santo vive in voi per il Battesimo e la consacrazione totale a Lui.

Lo avete accolto e lo accogliete ogni giorno con la vostra povertà, castità e obbedienza affinché egli illumini i vostri cuori e vi renda luminose e luminosi perché pieni dell’amore di Gesù, affinché quali discepole/i-missionarie/i del Signore possiate essere segni luminosi di Cristo nel mondo di cui le candele benedette sono segno.

Le candele, simbolo di Gesù-luce del mondo, sono state benedette e portate nel Tempio: anche voi rimanete nel Tempio, ossia in rapporto stretto con Dio. Un rapporto che si deve basare più che sul fare, sull’essere in relazione con Lui. Relazione nella preghiera, nell’ascolto assiduo personale e comunitario della Parola di Dio, nella celebrazione dell’Eucaristia e nell’Adorazione Eucaristica, in una vita vissuta non mondanamente ma nella povertà più autentica e vera.

Povertà non soltanto di mezzi ma soprattutto di spirito ossia di capacità di fare spazio nei vostri cuori poveri del vostro io a Dio. Non a figure pure importanti quali sono i vostri fondatori o fondatrici ma a Dio che caso mai si è servito di loro ma per farvi incontrare Lui. Più sarete poveri, distaccati dalle cose, dal vostro voler gestire il vostro tempo e la vostra vita in autonomia e più potrete accogliere Cristo in voi ed essere segni della sua presenza nel mondo dove vive la gente, tra le famiglie, nelle parrocchie, nelle scuole …

Che tristezza vedere dei religiosi o delle religiose non poveri! Non parlo soltanto di chi vuole fare affari con le strutture caso mai donategli dai fedeli nel tempo – anche questo non è un segno di credibilità evangelica … –, ma di quel voler vivere soltanto incentrati su di sé, le proprie idee, anche i propri impegni pastorali che mi permettono di affermarmi sugli altri … In tal modo si manca di umiltà e anche i nostri servizi sono poco efficaci perché sempre alla ricerca delle nostre gratificazioni personali. Il vero povero è colui o colei che fa tutto per Dio e per i fratelli attendendosi soltanto che si ravvivi l’incontro con Dio.

Parlando di povertà vi chiedo anche di essere poveri per accogliere, ascoltare maggiormente i reali problemi della gente. Non possiamo né vivere con nostalgie di un passato che forse non tornerà più, né accettando che il mondo vada come vada abbassando il livello della proposta cristiana o delegando ad altri il difficile compito della trasmissione della fede oggi. Occorre ascoltare senza pregiudizi, senza ricchezze interiori che ci impediscono di riconoscere i segni della presenza di Dio nei fratelli e, caso per caso, accompagnare e integrare nella Chiesa, nella famiglia dei figli di Dio, coloro che attendono l’incontro con Cristo luce delle genti!

Questo cuore povero è e deve essere anche un cuore casto.

Noi consacrati e consacrate dobbiamo essere soltanto di Dio e conseguentemente, con Gesù e come Gesù, di tutti e per tutti. Gli affetti, le amicizie sono umane e anche legittime ma fino a quando non diventano impedimento per la nostra missione e donazione totale a Lui.

E infine il vostro cuore deve essere obbediente.

Obbediente all’Unico che vi ha chiamato e che vi suggerisce anche oggi le vie per essere significative e significativi nel mondo.

Infine: non abbiate paura del calo delle vocazioni, non andatele a cercare violando la libertà interiore altrui, ma abbiate fiducia in Colui che si è venuto ad incontrare l’umanità perché l’umanità Lo possa incontrare, amare e servire.

Rivedete caso mai i vostri stili di vita, rinnovate ogni giorno l’incontro con Dio e alla sua luce il modo di incontrarvi, di “stare” tra voi. Se sarete fraternità attraenti verranno anche le vocazioni, se coloro che vi incontreranno sperimenteranno nelle vostre comunità paternità, maternità, fraternità o sororità, allora diverrete capaci di suscitare incontri con la Luce di Cristo che vi ha affascinato e vi affascina e sarà capace di affascinare anche altri uomini e donne nell’oggi della nostra storia. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina