Tivoli, Basilica Cattedrale di San Lorenzo Martire, Domenica 25 dicembre 2022
Carissimi amici, eccoci giunti a celebrare anche quest’anno il Natale di Nostro Signore Gesù Cristo!
Ce lo annunciano, come ai pastori che vegliavano le loro greggi nei campi intorno a Betlemme, gli angeli che nel Vangelo che abbiamo ascoltato ripetere anche a noi: “Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore!”.
Proviamo innanzitutto a pensare cosa abbia potuto dire questo annuncio ai pastori di Betlemme contemporanei di Gesù.
Questo annuncio: “Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore!” giunge loro nel momento in cui l’Impero romano viveva il periodo della sua massima espansione ed era riuscito a stabilire la cosiddetta Pax romana in tutte le terre del vasto impero. In questo momento l’imperatore Augusto volle dunque contare i suoi sudditi. Quando l’uomo crede di avere tutti sotto controllo, di aver messo a posto tutte le cose, aver addirittura stabilito la pace tra terre e popolazioni diverse, vuole contare. È la sua tentazione di sempre: contare i suoi sudditi, sapere su quanti esercita il suo potere. E così decreta un censimento. Ma in quel momento della storia accade qualcosa di imprevisto, che non farà gran rumore ma che cambierà la storia se la storia, se gli uomini che fanno la storia, lo accoglieranno o meno.
Cosa accade? Accade che “Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere … e la pace non avrà fine … sul suo regno” (Is 9,5-6).
“Sul suo regno” … Cosa può essere il regno di un Bambino rispetto al Regno di Augusto imperatore? E che pace porterà? Che pace mai sarà questa pace sulla terra agli uomini che egli ama, cantata dagli angeli ai pastori accorsi ad adorare il Bambino appena nato a Betlemme e annunciato come il Salvatore, il Messia atteso?
Cosa può essere questa pace che Lui porta rispetto alla grande Pax romana realizzata dall’Imperatore Augusto e da tanti suoi soldati? Cosa sta per accadere?
Per l’impero romano ben poco. Nell’impero di Augusto quanto avvenne nella notte di Natale passò inosservato. Pilato stesso non lo avrebbe compreso nemmeno trent’anni dopo quando nel momento del processo a Gesù tra l’incredulità e la derisione gli chiese: “Dunque tu sei re?” (Gv 18,37). Una domanda alla quale Gesù diede una risposta che avrebbe potuto dare già a partire dalla Notte di Natale: “Tu lo dici: Io sono re” ma avrebbe anche potuto aggiungere: “Il mio regno non è di questo mondo” (Gv 18,36).
A Natale, infatti, il regno di Gesù è un regno ancora nascosto. Nascosto ai grandi di questo mondo, ai sapienti, agli intellettuali di questo mondo. Erode come altri politici e potenti di ieri e di oggi si coprirà di ridicolo nel temere Gesù, nel vedere in Lui un rivale di cui temere l’autorità e il potere. Perché il Principe della pace, Gesù, non viene per esercitare poteri mondani, non viene per portare una corona – se non la corona di spine –. E ogni volta che i suoi seguaci verranno a cercarlo per proclamarlo re Lui si nasconderà, andrà altrove, si ritirerà solo, in preghiera, davanti al Padre suo che è il cuore del suo Regno.
In questa notte ha inizio allora un Regno che sussiste nel nascondimento, che è come un seme che viene piantato e poi cresce lentamente fino a divenire un albero presso i cui rami gli uccelli trovano rifugio e gli uomini possono trovare ombra ristoratrice nel viaggio della vita tanto spesso assolato e faticoso.
È – quello che Gesù inaugura in questa notte – un Regno di cui i grandi nemmeno si accorgono poiché, infatti, è per i piccoli. I misteri di questo regno vengono infatti rivelati ai piccoli: il messaggio del Natale lo possono infatti ascoltare e comprendere soltanto i piccoli, i poveri, i pastori che non avevano titoli particolari, che si occupavano di tutto tranne che del Messia. E il segno che viene loro dato – un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia – non ha nulla di eloquente, di convincente per comprendere che è proprio Lui il Messia. Ma l’annuncio viene rivolto a loro.
Stasera, cari amici, ci siamo noi al posto di quei poveri pastori ai quali è rivelato il Regno. Se siamo qui e se abbiamo accolto non un invito a partecipare alla tradizionale Messa della Notte di Natale ma ad accogliere in noi il Dio che in Gesù si è fatto Bambino per noi è perché consapevoli o inconsapevoli siamo dei poveri, dei poveracci raggiunti da una buona notizia per iniziativa di un Dio che non si stanca dell’uomo, che sempre lo va a cercare per donare pace al suo cuore inquieto, per donargli amore vero.
Sì, essere qui, mi auguro che sia segno che la buona notizia ci ha raggiunti perché abbiamo bisogno anche oggi, anzi forse oggi più di ieri, di un Dio che va in cerca dei poveri facendosi povero per arricchirli della sua grandezza, per assicurare loro che se lo accoglieranno vivranno la logica del Regno che è logica di amore e di pace.
La venuta di Gesù incontro a noi ci chiede di annunciare a tutti che Lui è il Dio con noi e per noi. Ma come potremo annunciarlo se non lo accoglieremo? E lo si accoglie soltanto ammettendo di essere poveri anche perché Lui si rivela, sceglie i poveri per farsi conoscere. E fintanto che non ci renderemo conto della nostra povertà la buona notizia ci passerà accanto ma senza che la comprendiamo e non attecchirà nel cuore di chi ci ascolta, rimarrà soltanto uno slogan. Solo dei poveri possono comprendere che in Gesù Dio è nato per noi, ci è venuto incontro per amarci, per farsi abbracciare come si lascia abbracciare un bambino che chiede amore ma prima di tutto dà amore, ispira dolcezza, tenerezza, amore a chi lo prende tra le braccia.
Stasera chiediamo a Dio, allora, di essere poveri. O meglio: di riconoscere le nostre povertà e la grande necessità di essere amati da Lui per amare poi i fratelli e le sorelle in umanità. Non chiediamo necessariamente di essere poveri di beni materiali ma chiediamo andando più in profondità di essere poveri di quelle povertà che reclamano un salvatore: poveri nella fede, poveri di fiducia, poveri soprattutto di amore, quei feriti dell’amore che siamo tutti noi! Riconosciamolo di avere bisogno di amore, di perdono e di pace! Chi oggi non sente questa necessità? Dopo due anni di Covid, di isolamento tra persone, quando pensavamo che l’uomo sarebbe uscito migliore stiamo vedendo che l’uomo è peggiorato: solitudine, malinconia, dipendenze sono aumentate. E alla pandemia da Covid si è sostituito un altro virus ben più grave perché sicuramente causato dall’uomo: il virus della guerra che ci colpisce da vicino – se non direttamente come in Ucraina – indirettamente, ma con conseguenze pure forti: con la crisi energetica, economica, con la crisi pluriforme che nasce in ogni epoca di guerra tra gli uomini.
In questo contesto chiediamo a Dio di essere veramente poveri, poveri come i pastori di Betlemme. Poveri e vigili, svegli per accogliere Colui che viene a noi quale portatore della vera pace, che viene a portare pace agli uomini che ama anche se in guerra, nel peccato, nella divisione a tutti i livelli. Che viene nella povertà delle nostre famiglie in crisi, nelle case e nelle vite degli anziani e malati, dei giovani, dei ragazzi che desiderano il bene, la pace, la giustizia ma non le trovano perché si volgono ovunque tranne che verso la nascosta mangiatoia di Betlemme. Là dove, in questa notte, noi possiamo incontrare e ricevere ciò che il Padre che ha tanto amato il mondo ci ha dato: il proprio Figlio! E nel donarcelo ci ha dato tutto!
A noi accoglierlo e lasciare che abbracci con il suo amore infinito tutte le nostre povertà e miserie affinché la pace, quella vera, si stabilisca sulla terra. Non una semplice pace come la Pax Romana imposta da uomini di potere, imposta dai legionari romani … ma la pace vera, quella che soltanto Dio può dare se i cuori, i nostri cuori, ogni singolo cuore, si aprirà all’amore infinito e “per sempre” che Dio in Gesù ci è venuto a manifestare con il dono della sua vita data per noi e per tutti per amore, solo per amore e per riunire ciò che era diviso, per fare dei due un popolo solo, per fare del popolo celeste e di noi un popolo solo, destinato alla vita e alla gloria per sempre perché amati perfettamente dall’Unico che ama e perdona: Dio che in Cristo oggi ci è venuto incontro per donarci la sua pace, la pace vera. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina