Palestrina, Basilica Cattedrale di Sant’Agapito Martire, Mercoledì 24 agosto 2022 (Is 25,6a.7-9; Ps 22; Ap 14,13; Lc 12,35-40)
Ci ha sorpreso tutti, lunedì in tarda mattinata, la notizia della morte del caro diacono Claudio.
Già da un po’ di tempo mi aveva confidato la sua preoccupazione per una massa che doveva essergli asportata, poi una caduta in bagno lo aveva costretto al ricovero in ospedale per una frattura abbastanza seria alla colonna vertebrale. Aveva così subìto due interventi chirurgici che pareva fossero andati bene. Lo avevo sentito alcune volte in questo periodo: era debole ma la sua sposa, Rita, mi aveva scritto proprio nel giorno di Sant’Agapito – vigilia del compleanno di Claudio – che il suo sposo stava un pochino meglio anche se debole e stanco ma che tuttavia lunedì scorso lo avrebbero trasferito alla Clinica Santa Lucia, a Roma, dove avrebbe iniziato la riabilitazione.
Tutto, invece, improvvisamente è andato per un altro verso. Il Signore che Claudio ha amato e servito, lunedì scorso 22 agosto, nel giorno in cui la Chiesa celebra Maria Regina, lo ha chiamato a sé.
Umanamente siamo colpiti e scossi. Colpiti per l’età di Claudio, ancora relativamente giovane: 66 anni! Colpiti perché vicini e compartecipi del dolore della sua cara consorte: Rita con la quale era sposato dall’8 aprile 1984, dei loro tre figli: Silvia, Daniele e Benedetta di cui andava fiero così come era stato felice, soltanto un mese fa, il 17 luglio scorso, di battezzare qui, in Cattedrale, la sua nipotina: Eva.
Siamo colpiti e scossi perché eravamo come abituati alla sua presenza qui in Cattedrale, ad ogni celebrazione dove con disponibilità e discrezione era sempre presente e, in parrocchia, sempre vicino a moltissime giovani famiglie che ha accompagnato e preparato alla celebrazione del battesimo dei figli.
Colpiti e scossi perché Claudio era un diacono serio e affidabile.
Con Don Domenico, il responsabile della formazione dei diaconi delle diocesi di Tivoli e di Palestrina, avevamo pensato proprio qualche mese fa di proporgli, all’inizio del nuovo anno pastorale, di entrare in una sorta di équipe che si occupasse della formazione permanente dei diaconi e degli aspiranti.
Per molti anni aveva lavorato all’Ufficio Postale di San Vito Romano lasciando in tutti un grande esempio di disponibilità e attenzione a chiunque avesse necessità, il 18 dicembre 2011 fu ordinato diacono permanente di questa Chiesa di Palestrina: sbocco quasi naturale di una vita di fede e di servizio. Una fede che aveva rafforzato inserendoci nella Prima Comunità neocatecumenale della Parrocchia della Santissima Annunziata e poi in quella di Santa Lucia. Una fede che lo condusse poi a servire il Signore in questa Parrocchia del Duomo e in Caritas, occupandosi soprattutto dei giovani del servizio civile.
Scriveva di lui, lunedì mattina dopo l’annuncio della sua improvvisa scomparsa, il Direttore della nostra Caritas, tratteggiandone bene il profilo: “Persona umile, molto attento al suo impegno in Caritas a fianco dei ragazzi per i quali e con i quali con responsabilità condivideva e gestiva il Servizio Civile, valido collaboratore, persona molto vicina agli ultimi …”.
Questo era Claudio!
Ma in questo momento al nostro pianto, alla nostra commozione, si sostituisce una certezza. La certezza che l’apostolo Giovanni ha sentito e scritto nel libro dell’Apocalisse e che abbiamo sentito proclamare come seconda lettura: una lettura breve, esplicita, che non ha bisogno di troppi commenti: “Scrivi – è il Signore Gesù, il Risorto che parla a Giovanni – d’ora in poi, beati i morti che muoiono nel Signore. Sì – dice lo Spirito –, essi riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono”.
Il diacono Claudio, dunque, ha terminato il suo passaggio su questa terra. Ma le sue opere lo seguono. Il suo servizio generoso lo segue!
Potremmo dire, leggendo il Vangelo che ho scelto per questa liturgia, che il diacono Claudio – diacono è colui che nella Chiesa ha il compito di servire, di vivere costantemente conformandosi a Cristo-servo che nella notte in cui veniva tradito si chinò davanti agli apostoli e lavò loro i piedi, compiendo lui stesso il gesto riservato agli schiavi di casa. Si piegò umilmente davanti a loro, non alzò la cresta …, si chinò profetizzando il gesto che dice l’essenza dell’Eucaristia, il dono totale di sé per amore dei tanti che necessitano dell’amore di Dio – potremmo dire, dunque, che il diacono Claudio ha vissuto in attesa vigile del Signore. Ha preso sul serio quello “State pronti!” che Gesù ripete anche a tutti noi oggi. “State pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese”. Che non vuol dire: vivete nella paura dell’arrivo del Signore ma con le vesti strette ai fianchi per corrergli meglio incontro e le lampade della fede accese. Sta giungendo infatti un padrone unico la cui attesa ha alimentato la vita di Claudio e deve alimentare la nostra anche se la paura della morte è legittima per i distacchi che provoca, i tagli che fanno soffrire chi rimane … Per la sofferenza che spesso si deve attraversare prima del grande Incontro!
State pronti, siate svegli per un incontro allora, un incontro con Qualcuno che ci ama da sempre. Che ci ha dato fiducia chiamandoci al suo servizio, affidandoci persone da amare e dalle quali ricevere amore, persone che abbiamo amato anche se a volte ci possono aver fatto soffrire. Ma tutto ciò che abbiamo vissuto, che Claudio ha vissuto è stata sicuramente una attesa piena di fede e quindi di gioia perché sapeva che Chi giungeva non era e non è un Padrone spietato, duro, che se caso mai ogni tanto lungo la veglia e l’attesa ci siamo addormentati, ci tratterà malamente. No!
Colui che attendiamo, che Claudio ha atteso con la dalmatica – l’abito del diacono – che è stretta ai fianchi proprio per ricordarci che siamo servi in attesa e che lungo l’attesa dobbiamo servire Dio e i fratelli con opere buone e praticando gli insegnamenti del Vangelo, quel Padrone sarà Lui stesso a stringersi le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli!
Claudio, dunque, ha servito Dio e i fratelli a cominciare dalla sua sposa e dalla propria famiglia. Ha servito la Chiesa. Ha servito tante persone con umiltà e generosità. Ha atteso con vigilanza l’Incontro con Dio. Ed ora, siamo certi, che per questa sua attesa vigilante del Risorto in cui credeva fermamente, è servito dal Dio della vita.
È servito dal Dio della vita che ha preparato anche per lui un banchetto di grasse vivande, che sul monte della festa eterna con Lui ha eliminato la morte per sempre, e desidera anche ora asciugare le lacrime su ogni volto: con tenerezza desidera asciugare le lacrime di Claudio – che affidiamo alla Divina Misericordia – e desidera asciugare anche le lacrime di chi piange legittimamente la sua partenza inaspettata.
Mi piace concludere queste semplici riflessioni con quanto Claudio ci vorrebbe sicuramente dire ora mettendogli in bocca le parole di Isaia che abbiamo ascoltato nella prima lettura. A tutti noi sono certo che sta dicendo: “Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza”.
Esultiamo! perché è il Dio che mette a tavola e serve i suoi servitori fedeli, che ha donato e dona la vita eterna e il perdono a tutti coloro che hanno vissuto per Lui conformandosi a Cristo-servo con la vita, con i fatti, prima ancora che con l’ordinazione diaconale e sono stati fedeli a Lui in ogni momento: bello o di prova, sereno e nuvoloso ed ora – come speriamo per Claudio – godono dell’incontro con Colui che è nostra salvezza e risurrezione. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina