Omelia alla Santa Messa della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e Canto del Veni Creator

Palestrina, Basilica Cattedrale di Sant’Agapito Martire, Venerdì 1° gennaio 2021

Signor Sindaco, illustri autorità, cari fratelli e sorelle nel Signore: buon anno!

Iniziamo oggi quella sequenza di giorni che chiamiamo anno. E la Chiesa, proprio in questo giorno che conclude gli otto giorni nei quali abbiamo celebrato il Natale come fosse un unico giorno, ci fa celebrare la solennità di Maria Santissima Madre di Dio e invocare, con il canto del Veni Creator, lo Spirito Santo sull’umanità che cammina nella storia attraverso il tempo.

Una storia non sempre facile. L’anno che stanotte ci siamo lasciati alle spalle è stato triste. Eppure abbiamo compreso che siamo sulla stessa barca e Lui è con noi.

Il Vangelo di stamattina ci ripropone una immagine sulla quale in questi giorni ci siamo spesso soffermati: Maria, Giuseppe e il Bambino adagiato nella mangiatoia. Davanti a loro i pastori che avvertiti dagli angeli nella notte di Betlemme accorrono per adorarlo, per dire a Maria e a Giuseppe ciò che gli angeli avevano detto loro di Lui. Ci presenta uno stupore unico e generale. Alla periferia di Gerusalemme, a Betlemme di Giudea, che sia nato veramente il Messia che tutti attendevano? … Altro che scoperta del vaccino che ci salverà dalla pandemia! È nato il Figlio di Dio, Colui che i popoli da sempre attendevano e che grazie a Maria è entrato come uomo nel nostro mondo, nella nostra storia, in quella umanità che ha tanto bisogno anche oggi di chi dia ad essa sicurezza, speranza, futuro!

E Maria, la Madre di Dio, ci è presentata in ascolto, come colei che “custodisce” la Parola, che le medita ossia “mette insieme”, “mette a confronto”. Mette a confronto quanto le disse l’Arcangelo Gabriele, quanto riferiscono i pastori … mette a confronto quanto le è stato detto, il “sì” che ha pronunciato e che ha reso possibile generare Cristo Salvatore al mondo insegnando così quanto anche noi siamo chiamati a fare quotidianamente: mettere a confronto la Parola di Dio con la nostra vita e lasciare illuminare la nostra vita dalla Parola divina, ripetere ogni giorno il nostro sì e generare anche noi Cristo al mondo.

Ancora, il Vangelo ci ricorda l’usanza ebrea di dare il nome al bambino dopo otto giorni dalla sua nascita, nel momento della circoncisione, ossia quando inizia a versare il suo sangue per l’umanità: segno che rimanda al sangue che verserà sulla croce quando – venuto a condividere la nostra condizione mortale pur rimanendo Dio – parteciperà pienamente alla nostra sorte per unirci alla Sua sorte e condurci alla vita eterna. E quel nome che gli viene imposto è Gesù che significa “Dio salva!”.

Dunque, cari fratelli e amici, possiamo oggi augurarci buon anno nonostante la nebbia dell’anno appena trascorso non si sia ancora diradata perché dopo tutte le promesse dei profeti, Maria ha partorito un Figlio, un Figlio che ci salva, che viene a benedirci e a custodirci, a far splendere il Suo volto su di noi, ossia a mostrarci che ha pietà di noi facendoci suoi consanguinei, sui fratelli e sorelle. Il volto che manifesta la persona e questo volto è volto di amore purissimo, di amore che arriva all’estremo della condivisione con noi di tutto fuorché del peccato per tirarci fuori dal peccato.

In una delle schede bibliche che Don Massimo Grilli – che voi ben conoscete – ha preparato per la formazione settimanale dei sacerdoti e delle comunità e che da qualche mese diffondo perché la Parola formi e guidi sempre più, insieme all’Eucaristia, le nostre parrocchie, ha riportato una bellissima espressione tratta dalla liturgia bizantina dei primi vespri del Sabato Santo che dice bene quanto è accaduto grazie a Gesù: «Oggi l’inferno (da notare: l’inferno!) grida: “sarebbe stato bene per me se non avessi accolto colui che è stato generato da Maria. Perché, venendo a me ha distrutto il mio potere; ha infranto le porte di bronzo … ha annientato la mia potenza”». È ciò che provoca la benedizione: se i nostri inferni, anche quelli dell’anno che abbiamo da poche ore salutato, o che comunque costruiremo con le nostre mani o che in altro modo incontreremo nei giorni che verranno ci appariranno duri, non dovremo temere: ormai la potenza di Dio ci ha visitato e continuamente ci visita. E da allora in poi noi possiamo non dimenticare ma “contare” i nostri giorni, guardarli in faccia perché nonostante la fatica quotidiana in ognuno di essi il “Dio con noi” è presente e diviene seme di speranza per chi ne ha bisogno.

Ecco perché oggi invochiamo lo Spirito Santo. Non per scaramanzia, perché ci “porti bene” … ma perché Lui che è amore perfetto tra il Padre e il Figlio, Lui che ha aleggiato sugli inizi della creazione, che è entrato nell’uomo fatto di terra per renderlo un vivente capace di amare, che dopo il peccato dell’uomo scendendo nel grembo della Vergine Maria l’ha fecondata rendendola Madre di Dio, genitrice di Colui che apparso nella carne è stato ed è per tutti noi benedizione, scenda copiosamente ogni giorno su di noi e ci renda segni di speranza nel mondo, ci faccia benedizione per il nostro mondo.

Da 54 anni oggi, 1° gennaio, la Chiesa poi celebra la Giornata Mondiale della Pace. Anche quest’anno il Papa ha indirizzato a tutti gli uomini e le donne di buona volontà e ai capi delle nazioni e delle religioni un Messaggio dal titolo: “Non c’è pace senza cultura della cura”!

Chiediamo a Maria, che ha avuto cura del suo figlio come ogni Madre ha cura dei suoi figli, di imparare da Gesù a prenderci cura del nostro prossimo, della creazione e delle persone che vivono e soffrono sulla faccia della terra.

Cultura della cura per noi cristiani significa divenire con Cristo benedizione per il nostro mondo impegnandoci con tutti i fratelli e le sorelle in umanità nella solidarietà e nella partecipazione attiva alla costruzione di un mondo migliore che sappia proteggere e promuovere la dignità e il bene di tutti; che sia disponibile a interessarsi, a prestare attenzione, alla compassione, alla riconciliazione e alla guarigione, al rispetto mutuo e all’accoglienza reciproca. In questa Giornata della Pace accogliamo l’invito del Papa a benedire con Cristo il mondo costruendo la cultura della cura capace di debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro, oggi spesso prevalente.

È inutile nascondercelo: la pandemia ha mostrato sicuramente che c’è molta solidarietà ma ancor più direi che ha messo in luce come siamo ancora egoisti, chiusi nei nostri interessi. Anche ora che è apparso il vaccino anti Covid-19 come flebile speranza e abbiamo constatato tante forme belle di carità e solidarietà che si sono sviluppate anche nell’anno che abbiamo terminato e che rimarrà nella memoria come anno di grande prova, noi con il Papa purtroppo constatiamo che persistono ancora “diverse forme di nazionalismo, razzismo, xenofobia e anche guerre e conflitti che seminano morte e distruzione”. Tutto questo insieme alla pandemia ci insegnano – scrive il Papa – “l’importanza di prenderci cura gli uni degli altri e del creato, per costruire una società fondata su rapporti di fratellanza”.

Ci riusciremo?

Da soli temo sarà un impegno arduo. Appena è apparso il vaccino che da quasi un anno tutti abbiamo atteso, abbiamo già iniziato a contenderci il brevetto, ad accaparrarci le scorte, e anche la pandemia che pensavamo potesse essere occasione di grande sviluppo di fraternità rischia di diventare terreno su cui si giocano interessi economici nazionali, di industrie, di gruppi di potere … così che i poveri rimarranno sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi … che ci saranno ancora coloro che si salveranno e coloro che saranno destinati a morire …

Cari fratelli e sorelle, come possiamo, con i nostri poveri mezzi, partendo da noi, prendiamoci cura dei fratelli. Maria, la Madre di Dio, si è presa cura del suo Figlio Gesù seguendolo fino alla fine, anche sotto la croce. Lì Gesù le ha affidato l’intera umanità affinché Lei, la Madre di Dio, sia anche Madre nostra. Da Lei amati, impariamo ad amare. Da Lei curati con il dono del principe della pace – Gesù – impegniamoci anche noi a meditare la Parola, a custodirla, e a costruire la cultura della cura come percorso che condurrà alla pace tanto desiderata, tanto attesa e resa possibile dal Dio che si è fatto bambino per noi. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina