Omelia alla Santa Messa di Professione Perpetua Di Suor Maria Yohana Mau e di 25° di Professione Religiosa di Suor Maria Nives Rocamora e Suor Virginia Ferrer

San Cesareo, Parrocchia di San Giuseppe, Sabato 20 gennaio 2024

Carissime sorelle e fratelli,

la celebrazione che viviamo stamane la definirei innanzitutto un grande dono!

Dono per Suor Maria Yohana Mau che emette la sua professione perpetua nella Congregazione delle Suore dello Spirito Santo fondata dalla Serva di Dio Giuseppina Arcucci.

Dono per Suor Maria Nives Rocamora e Suor Virginia Ferrer che rendono grazie a Dio per il loro 25° anniversario di professione religiosa.

Dono per la Congregazione delle Suore dello Spirito Santo: per la Madre Generale, Madre Maria Paola Masuccio, per le suore del Consiglio Generale e per tutte le vostre consorelle presenti in varie parti del mondo.

Dono per le famiglie delle religiose coinvolte in questa celebrazione.

Dono per la nostra Diocesi e per questa comunità parrocchiale dove tenete vivo il carisma della vostra fondatrice dedicandovi alla missione, la vostra missione, affinché diventi la missione di tutti e che è quella di Gesù: Ignem veni mittere terram! Sono venuto a portare il fuoco sulla terra! Il fuoco dello Spirito Santo che – frutto della Pasqua – spinge tutti a vivere radicalmente la vocazione battesimale che è quella di portare a tutti la gioia del Vangelo attraverso l’impegno per l’educazione soprattutto dei piccoli e dei giovani: l’educazione alla vita e alla fede. Attraverso l’impegno urgente della carità nelle sue molteplici forme, con cuore vigile, materno, attento!

Come ogni dono che riceviamo, in particolare da Dio, come è in questo caso, esso chiede una risposta.

E per voi innanzitutto, care sorelle, è la risposta di una vita tutta vissuta in attesa dello Sposo.

Una vita interamente vissuta nella vigilanza che non deve essere oziosa ma piena di attenzioni, di cura, come è l’attesa di una sposa quando attende l’arrivo del suo sposo.

Il Vangelo di questa liturgia ci aiuta a comprendere come deve essere la vostra vita, in particolare quella di Suor Maria Yohana Mau e delle sue due consorelle che celebrano il loro venticinquesimo.

La parabola delle dieci vergini che vanno incontro allo sposo tratteggia bene le vicende dei discepoli di Cristo nel mondo e il significato del loro passaggio sulla terra. Certo, vale per tutti, ma in particolare per chi si consacra totalmente al Signore.

C’è una domanda – almeno credo – che risuona nel cuore di chi cerca di dare significato alla sua vita: dove sto andando? Dove stiamo andando? Cosa è la vita? Quale è il mio destino? Ma tale domanda dovrebbe risuonare nel cuore di molti. E la religiosa dovrebbe essere capace di suscitare tale interrogativo nel cuore non soltanto suo ma anche dei tanti che incontra.

La risposta – che sicuramente Suor Maria Yohana e Suor Maria Nives e Suor Virginia hanno trovato – è che stiamo andando verso un incontro, che culmina con una festa di nozze, stiamo andando verso lo sposo che viene, anzi è venuto e tornerà nella gloria alla fine dei tempi. E la vita è una attesa. Un’attesa attiva del grande incontro.

La liturgia della professione religiosa perpetua ha molte similitudini – a partire dalla consegna dell’anello – con la liturgia nuziale. È il ribadire anche visivamente che lo Sposo verrà, verrà a prelevare la sposa dalla sua casa – come ci ha narrato poeticamente la prima lettura – e tutta la vita deve essere illuminata da questo pensiero.

Carissima Suor Maria Yohana, che tutta la tua vita sia una attesa così: con le orecchie attaccate alla porta e gli occhi alla finestra, dove tutti i discorsi con le tue consorelle che attendono con te l’arrivo dello Sposo sia un parlare insieme di Lui e che questo vostro attendere contagi tanti. L’attendere che si alzi da un momento all’altro un grido: “Ecco lo sposo, andategli incontro!”.

La vita cristiana è questa e chi si consacra come te stamane o chi rinnova la sua consacrazione o è consacrato in una speciale forma di vita religiosa deve continuamente ricordare a chi è consacrato a Cristo con il Battesimo e anche a coloro che ancora non lo conoscono che la vita è una attesa. Una attesa di un evento che si è già realizzato con la Pasqua e che si compirà quando il Signore tornerà glorioso alla fine dei tempi e noi viviamo impostando ogni nostra azione su questa attesa.

Quindi non una attesa inerte, non oziosa come quella del servo della parabola dei talenti che seppellì quello che gli aveva donato il padrone. Ma una attesa che deve essere come quella delle vergini del Vangelo che nel buio avevano due preoccupazioni: quella di tenere la lampada accesa e quella di andare incontro allo sposo. In altre parole, per voi, carissime sorelle significa vivere nella vigilanza e nella fedeltà. Fedeltà che vuol dire tenere lo sguardo rivolto alle cose di lassù ma anche, come scrive Paolo ai Galati: vivendo “facendo il bene” senza lasciarci prendere da noia o stanchezza perché in tal modo a tempo debito mieteremo. Senza allentare il nostro impegno! E perciò – conclude Paolo –: finché ne abbiamo l’occasione, la possibilità, pratichiamo il bene verso tutti (cfr Gal 6,9 s.).

Fedeltà e vigilanza dunque che rendono tutto ciò che vivete urgente. Se c’è una cosa dei fondatori e delle fondatrici che mi ha sempre colpito è che erano persone che andavano veloci come treni. Non rimandavano ciò che era da fare a domani, per loro era tutto urgente … Urgente perché attendevano il ritorno dello sposo senza sapere né il giorno né l’ora. Questa santa urgenza la auguro anche a voi, care Sorelle! La vostra fondatrice: come ha sentito l’urgenza della carità! Urgenza che veniva dalla sua personale ed intima unione con Dio. Nella preghiera che vi raccomando di non tralasciare mai, di riempire con essa le lampade delle vostre vite … La vostra fondatrice ha sentito l’amore di Dio e così ha vissuto tutta per Lui dando a Lui il primato su tutto. Dalle sue lettere si evince che aveva una grande familiarità con Dio e da questa familiarità è sgorgato il desiderio di fare sempre la volontà di Dio con grande fiducia e abbandono in Lui, con urgenza!

Dall’esperienza intima di Dio è nata la preghiera della vostra fondatrice che ha tanto raccomandato a tutti di pregare. Ma una preghiera operosa ed accompagnata sempre dall’impegno del lavoro. Era stata benedettina ed il motto “ora et labora” era insito in lei e così vorrei che fosse anche in te, che sulle sue orme ti stai per consacrare e in voi che 25 anni fa vi siete consacrate per sempre.

Care sorelle, vigilate dunque in attesa del ritorno dello sposo ma, ripeto, non vivendo con immobilismo o con ansia, pensando giorno e notte alla morte … All’opposto: pensate alla vita e riempitela di contenuti e di opere, operando momento per momento sotto l’azione dello Spirito Santo che ci indica continuamente ciò che dobbiamo fare, che è fuoco che deve bruciare in noi perché il nostro apostolato, la nostra carità, il nostro lavoro siano il modo con il quale attendiamo il ritorno dello sposo.

I Padri della Chiesa vedevano espresso nel simbolo della lampada accesa, la fede che alimenta le buone opere, la fede che si fa attiva nella carità – come direbbe San Paolo (cfr Gal 5,6) –. E questa vita di fede e di carità vi chiedo di viverla sempre unita al pensiero bello e sereno dell’aldilà. Non adagiatevi mai in questa attesa. Lo dico perché a volte mi capita di vedere uomini o donne di Chiesa adagiati, che non si aspettano più nulla. Siate donne che attendono! Ossia che tendono a, con l’anima protesa verso l’alto. In un mondo dove la dimensione orizzontale prevale, dove si vive come se Dio non esistesse, dove c’è grande attenzione alla terra – ed è legittimo – non dimentichiamo mai, però, di alzare e far alzare lo sguardo verso il cielo.

Guardiamo e cerchiamo le cose di lassù.

Un giorno giungerà lo sposo e la porta si chiuderà. Che vi trovi tra le vergini sagge, che vi trovi tra queste vergini che hanno tenuta accesa la lampada dell’attesa con la povertà, l’obbedienza, la castità, l’attenzione ai più piccoli, ai poveri, ai tanti bisognosi di relazione e di misericordia.

Dopo la vostra consacrazione o il rinnovo di essa a venticinque anni di distanza dalla vostra professione, procederemo con la celebrazione eucaristica. Anticiperemo come facciamo in ogni Messa, con le parole “Beati gli invitati alla cena dell’agnello!” l’invito al quale le cinque vergini prudenti risposero positivamente così come oggi rispondete voi. Chiediamo al Signore per voi e per tutti di poterci ritrovare un giorno riuniti in un altro banchetto, al banchetto del Regno di Dio e chiediamo che la vostra vita sia di aiuto a tanti ad aderire all’invito affinché nessuno resti fuori da quella misteriosa porta, lì dove c’è pianto e stridore di denti. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina