Omelia alla Santa Messa di Ordinazione Diaconale di Maurizio Baldi, Fernando Giosi, Salvatore Giunta, Diego Lozzi e Antonio Pantoni

San Vittorino Romano, Santuario di Nostra Signora di Fatima, Sabato 17 dicembre 2022

Carissimi fratelli e sorelle,

con gioia abbiamo appena accolto il desiderio di Antonio, Diego, Fernando, Maurizio e Salvatore di essere ordinati diaconi per la nostra Chiesa di Tivoli e di Palestrina.

Siamo grati a Dio per questo dono che fa alle nostre Chiese: Antonio e Maurizio che diverranno diaconi permanenti per la Diocesi di Palestrina; Fernando e Salvatore che diverranno diaconi permanenti per la Diocesi di Tivoli. E poi Diego che diventerà diacono transeunte – ossia in vista di diventare presbitero – per la Diocesi di Tivoli.

Siamo grati a Dio per le loro famiglie, per le loro comunità parrocchiali che li hanno generati alla fede e alla vocazione, per il Seminario di Anagni, per la comunità diocesana del diaconato permanente e per quanti in vario modo li hanno preparati ed accompagnati per ricevere questo dono e così divenire loro stessi dono per noi.

Un dono che riceviamo nella IV Domenica di Avvento, ormai prossimi alla grande festa della fedeltà di Dio a favore dell’uomo. Dell’uomo peccatore ma che ugualmente è destinatario della misericordia di Dio, è destinatario – nonostante la propria piccolezza e fragilità – delle Sue promesse di bene. Dio entra nella nostra storia per farsi chiamare ed essere Gesù cioè “Dio salva”, allarga lo spazio del nostro cuore e lo riempie del Suo cuore, del Suo amore immenso per renderlo capace a sua volta di amare.

Dio entra nella nostra storia e prende il nome di “Emmanuele” che significa “Dio con noi”. Con noi per sempre, con noi come una salda roccia sulla quale possiamo appoggiare i nostri piedi come si appoggiano i piedi su una roccia che troviamo nel mare mentre nuotiamo al largo e, stanchi, desideriamo un approdo.

La vostra ordinazione, cari amici, si celebra dopo che è stato proclamato il Vangelo di Matteo che se avessimo letto i versetti precedenti a quelli ascoltati ci avrebbe presentato una lunga genealogia, una lunga lista di nomi di uomini e donne, di varie posizioni sociali e di vario livello morale. Una lista che fa risalire Gesù, tramite Giuseppe, lo sposo di Maria, alla casa di Davide dalla cui discendenza doveva venire il Messia. Nella quale discendenza, però, vi sono santi e peccatori come a dire che Gesù entra nella nostra storia per redimerla dal di dentro. E poi c’è Maria, che entra tramite Giuseppe, uomo giusto, in questa discendenza. Maria che rimane incinta per opera dello Spirito Santo pur essendo promessa sposa di Giuseppe. Il quale poteva ripudiarla ma, obbediente a quanto Dio gli disse nel sogno, ebbe il coraggio di assumere la paternità legale di Gesù, a cui impose il nome rivelato dall’Angelo.

Vorrei pertanto stasera fermarmi con voi, cari amici, sacerdoti e fedeli che fate corona a questi ordinandi diaconi, sulla figura di Giuseppe che affido a voi, tra poco diaconi, come modello di vita e di servizio nella Chiesa e nel mondo.

E soprattutto vorrei indicarvi San Giuseppe come modello di obbedienza, di accoglienza e di coraggio creativo: alcune caratteristiche di San Giuseppe che Papa Francesco ha evidenziato due anni or sono nella sua bellissima Lettera Apostolica Patris Corde scritta nel 150° anniversario della proclamazione di San Giuseppe quale Patrono della Chiesa Universale.

Padre nell’obbedienza.

Come a Maria anche a Giuseppe Dio rivela i suoi disegni e lo ha fatto tramite dei sogni che nella Bibbia, come presso tutti i popoli antichi, venivano considerati come uno dei mezzi nei quali Dio manifesta la sua volontà.

Giuseppe è logicamente turbato nel sapere che la sua promessa sposa attende un figlio che non è suo. Ma l’angelo lo conforta: “Non temere!” e Giuseppe immediatamente, appena svegliatosi dal sonno si alzò e fece come gli aveva ordinato l’angelo fidandosi delle sue parole: “Il bambino che è generato in lei (Maria) viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,20-21).

Potremmo continuare a leggere nei vangeli dell’infanzia i vari sogni a cui Giuseppe obbedisce. Mi fermo qui.

Mi fermo qui per sottolineare e consegnare a voi, cari ordinandi, l’obbedienza che mi attendo da voi, che il popolo santo di Dio si attende da voi.

Non credo che avrete sogni prodigiosi ma sicuramente avete scoperto il sogno che Dio ha su di voi e le vostre vite: rendervi disponibili a Lui, accoglierlo come è e con quanto vi chiede e vi chiederà pur nemmeno immaginandolo, nella vostra esistenza e, fidandovi di Lui, saperlo portare in spirito di umile servizio a coloro che attendono Gesù, il Dio che salva. L’Emmanuele, il Dio che non ci abbandona mai nemmeno nell’ora del buio, del dubbio, del dolore!

La promessa di obbedienza che tra poco farete è come un salto nel buio.

Promettete obbedienza a un Vescovo che non è eterno e al quale succederanno altri Pastori, che ha progetti su di voi che possono variare a seconda delle necessità della Chiesa, che non può assicurarvi nulla se non che la Chiesa così come io prenderò saldamente le vostre mani tra le mie vi sarà vicina, vi terrà in nome di Dio le vostre mani custodendole affinché non camminiate soli e caso mai perdendovi dietro a tante mani che vogliono afferrare chi si affida a Dio. Ma per fare questa promessa occorre molta fede, molta fiducia in Dio che è fedele da sempre e per sempre. Una fede di cui Giuseppe vi è maestro, una fede che sa leggere la volontà di Dio nelle piccole cose, nei sogni, e che sa interpretare i segni alla luce di una Parola di Dio interiorizzata, pregata che diventi vita delle vostre vite.

Come Giuseppe e Maria vi invito dunque ogni giorno a ripetere il vostro “fiat” e ad insegnarlo a quanti incontrerete nel ministero e nella vita con il vostro esempio proprio come Maria e Giuseppe insegnarono l’obbedienza a Gesù che ripeté il suo “fiat” fino alla croce, anche mentre era tradito da coloro che più aveva amato.

Obbedienza voglia dire dunque sì e sempre sì non ai vostri progetti, ai vostri calcoli umani, non al vostro modo di intendere il ministero e il luogo o i luoghi dove esercitarlo bensì completa disponibilità a lasciare che Dio realizzi i Suoi progetti su di voi tramite persone, che forse apparentemente potrebbero anche sbagliare, ma che se ascolterete sicuramente vi condurranno a vivere ciò che è meglio per voi e per i fratelli.

Con l’obbedienza nella fede che animerà il vostro servizio, vi auguro di saper essere diaconi – ossia servi – capaci di autentica accoglienza.

Davanti al fatto inaspettato della sua promessa sposa incinta per opera dello Spirito Santo, Giuseppe avrebbe potuto reagire con delusione, ribellione. Giuseppe invece lascia da parte i suoi ragionamenti per fare spazio a ciò che accade e per quanto possa apparire tutto così misterioso ai suoi occhi, egli lo accoglie, ne assume la responsabilità e si riconcilia con la propria storia. Giuseppe non cerca tante spiegazioni ma accoglie la vita come è, fa spazio anche a quello che apparentemente è la parte deludente, contraddittoria, inaspettata dell’esistenza.

Cari amici, quante esperienze inaspettate, apparentemente deludenti, vi attenderanno nel ministero … Accoglietele con gioia, senza ribellione, imparando da Giuseppe quello che Papa Francesco chiama il realismo evangelico. Come Giuseppe impariamo a ripetere davanti a ogni situazione: “Non abbiate paura!”. Deponiamo la rabbia e la delusione e facciamo spazio, senza alcuna rassegnazione mondana ma con fortezza piena di speranza, a ciò che non abbiamo scelto eppure esiste.

Con San Giuseppe impariamo ad avere una fede che non cerca scorciatoie ma affronta “ad occhi aperti” quello che ci sta capitando, assumendone in prima persona la responsabilità. Se Giuseppe non avesse fatto così non avrebbe potuto dare una famiglia umana a Colui che tra pochi giorni celebreremo nella grande solennità del Natale!

Accoglienza vuol dire anche capacità non solo di accogliere le situazioni difficili ed inaspettate che possiamo incontrare ma anche gli altri, senza esclusione, così come sono, riservando – scrive Papa Francesco nella Patris Corde – “una speciale predilezione ai deboli, perché Dio sceglie ciò che è debole (cfr 1 Cor 1,27), è ‘padre degli orfani e difensore delle vedove’ (Sal 68,6) e comanda di amare lo straniero”.

Accoglienza che vuol dire, cari ordinandi, prendere su di sé le situazioni altrui come se fossero le vostre. È bello leggere nei Vangeli dell’infanzia come Giuseppe dopo ogni sogno si alzò – stare alzàti e non addormentati sia sempre il vostro atteggiamento interiore: per servire occorre stare svegli e vigili, pronti a scattare per andare incontro a Dio e agli altri – si alzò e “prese con sé” … “prese con sé la sua sposa”, e ancora nei Vangeli dell’infanzia di Matteo: “prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto” per proteggerlo da Erode, ad un ulteriore messaggio dell’Angelo del Signore che gli annunciava la morte di Erode: “prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele” … Giuseppe ogni volta è capace di prendersi cura delle persone che Dio gli affida; lo fa con premura, fedeltà e coraggio. È il suo modo di tradurre nella vita l’esperienza dell’incontro con il mistero di un “Dio con noi”. È un prendere con sé che vince ogni inerzia, ogni indolenza che si nasconde dietro facili deleghe e oziosi indugi.

Ed infine vi auguro di avere come Giuseppe un “coraggio creativo”.

È il coraggio che Giuseppe ha mostrato difendendo davanti alle varie situazioni difficili ed impreviste per il bambino e sua madre quel tesoro che da Dio aveva ricevuto. Un coraggio che lo ha fatto partire più volte per evitare i pericoli incombenti sul bambino, che il Papa nella Patris Corde immagina come si sia dovuto sviluppare con creatività in Egitto, lontani dalla propria casa, dalla propria patria, senza un lavoro …

Quando nel ministero incontrerete situazioni non semplici non fuggite di fronte ad esse ma abbracciatele e affrontatele con coraggiosa creatività. Pur di far passare la Parola di Dio e di far incontrare tramite i sacramenti la Grazia che ci salva, pur di far giungere tramite la carità la concretezza dell’amore di Dio a tutti escogitate con tutta l’intelligenza che avete, con tutti i mezzi possibili, rendendo corresponsabili della vostra missione tutti coloro che accoglieranno la vostra proposta di mettervi insieme alla sequela del Signore, ogni forma di annuncio del Dio che ama l’uomo ed è fedele alle sue promesse.

Nel ministero che iniziate abbiate sempre cura dei poveri. I poveri di ieri e quelli di oggi. Abbiate cura ed attenzione per i giovani e le famiglie, esercitate verso tutti quella paternità che in Giuseppe si è fatta servizio al mistero del Dio con noi che tra pochi giorni con tutta la Chiesa, ancora una volta ma sempre in modo nuovo, celebreremo. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina