San Vittorino Romano, Santuario di Nostra Signora di Fatima, Domenica 17 ottobre 2021
“Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti” (Mc 10,42-44).
Carissimi fratelli e sorelle, con queste parole di Gesù appena proclamate, dopo la Riflessione offertaci da Don Dario Vitali, in comunione con tutte le Chiese del mondo e in Italia, invocando lo Spirito Santo affinché illumini i nostri passi, iniziamo il Cammino sinodale. Un cammino che si propone di aiutare tutta la Chiesa ed anche la nostra Chiesa di Tivoli e di Palestrina a diventare sempre più ciò che è chiamata ad essere dal suo stesso fondatore: il Signore Gesù. Una comunità di amici che insieme, camminando sulla stessa strada percorsa dal Signore e che desidera continuare a percorrere con Lui e con tutta l’umanità verso la quale non è indifferente, si pone a servizio di tutti con lo stile della comunione, della partecipazione e così in permanente stato di missione!
Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes all’inizio del suo Proemio ben ci ricorda tutto questo là ove leggiamo: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. La loro comunità, infatti, – continua Gaudium et spes – è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti. Perciò la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia” (GS,1).
Il cammino sinodale che iniziamo stasera pertanto, personalmente lo considero un grande “atto di amore” verso la Chiesa, verso di noi che insieme – grazie al battesimo – “siamo la Chiesa” e contemporaneamente un “atto di amore” verso tutti, anche verso coloro che non si sentono più appartenenti alla Chiesa o che non si sono mai sentiti appartenenti al popolo di Dio. Lo considero una esigenza generata dalla missione, che ha bisogno di tante energie diverse, tenute insieme dallo Spirito, dalla disciplina dell’ascolto e del dialogo, da prassi generative di unità e di comunione, nel rispetto delle differenze e nella valorizzazione dei doni di ciascuno.
Un “atto di amore” che come ogni autentico amore ci chiederà tempo, energie, pazienza e soprattutto spirito di servizio e che sarà possibile soltanto guardando e riferendoci continuamente a Gesù che – come ci ha sempre ricordato il Vangelo – “non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10,45) chiedendo a chi desidera seguirlo di fare altrettanto: “Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono – disse ai suoi, nella notte in cui veniva tradito, dopo aver lavato loro i piedi –. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi” (Gv 13, 13-15) per passare così da una Chiesa ancora un po’ troppo “clericocentrica”, concentrata sulle sue esigenze interne ed immediate, ad una Chiesa dove tutti si sentano partecipi, che assuma uno stile estroverso per non escludere nessuno dal suo cammino verso l’Eterno.
E quale servizio può essere oggi più importante, in questa epoca cambiata, se non quello di metterci in ascolto innanzitutto di quanto lo Spirito dice alle Chiese? Di quanto lo Spirito Santo vuole dire a tutti noi oggi? E in ascolto dell’umanità cambiata nella quale siamo immersi?
Un ascolto che dovrà svolgersi in un clima di preghiera affinché attraverso l’ascolto della gente, dei vicini come dei cosiddetti “lontani”, l’ascolto tra noi: Vescovo, preti, fedeli laici e consacrati, dei nostri Consigli pastorali, presbiterali, delle nostre assemblee parrocchiali e diocesane, delle aggregazioni laicali, dei nostri catechisti, degli operatori pastorali impegnati nei vari ambiti e poi, andandosi sempre più estendendosi, giungendo ai più lontani – penso ad esempio al mondo della scuola, dei giovani, delle famiglie, dei poveri, degli immigrati, dei carcerati, degli ammalati e di quanti li curano nelle case o negli ospedali, degli uomini e donne delle istituzioni, delle tante associazioni presenti nei territori delle nostre parrocchie, di quanti lavorano e di quanti il lavoro non lo hanno o hanno smesso di cercarlo … – ed ancora giungendo a chi vive la fede cristiana in Chiese diverse da quella Cattolica e a chi appartiene ad altre religioni … si giunga insieme non tanto alla conoscenza di cose nuove, ma ad una nuova intelligenza della Verità perenne. Quella Verità che è Cristo ma che in questa “epoca cambiata” possiamo far riscoprire all’uomo soltanto ponendoci in ascolto di lui, lasciandogli narrare le sue esperienze affinché prenda coscienza di chi lui è e camminando insieme, sotto la guida del Maestro che ci ha serviti fino a dare la vita per noi sulla croce, tutti giungiamo a Lui.
Ascoltarci, dunque! È la prima fase del nostro cammino sinodale. Ascoltare Dio e ascoltare gli uomini per poi aprirci insieme e progressivamente a Dio, convertirci a Lui e vivere in una Chiesa dove la comunione, la partecipazione e la missione non rimangono belle parole ma divengono stile di vita quotidiano che plasma e riplasma continuamente il nostro modo di essere credenti evitando di cadere nel “si è sempre fatto così” o di ritenere che la nostra pastorale sia soltanto una serie di strategie, metodi, tecniche per evangelizzare gli altri senza e prima di tutto permettere al Vangelo e allo Spirito Santo di convertire noi stessi.
Un grande teologo del ‘900: Karl Rahner, già in una conferenza del 1966 diceva: «La persona pia (oggi potremmo tradurre “credente”) di domani o sarà un “mistico”, uno cioè che ha “sperimentato” qualcosa, oppure cesserà di essere pio (credente), perché la pietà (la fede) di domani non sarà più sostenuta dalla convinzione fatta esperienza e decisione personale unanime, naturale e pubblica, né dai costumi religiosi di tutti».
Ebbene, se desideriamo che ci siano ancora credenti – e stiamo sicuri che sempre ci saranno perché la Chiesa è di Dio! – occorre metterci tutti in ascolto di Lui e favorire per tutti l’atteggiamento profondo dell’ascolto di Dio ma non attraverso una evangelizzazione fatta di proclami, di discorsi capaci soltanto – supposto che lo siano – di “sbattere in faccia” la Verità in cui crediamo a chi ci ascolta, o meglio, non ci ascolta più! Ma occorre che sappiamo porci in ascolto di tutti – a partire da noi più prossimi – reintessendo relazioni amicali. In un mondo dove tutti vanno di fretta, dove tutto è fatto in rete – come ci ricorda una canzone oggi di moda: “La rete” di Francesco Gabbani –, con il rischio anche di perderci nella bolla della rete se non sappiamo fare discernimento, se non sappiamo chi siamo e come scegliere tra tante proposte che si incrociano e spesso ci sviano dalla Verità, occorre ascoltare e, sotto la guida dello Spirito e del Magistero della Chiesa, discernere e decidere.
Ascolto, studio per discernere e decidere, proporre. Ecco lo stile della Chiesa! Ecco lo stile del Sinodo che apriamo stasera e che fino al prossimo mese di marzo vedrà impegnati i nostri organismi di partecipazione diocesani e parrocchiali secondo indicazioni che verranno date a tutte le nostre comunità per rispondere secondo i 10 nuclei tematici offertici dal Documento preparatorio al Sinodo dei Vescovi che si celebrerà nell’ottobre 2023 alla domanda: «Una Chiesa sinodale, nell’annunciare il Vangelo, “cammina insieme”. Come sta accadendo oggi questo “camminare insieme” nella nostra Chiesa locale? Quali passi ci invita lo Spirito a fare per crescere nel nostro “camminare insieme”? Come camminiamo insieme gli uni con gli altri come Popolo di Dio? E come camminiamo insieme, come Popolo di Dio con l’intera famiglia umana?».
Tra le risposte che emergeranno dalle sintesi diocesane i Vescovi italiani, poi, nel maggio prossimo, approveranno una sintesi nazionale e a partire da essa porranno le basi per un secondo anno di ascolto scegliendo alcune priorità.
Dopo questo ulteriore ascolto esteso a tutti, inizierà dal giugno 2023 al maggio 2024 la fase sapienziale dove mobilitando i luoghi di pensiero, recependo quanto emergerà dal Sinodo dei Vescovi, si penserà a cosa proporre in un documento sul quale saremo nuovamente consultati a livello locale per convergere, a Dio piacendo, nel 2025 in un momento assembleare nazionale per fare poi, dopo l’approvazione del Papa, Primate d’Italia, proposte profetiche e coraggiose a servizio della comunione, della partecipazione e della missione della Chiesa.
Senza esitare, dunque; incalzati dall’epoca cambiata nella quale siamo immersi – come facciamo stasera – diamo inizio a questa prima fase sinodale affinché divenga nostro stile il relazionarci realmente, l’ascoltarci e permettere che emerga con pazienza attraverso il mettere insieme tante narrazioni, donandoci tempo a vicenda e camminando insieme il “senso della fede” che il popolo di Dio ha e che spesso in una Chiesa forse ancora troppo clericale abbiamo sottovalutato non riconoscendo che esso è un frutto dello Spirito e che come tale va accolto affinché nella Chiesa cresca una profonda conversione spirituale che spinga tutti a una rinnovata e più pregnante missione non perché si abbassa la soglia della proposta ma perché il Popolo di Dio, nel suo insieme, è santo in ragione dell’unzione derivante ad esso dal Battesimo, che lo rende infallibile “in credendo”. Ossia il popolo santo e fedele di Dio quando crede non sbaglia, anche se non trova parole per esprimere la sua fede. Lo Spirito lo guida nella verità e lo conduce alla salvezza. Come parte del suo mistero d’amore verso l’umanità, Dio dota la totalità dei fedeli di un istinto della fede – il sensus fidei – che sotto la guida del sacro magistero (cfr LG 12) li aiuta a discernere ciò che viene realmente da Dio. “La presenza dello Spirito concede ai cristiani una certa connaturalità con le realtà divine e una saggezza che permette loro di coglierle intuitivamente – scrive Papa Francesco in Evangelii gaudium al n. 119 – benché non dispongano degli strumenti adeguati per esprimerle con precisione”.
Mentre iniziamo questo cammino permettetemi ancora una considerazione: nel Vangelo Gesù ai discepoli che miravano ai posti di comando nella comunità pensando che il Figlio dell’uomo andasse a conquistare un potere politico, avverte: “Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così” (Mc 10, 42-43).
Che questo ammonimento di Gesù valga anche per noi!
I governanti hanno due modi di essere eletti ed esercitare il loro potere: o raccogliere i consensi popolari oppure giunti al potere “opprimono” i loro sudditi.
Gesù avverte che questo non è lo stile della Chiesa e quindi se la Chiesa è sinodale per natura non sarà nemmeno lo stile di questo cammino che inizia.
Papa Francesco lo ha ricordato più volte. Ascoltare non vorrà dire che la maggioranza vince. Ci confronteremo, ascolteremo il mondo, quanto ha da dirci ma ascolteremo innanzitutto la Parola di Dio, la voce dello Spirito Santo in un profondo clima di silenzio, obbedienza alla voce di Dio e dei Pastori e preghiera. Perché solo in quella brezza leggera che è il soffio dello Spirito che non sai da dove venga e dove vada potremo prendere le decisioni giuste e sagge, veramente utili per l’umanità e per la Chiesa oggi.
E nello stesso tempo non vorrà dire che l’ascolto non servirà perché poi chi deciderà, come i governanti che opprimono, lo farà da solo. Certamente, chi guida la Chiesa spesso, dopo aver ascoltato tutti deve assumere la decisione finale e farlo anche con sofferenza: pensate alla sofferenza di San Paolo VI quando nonostante tante correnti contrarie anche all’interno della Chiesa pubblicò l’Humanae Vitae … Ma state certi, anzi stiamo certi che nessuna decisione che verrà assunta e proposta se assunta e proposta nel clima che oggi abbiamo appreso, nuocerà al bene nostro e dell’umanità intera.
Ne siamo certi: “Il Figlio dell’uomo … non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10,45). Lui è lo stesso: ieri, oggi e sempre! Il suo dono d’amore infinito non tramonta e quindi possiamo camminare nella serenità e nella pace. Lui non ci abbandona e mai ci abbandonerà! Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina