Omelia alla Santa Messa di 50° di Ordinazione Presbiterale di Mons. Benedetto Serafini

Camerata Nuova, Domenica 28 giugno 2020
Santa Messa Vespertina della Vigilia della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo

“Seguimi!”

Sono le parole rivolte da Gesù a Pietro e che il Signore rivolse anche al nostro caro Don Benedetto 50 anni or sono, in questa sua Parrocchia di Camerata Nuova, quando fu ordinato presbitero per l’Abbazia Territoriale di Subiaco alla quale in quell’epoca apparteneva questo territorio, Abbazia che era guidata dall’Abate Gavazzi, e lui fu ordinato prete esattamente il 29 giugno dal Vescovo Cesario D’Amato, Benedettino, Abate di San Paolo fuori le Mura.

Quelle parole iniziarono a risuonare nel cuore di Don Benedetto qui, in questa piccola parrocchia montana, dove Don Benedetto si onora di essere nato da papà Giuseppe e da mamma Angela, dove fu battezzato e cresimato, dove dopo aver risposto sì alla chiamata del Signore si avviò verso il Seminario e dove fu ordinato prete. Questa Parrocchia nella quale oggi ritorna con il suo Vescovo, i suoi confratelli sacerdoti, gli amici vecchi e nuovi, i suoi amati ragazzi del Villaggio Don Bosco, i suoi famigliari per rendere grazie a Dio per cinquant’anni vissuti al suo servizio come prete.

Se volessimo leggere il curriculum vitae di Don Benedetto finiremmo presto l’omelia. Egli infatti, a parte brevi parentesi pastorali a Licenza e a Marcellina, ha trascorso tutta la sua vita sacerdotale a Tivoli dove si incardinò nel 1998. Egli infatti dapprima affiancò il fondatore e Direttore del Villaggio Don Bosco, Don Nello Del Raso, per poi succedergli alla sua morte e vivendo così il suo sacerdozio con tanti figli che a Don Benedetto devono tanto, che lo amano tanto perché non gli ha mai fatto pesare ciò che lui ha fatto e continua a fare per loro, e direi che è proprio il Villaggio e stare alla sequela del Signore in questo ministero sacerdotale così particolare che fanno di Don Benedetto un uomo e un prete con i piedi per terra, un prete semplice e concreto che amando ama, che pur con tanti problemi è riuscito per cinquant’anni a rimanere sereno nel seguire il Signore che lo ha chiamato a un servizio che deve essere – anche se in forme diverse, ognuno ha la sua … – quello della paternità che rende il prete felice perché genera, felice perché ama condividendo l’amore che lui per primo ha sperimentato e sperimenta.

In tutto questo non possiamo non ringraziare Dio anche per quanto Don Benedetto ha fatto quale Direttore della Caritas Diocesana di Tivoli e poi – sono ormai 16 anni – quale Vicario Generale della Diocesi per quattro anni a fianco del mio predecessore, S.E. Mons. Giovanni Paolo Benotto, e poi – da 12 – con me.

“Seguimi!”: è stata la parola che il Signore ti ha rivolto scegliendoti come l’Apostolo Paolo che oggi e domani celebreremo insieme al Principe degli Apostoli: Pietro, fin dal seno di tua madre, il Signore che ti chiamò con la sua grazia, rivelandosi a te progressivamente fino ad oggi affinché tu potessi annunziarlo in mezzo alle genti. In mezzo a tutti, vicini e cosiddetti lontani, credenti e non credenti, colti e ignoranti, ricchi e poveri.

E tutto questo lo hai fatto e lo fai con una spiritualità non ricercata, senza tanti artifizi ma con una profonda fede che ti ha reso un uomo e un prete credibile per cui oggi è giusto rendere grazie al Signore. Sì, il dono ricevuto, dopo cinquant’anni, possiamo dire che non è stato sprecato, anzi è fruttificato!

Nel pensare a quanto dire in questa circostanza mi sono soffermato a riflettere sul tuo primo sì a quella chiamata: “Seguimi” a quel sì che ripeti oggi con il cuore pieno di gioia.

Quel sì che se allora era un sì giovanile oggi è un sì maturo e forse più consapevole e per questo capace di dare una maggiore pace interiore.

È il sì alla chiamata – quello che rinnovi oggi – che ha maggiore consapevolezza, consapevolezza offerta a tutti noi dalla vita che passa se la sappiamo accogliere come maestra. La vita che mentre trascorre con le sue gioie e i suoi dolori, con le nostre potenzialità e fragilità, con il suo passaggio dalla giovinezza alla età più adulta, dallo star bene ad avere qualche acciacco …, ci rende sempre più capaci di arrenderci al Signore e comprendere come soltanto Lui, e non noi, conti veramente perché non ci salviamo né troviamo la salvezza oggi sulla terra per le nostre buone opere – l’uomo, anche il più santo, è sempre fallace – ma soltanto perché è Lui che ci ama e ci salva.

Nel Vangelo Pietro ci è presentato a contatto con il Signore dopo il suo triplice tradimento nella notte del suo processo. Nella medesima notte aveva rifiutato di farsi lavare i piedi da Gesù, era così pronto a seguirlo – proprio come un prete novello – che confidava più nelle sue forze che in quelle del Maestro. Gli aveva promesso come abbiamo fatto tante volte tutti noi e soprattutto mentre ci preparavamo al sacerdozio o iniziavamo il nostro ministero che non lo avremmo mai tradito, che saremmo sempre stati con Lui, che anzi, noi, lo avremmo servito! Poi sono passati gli anni e mentre facciamo il bilancio delle cose belle dobbiamo anche ammettere come Pietro che non siamo stati all’altezza dell’amore che solo Dio può offrire all’uomo e non viceversa. E così ci ritroviamo anche noi in quella risposta data per due volte da Pietro alla domanda di Gesù: “Simone, figlio di Giovanni, mi ami?”, “Certo Signore, tu lo sai che ti voglio bene” che mostra come Pietro passando dalla teoria all’esperienza della vita abbia compreso che l’amore viene solo da Dio e che potrà dire “Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene” soltanto quando Gesù abbasserà la soglia della domanda.

Pietro così sarà pronto a guidare il gregge di Gesù, il popolo di Dio che ci è affidato non tanto perché siamo bravi noi ma perché Lui e soltanto Lui ci riempie di amore anche quando noi non corrispondiamo come dovremmo e, nella Sua fedeltà, si accontenta del poco che abbiamo e siamo per chiamarci a cooperare con lui nel servire la gioia dei fratelli.

Caro Don Benedetto, cari amici, credo che la differenza tra una prima Messa e una Messa di cinquantesimo stia proprio qui. Lungo gli anni della vita si comprende che per seguire il Signore non è sufficiente – anche se importante – la nostra iniziativa ma è necessario affidarci a Lui.

Quando si è giovani – continua il Vangelo che abbiamo ascoltato – si vorrebbe andare dietro al Signore con le nostre idee, i nostri progetti, i nostri piani … e spesso abbiamo fatto l’esperienza di volerci cingere le vesti da soli senza però riuscire ad andare dove avremmo voluto: ossia una perfetta comunione con Lui, quella comunione che dà gusto, gioia alla vita. Da vecchi ci si deve lasciare cingere la veste da un altro. E questa veste è l’amore di Dio che man mano passano gli anni ci prende, ci trasforma, ci fa comprendere che chi salva è Lui e solo Lui e non noi e ci rende possibile andare là dove il nostro Maestro è andato, ponendo la nostra vita a servizio dei fratelli deponendo le nostre vesti e assumendo giorno dopo giorno sempre più le sue: vesti di amore, di misericordia, di perdono, di vita donata, deposta per i fratelli affinché i fratelli vivano.

Se Pietro voleva dare la vita per Gesù, Gesù ha dato la vita per lui. Lavandogli i piedi, gli ha dato la libertà di amare come è amato. E per questo tenderà le mani e sarà condotto a morire accanto a Gesù. Infatti Pietro tenderà le mani sul patibolo della croce come Gesù nel 64 d.C. Eusebio di Cesarea dirà che fu crocifisso a testa in giù. Ma solo in questo capovolgimento si raddrizzerà. Ossia si compirà il suo battesimo, iniziato con il suo buttarsi in mare cinto della veste. Crocifisso con Cristo, deporrà definitivamente l’uomo vecchio e rivestirà l’uomo nuovo: diventerà come il Pastore bello che sa dare la vita. Così sarà veramente amico di Gesù.

Caro Don Benedetto, questo è il nostro destino, questo è il cammino di santità del prete: prendere sempre più consapevolezza lungo gli anni di chi siamo, che siamo splendidi ma anche poveri peccatori rivestiti di una grazia che ci sovrasta. Amati anche se riusciamo soltanto timidamente a voler bene a Gesù che ci chiama, come chiamò Pietro, ogni giorno a rivestirci nella Sua veste abbandonando la nostra, ci chiama ogni giorno ad una più piena e perfetta comunione con Lui che è la meta del nostro pellegrinaggio terreno e anche del nostro sacerdozio.

Hai fatto tante cose belle nella tua vita di prete e tante ancora ti auguriamo di farne. Ma per chi le hai fatte – potresti domandarti? – per te? Per i tuoi ragazzi, per la tua Diocesi? Per la gente che ami e da cui sei amato? Certamente ci sta anche tutto questo ma la risposta è: per l’Amore grande con il quale Dio continua ad amarmi con il mio amore piccolo. L’ho fatto e lo sto facendo perché – e lo si comprende man mano passano gli anni – come hai scritto nell’immaginetta ricordo di questo giorno: “Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e ammirare il suo santuario” (Ps 71).

Mentre cammini verso la meta sappiamo che sei già impegnato ad amare qui in terra e ti auguriamo tutti di cuore di continuare ad amare come Gesù ti ama, ad essere l’amico di tanti che non hanno amici, l’uomo e il padre che passa per Tivoli con una borsetta – che nessuno sa cosa ci sia dentro … – che però porta a tutti un sorriso, una parola di speranza, un po’ di carità e saggezza che fanno bene. Che hanno fatto e fanno bene a tanti e fanno bene anche al tuo Vescovo che ti ringrazia per la saggezza con la quale mi stai vicino come Vicario Generale.

Alla porta bella del tempio, allo storpio che chiedeva l’elemosina, Pietro rispose: “Non ho né oro né argento, ma ciò che ho te lo do, nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina!”. Anche tu, confidando sempre meno nei mezzi umani, confidando sempre più solamente in Lui, continua a passare per le strade dell’umanità e come prete gioioso perché amato dal Risorto annuncia il tesoro più prezioso per l’uomo: Gesù Cristo, il Nazareno che rialza ogni uomo e lo rende capace di camminare nella vita.

Con l’ardore dell’Apostolo Paolo annuncia a tutti con i fatti che ciò che a noi preti importa è soltanto il Vangelo e la dignità che sa dare all’uomo, a tutto l’uomo e ad ogni uomo! Quella dignità che non ha prezzo e che solo l’amore di Dio può e sa dare.

La Vergine Maria, Madre della Pietà, così venerata a Camerata Nuova e a te tanto cara ti protegga e guidi sul tuo cammino che ti auguriamo ancora lungo e fecondo di bene. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina