Palestrina, Cattedrale di Sant’Agapito Martire, Giovedì 15 settembre 2022 Memoria liturgica della B.V.M. Addolorata
Carissimi fratelli e sorelle,
nel giorno in cui con la Chiesa celebriamo la memoria della Beata Vergine Maria Addolorata, due nostri fratelli: il diacono Piero Fidone e l’accolito Natale Santonocito, dell’Associazione Pubblica di fedeli di diritto diocesano: Figli del Divino Amore, vengono ordinati rispettivamente: presbitero e diacono.
È un giorno speciale per voi, cari amici, ma anche per tutta la Chiesa che celebra Maria con il titolo di Addolorata. Per tutta la Chiesa che si lascia guardare dall’icona di amore che è quella di Cristo morente sulla croce, che non pensa a sé, al suo dolore, ma che, vero sacerdote, perfetto sacerdote che offre non sacrifici ma se stesso al Padre nello Spirito, in una obbedienza perfetta alla missione per la quale era venuto nel mondo; pensa a quanti, sotto la croce, contemplano il Suo amore, “amore a caro prezzo”, amore che conosce il dolore e che da questo amore e generante al quale partecipano, si lasciano riempire, ri-generare, per poi diffondere questo amore sacerdotale perfetto nel mondo intero. Un mondo così bisognoso – oggi non meno di ieri – di chi, consacrato con l’unzione, ossia unto dallo Spirito frutto della Pasqua, separato dal mondo se pur vivente ed immerso nel mondo, vada con Cristo e come Cristo a portare il lieto annunzio della salvezza, del perdono, della vita eterna ai poveri. Un mondo bisognoso di chi vada a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore: il giubileo dove tutto veniva restituito – terra e libertà – a quanti le avevano perdute. Un mondo – oggi come ieri – estremamente bisognoso di consolazione e di amore.
Il Vangelo ci invita a lasciarci dunque interpellare da quanto accade sulla croce. Gesù muore ma non per essere sconfitto, non per provocare un lutto in quanti lo hanno seguito e hanno creduto in Lui. Muore ma non perché è la fine, bensì perché la sua morte è come quella del seme che caduto sulla terra muore e subito germoglia. Anzi, di più: la croce è ancor più della spiga di grano che nasce dal seme morente ma, usando una immagine di Ezechiele e che è citata anche nell’Apocalisse è come un albero che produce frutti tutti i mesi dell’anno e le sue foglie guariscono da ogni malattia. La croce è come l’albero di senape descritto nella parabola del regno (Mc 4,32) che nasce dal seme più piccolo che cade in terra e muore ma dal quale nasce un albero che offre riparo a tutti gli uccelli del cielo.
Dalla croce, dunque, nasce la vita. Dall’offerta di Cristo al Padre nasce il vero sacerdozio che non è elevare suppliche e preghiere – certamente anche queste Gesù le avrà rivolte al Padre e anche noi dobbiamo elevarle a Lui – ma che è l’offerta perfetta, totale di se stesso al Padre nello Spirito e nell’obbedienza perfetta al Padre, fino alla morte, per generare vita e perdono, la vita eterna e la riconciliazione dell’uomo con Dio dopo la sua cacciata dal Paradiso terrestre.
Occorre dunque stare presso la croce!
Se dalla croce, dal cuore di Cristo viene amore, vita, perdono … noi tutti abbiamo necessità come Maria, la madre di Gesù; Maria di Magdala, l’adultera perdonata; e Giovanni, il discepolo amato, di stare presso questa croce che è luogo di guarigione e generazione, di consolazione e di trasformazione di gloria in gloria – avrebbe detto San Paolo parlando ai cristiani di Corinto – (2Cor 3,18).
E occorre stare sotto la croce perché lì si radunano e fioriscono tutte le forme di amore.
Pensiamoci un momento.
In quali tipi di relazione noi possiamo, nella nostra vita, sperimentare amore?
Nella relazione con la madre, che ci dà la vita, che ci fa sperimentare l’essere amati, che ci fa sperimentare quanto il suo cuore sia capace di darci!
Ancora possiamo sperimentare amore nella relazione con i figli a cui diamo la vita. Nel cuore e nella vita che si donano, dunque, sperimentiamo cosa voglia dire amare.
Ed ancora con la sposa, a cui diamo e da cui riceviamo vita, e con la quale soprattutto chi è sposato genera la vita, sperimentiamo la gioia dell’amare e dell’essere amati.
Ci sarebbe poi l’amore tra fratelli che possiamo sperimentare se sotto la croce ci scopriamo figli dell’unico Padre.
Sotto la croce, dunque, fiorisce l’amore in tutta la sua ricchezza, in ogni sua forma: il corpo di Gesù offerto totalmente diventa cibo che ci alimenta e ci fa crescere come figli, come fratelli, come madri e come sposi – e ogni ministro ordinato è sposo, deve sentirsi sposo di Cristo e della Chiesa! –. Ed in particolare, sotto la croce, troviamo Maria, la madre: che ci è data da Gesù morente quale madre perché, come generò il Figlio, generi anche noi come figli ed anche noi, accogliendola, accogliamo la missione materna affidatale da Gesù verso l’umanità e a nostra volta, amati da Lei come figli, anche noi amiamo e generiamo.
Di questo amore crocifisso e risorto che rende la Chiesa madre, sposa, figlia, sorella di ogni uomo di ogni donna che vive nel mondo. Di questo amore che come ogni amore comporta nell’accoglierlo anche per noi, oltre che la gioia, il dolore, la prova e chiede perseveranza, ne abbiamo tutti tanta necessità.
Ne avete bisogno innanzitutto voi, cari Piero e Natale. Chiamati al ministero presbiterale e a quello diaconale, avete necessità di assumere sempre più il cuore misericordioso di Dio, per saper accogliere ciò che da esso proviene come fecero Maria e Giovanni ai piedi della croce perché i ministeri per i quali stasera venite ordinati richiedono di essere sempre generati e ri-generati dall’amore e passeranno sempre come fu per Cristo e dalla sua Madre Addolorata anche da momenti di dolore.
La madre, il figlio, lo sposo … chi ama non può amare pensando che non esista il dolore.
Uno dei problemi più gravi oggi per i preti e per i diaconi e, in generale, per tutti coloro che sono chiamati a donarsi fino alla morte come Cristo, è quello della perseveranza.
Perseveranza nel servizio per amore; nel presiedere la comunità in persona Christi per amore, del dedicare tutta la propria vita, il proprio tempo, le proprie energie per amore …
Ebbene, soltanto tenendo puntato lo sguardo sulla croce dalla quale Cristo morente pensa ai suoi possiamo riuscire a perseverare. A continuare a vivere la maternità come Maria verso l’umanità, ed accogliere il suo affetto materno che partecipa a quello di Cristo come figli e a portare questo amore generante come sposi alla Chiesa sposa di Cristo.
Accogliete dunque l’amore di Dio ogni giorno nella vostra vita, quell’amore che è paterno e materno insieme e che Maria ha ricevuto per chi le è stato affidato come figlio affinché sia capace – o almeno ci provi … – a riversarlo su quanti desiderano amore. E oggi, siatene certi, sono ancora come sempre moltissimi perché l’uomo è stato creato da Dio, da Dio che è misericordia, perdono, cuore che si apre per noi, tenerezza infinita e non trova pace finché il suo cuore non riposa in Lui.
Per generare alla Chiesa altri figli avete bisogno di questo amore che si impara pregando, con la fedeltà alla liturgia delle Ore, alla Messa quotidiana, alla lettura meditata, ruminata della Parola di Dio, che si impara ascoltando il grido degli uomini e delle donne del nostro tempo non estraniandoci dal mondo ma ascoltando il detto e il non detto per annunciare Colui che sulla croce è morto ed è risorto per noi.
Lo stile di questo ascolto sia quello di Maria e Giovanni e le altre donne sotto la croce: erano in piedi!
Stare in piedi può stancare ma è l’atteggiamento di chi ripete ogni giorno il suo “eccomi”, che ogni giorno è pronto per partire di corsa a servire i fratelli e non rimane nel suo comodo nido, caso mai lamentandosi dei superiori e della vita, dicendo qualche rosario e forme di preghiera o anche digiunando ma senza generare a Cristo i fratelli, a partire dai più poveri di Dio, di valori oltre che di mezzi per vivere.
A seconda dei gradi dell’ordine che ricevete stasera state in piedi. Con coraggio, il coraggio che viene dal sentirsi amati profondamente, da sempre pensati da Dio sulla croce. Accogliete Maria nella vostra casa interiore e come Lei accogliete la Chiesa, i fratelli – vicini o meno vicini che siano – come figli e fratelli da servire con lo stesso stile di Gesù che stasera ripone in voi, tramite il Vescovo e la Chiesa, una fiducia specialissima affinché grazie all’imposizione delle mani e la preghiera di ordinazione voi siate ministri credibili della Pasqua di Cristo nella nostra epoca, capaci di parlare non solo a voi stessi ma a tutti, parlare con quel linguaggio che tutti comprendono e che è il linguaggio della carità fino all’estremo, della vicinanza dapprima a Dio, poi al vostro Vescovo, al presbiterio di Palestrina e di Tivoli nel quale entrate a far parte e poi al santo popolo di Dio che vi insegnerà molto – se lo ascolterete – e al quale siete mandati perché possa cantare le meraviglie di Dio per noi. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina