Palestrina, Cattedrale di Sant’Agapito Martire, Mercoledì 1° gennaio 2025

Carissimi fratelli e sorelle, Buon Anno!

È l’augurio che stamane ci scambiamo e, come cristiani, il nostro augurio, non è soltanto per auspicare giorni di pace, di benessere, di salute … ma perché il nostro tempo, i giorni dell’uomo corrispondano sempre di più al tempo di Dio. Se si realizzerà questo intreccio tra i nostri giorni e l’oggi di Dio, allora il nostro sarà veramente un buon anno.

Un anno benedetto. Non soltanto perché coinciderà con l’Anno Santo da pochi giorni iniziato, ma perché sarà un anno benedetto da Dio.

Solo Dio ha in sé la benedizione, solo Lui che è creatore e Padre può dire bene di noi, può benedire. Solo Lui può assicurare ai nostri giorni fecondità, prosperità, pace.

Noi uomini siamo chiamati ad accogliere questa benedizione e collaborare a costruire fecondità, prosperità, pace per l’umanità ma con la chiara consapevolezza che solo Dio può concedere la benedizione al tempo in cui viviamo. L’uomo, ripeto, deve collaborare alla realizzazione della pace, della prosperità, della fecondità e lo deve fare con il suo impegno nei giorni che Dio ci concede nelle varie attività umane: la famiglia, il lavoro, la politica, la scuola, la scienza, l’arte, le relazioni, ecc. ma sempre con la consapevolezza che sono frammenti, frammenti che trovano senso e significato nel momento in cui rivelano qualcosa del mistero di Dio: l’unico che può benedire, essere fonte piena e duratura di pace per gli uomini.

Intendiamoci: anche il piccolo gesto che l’uomo compie per collaborare alla costruzione della pace e della giustizia è un piccolo segno della benedizione di Dio perché l’uomo è stato creato e amato da Lui e quindi anche ogni gesto di bene che ci impegniamo a fare e facciamo è segno dell’amore di Dio per l’uomo, ma non è il tutto.

Dal momento del suo Natale, ossia da quando il Signore ha rivolto su di noi il suo volto e ci ha concesso pace, da quando il Verbo che era presso il Padre e che era Dio, si è volto verso di noi facendosi carne, entrando nella nostra storia; la nostra storia è benedetta, è invasa per sempre dalla presenza misericordiosa di Dio, del Dio con noi e per noi e quindi a noi rimane il compito di accogliere la Sua benedizione e in nome Suo benedire, dire bene facendo del bene agli uomini e alle donne del nostro tempo affinché sappiano riconoscerlo sempre come tempo di Dio che ancora oggi benedice.

Per questa opera occorre guardare, ancora una volta, al Mistero adorabile che si è compiuto nel Natale del Signore.

Nel Vangelo abbiamo ascoltato come i pastori dopo aver visto il bambino, riferirono ciò che di Lui, nella notte del Natale, era stato detto loro dagli angeli. Ossia che “Oggi” nella città di Davide vi è nato un bambino, vi è stato dato un Salvatore.

Ed ancora: Maria che meditava, custodiva, metteva insieme tutte le cose che erano accadute e che si dicevano del Bambino che Lei aveva partorito.

Ebbene sì, anche noi per essere portatori di benedizione, costruttori di pace, dobbiamo costantemente guardare al bambino che è nato per noi, guardare a Dio che entra nella nostra storia per benedirla, per non abbandonarla ma riempirla con la Sua pace chiedendo a noi solo di accogliere la Sua benedizione e renderci portatori di essa.

In questo giorno dove la Chiesa celebra Maria con il titolo di Madre di Dio, Madre che contempla il Figlio che chiama Gesù, “Dio salva”, anche noi fermiamoci e contempliamo con Lei Colui che è nato nel tempo, nella storia, “per noi” e ci chiede di accogliere la sua benedizione che è per l’oggi storico nel quale viviamo affinché portiamo questa benedizione al mondo di oggi per collaborare a costruire un mondo più fecondo di bene, di prosperità e di pace!

Ricordo le parole di San Giovanni Paolo II a Tor Vegata, durante il Giubileo dei giovani del 2000: quanta speranza di un mondo nuovo più pacificato, senza guerre, egli aveva! Chiamò i giovani “sentinelle del mattino” chiamate a vegliare perché la pace si affermasse in tutto il mondo.

Solo dopo un anno, però, l’attentato alle torri gemelle … e poi via via siamo giunti ad un nuovo Giubileo e le guerre non sono cessate, l’umanità è minacciata a causa dell’essersi dimenticata, ancora una volta, che fonte di ogni benedizione è solo Dio. L’umanità ha ancora una volta dimenticato di guardare al Mistero del Natale, di tenere fissato lo sguardo sul mistero del Natale di Gesù e di contemplarlo con lo sguardo ed i sentimenti del cuore di Maria, la Madre di Dio!

Noi, allora, all’inizio di un nuovo anno che coincide con l’anno Giubilare dedicato alla speranza, guardiamo nuovamente e più intensamente a Cristo, a Colui che viene nel tempo, nel nostro oggi, per donare ai nostri cuori il suo Spirito affinché tutti possiamo vivere da figli di Dio, da fratelli e sorelle tra noi e rivolgerci a Dio chiamandolo “Abbà! Padre!”. E così ricostruire un mondo più pacifico, fecondo e prospero di bene.

Se dunque Lui è Padre, noi, da figli e fratelli tra noi;

noi: che sentiamo come l’umanità sia minacciata da guerre, egoismi, ingiustizie …,

noi siamo chiamati a rivolgerci a Lui che è Padre chiedendogli di rimettere a noi i nostri debiti e concederci il dono della Sua pace.

Per fare questo il Papa, nel Messaggio che ha scritto per l’odierna Giornata Mondiale della Pace, ci invita a fare un cambiamento culturale, ossia a riconoscerci tutti debitori verso Dio e verso i fratelli. Il Papa saggiamente scrive: “Quando una persona ignora il proprio legame con il Padre, incomincia a covare il pensiero che le relazioni con gli altri possano essere governate da una logica di sfruttamento, dove il più forte pretende di avere il diritto di prevaricare sul più debole” e questo a tutti i livelli: dai più macroscopici a quelli microscopici, ossia alle relazioni tra noi. Quante ingiustizie anche oggi: paesi superindebitati a causa di altri paesi che sfruttano i poveri pur di soddisfare le esigenze dei propri mercati. Paesi che commerciano in armi alimentando guerre fratricide. Devastazioni ecologiche per l’interesse di pochi.

Occorre, allora, riconoscerci insieme figli del Padre e fratelli tra noi, confessarci tutti debitori davanti all’amore che Dio è venuto nel nostro oggi a portare a tutti grazie alla disponibilità di Maria, la Madre che desidera anche Lei vedere la sua famiglia unita.

Chiediamo allora un cambiamento culturale in questo nuovo anno che coincide con l’anno giubilare che ci invita alla speranza cristiana.

Chiediamo di saperci innanzitutto riconoscerci tutti peccatori ma che da Dio siamo tutti, tutti, tutti perdonati. Perdonati da un Dio che “non calcola il male commesso dall’uomo – scrive sempre il Papa – ma è immensamente ‘ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato’ (Ef 2,4). Al tempo stesso, ascolta il grido dei poveri e della terra. Basterebbe – continua  ancora il Papa – fermarsi un attimo, all’inizio di quest’anno, e pensare alla grazia con cui ogni volta perdona i nostri peccati e condona ogni nostro debito, perché il nostro cuore sia inondato dalla speranza e dalla pace”.

Che il Signore ci conceda la vera pace. Non quella di trattati umani pieni di cavilli ma che poi non durano. Ma la pace vera, quella che Dio dona al cuore quando il cuore è disarmato, ossia aperto a non calcolare ciò che è mio e ciò che è tuo; ma è un cuore disposto ad andare incontro agli altri, sapendo di essere debitore verso Dio e per questo è pronto a rimettere i debiti che opprimono il prossimo; un cuore che supera lo sconforto per il futuro con la speranza che ogni persona è una risorsa per questo mondo.

Con questi auspici iniziamo il novo anno e chiediamo che lo Spirito Santo scenda abbondante nei nostri cuori, li converta e ci renda capaci di rivolgerci al Signore con la preghiera che il Papa ha suggerito alla fine del suo Messaggio per questa Giornata Mondiale della Pace:

Rimetti a noi i nostri debiti, Signore,
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e in questo circolo di perdono concedici la tua pace,
quella pace che solo Tu puoi donare
a chi si lascia disarmare il cuore,
a chi con speranza vuole rimettere i debiti ai propri fratelli,
a chi senza timore confessa di essere tuo debitore,
a chi non resta sordo al grido dei più poveri. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina