Guidonia, Parrocchia Madonna di Loreto, Giovedì 7 marzo 2024
Signor Capo di Stato Maggiore Generale Luca Goretti, Signor Comandante Generale Silvano Frigerio, Signor Sindaco, illustri autorità militari, civili e religiose, cari congiunti ed amici del Colonnello Pilota Giuseppe Cipriano e del Tenente Colonnello Pilota Marco Meneghello, fratelli e sorelle tutti.
Un anno fa la nostra città di Guidonia, l’Aeronautica Militare italiana, ma ancor più le famiglie del Colonnello Pilota Giuseppe Cipriano e del Tenente Colonnello Marco Meneghello, vivevano un momento drammatico, di quelli che ci fanno chiedere “Signore dove sei?”.
Due giovani e brillanti servitori dello Stato, due capaci professionisti del volo, con alle spalle carriere brillanti, in un incidente aereo hanno incontrato la morte.
“Perché?”, “Signore dove sei?” sono le domande che in tanti ci siamo posti allora e anche oggi ci poniamo. Tanto più che sappiamo come abbiano fatto di tutto, anche nel momento in cui i loro aerei stavano precipitando, per non farli cadere sui palazzi e sui luoghi abitati dai civili, segno concreto di un amore verso le persone che sicuramente stava alla base della loro scelta di vita, quella scelta che è di ogni servitore dello Stato che sceglie la carriera militare per favorire anche con il proprio contributo il conseguimento del bene comune, della pace e della giustizia.
“Perché?”, “Signore dove sei?”. Sono domande legittime e alle quali non c’è in realtà una risposta se non quella della fede. Del chinare la testa, con umiltà, davanti alla volontà di Dio e riconoscere che Lui è Padre e sempre rimarrà Padre. Un Padre che non ha abbandonato certamente i suoi figli Giuseppe e Marco nell’ombra della morte e non abbandonerà nemmeno chi, dopo averli amati, sente ancora oggi, a un anno di distanza, la loro assenza.
A chi ancora legittimamente piange vorrei rivolgere parole di conforto che vengono dal Vangelo che abbiamo appena ascoltato. Il Vangelo che ci propone questo giovedì di Quaresima.
Il Signore ha appena compiuto un esorcismo, ha ridato la possibilità di parlare ad un muto. Il muto può annunciare con la sua bocca le meraviglie di Dio. Eppure questa guarigione diviene un motivo per scribi e farisei per condannare Gesù come se fosse un alleato del demonio. Iniziano così contrasti con i capi dei Giudei ottusi ed incapaci di accogliere la Parola di Dio. “Beato”, invece, ci dice il brano evangelico, sarà chi si comporterà all’opposto e, con umiltà e in atteggiamento di fede, si renderà disponibile all’azione di Dio.
Il vero dramma, ci dice il Vangelo, non è essere muti ma è essere “sordi” alla Sua Parola. E la Parola di Dio, se la accogliamo, è capace di illuminare tutti i meandri del nostro cuore, portare a galla le intenzioni non sane e far prevalere quelle buone, quelle della fede. Parole che si traducono in segni.
Appena Gesù ebbe compiuto l’esorcismo gli fu chiesto un ulteriore segno dal Cielo. Nessun segno esteriore, tuttavia potrà convincerci: bensì piuttosto solamente i frutti dello Spirito, la loro testimonianza.
In Gesù il pane del cielo è disceso sulla terra: come chiedere ancora un segno dal Cielo? Il Verbo si è fatto carne: il cielo è penetrato nella terra e l’ha fecondata. Oramai nessun segno si può cercare altrove che sulla terra: in quell’uomo – Gesù – che si è fatto pane per tutti; in ogni uomo che si faccia pane per gli altri.
Accogliendo dunque la volontà di Dio che è Padre e che solo un giorno conosceremo; preghiamo stamane per le anime del Colonnello Cipriano e del Tenente Colonnello Meneghello. Con il loro servizio si sono fatti pane per gli altri. Accettando di entrare nell’Aereonautica Militare e mettendo a repentaglio i loro corpi e le loro vite per il grande ideale di difendere il loro popolo e partecipare nel mondo ad operazioni per la salvaguardia della pace e della giustizia, si sono fatti pane per gli altri.
Per loro preghiamo affinché il Signore conceda loro il premio della vita eterna promesso a chi ha dato anche un solo bicchiere di acqua fresca a quei poveri nei quali a Lui è piacito e piace identificarsi. Preghiamo per i loro famigliari, colleghi, amici. Il conforto che viene dalla fede li sostenga.
Il demonio, colui che è il principe del male, che porta divisione; in Gesù e nel mistero della sua Pasqua di passione, morte e risurrezione è stato sconfitto per sempre. Per chi ascolta la sua Parola e crede in Lui, per chi trasforma la sua fede in gesti di servizio e amore per gli altri, la vittoria dopo la morte è assicurata.
E infine preghiamo perché sappiamo sempre apprezzare l’opera di quanti in vari modi, si pongono a servizio dello Stato per difendere la pace non soltanto sul nostro territorio ma anche là dove la III guerra mondiale a pezzi – come dice Papa Francesco – imperversa. Preghiamo per quanti come i nostri Giuseppe e Marco ogni giorno, se pur in modo diverso, danno la vita, mettono a repentaglio la loro vita per il conseguimento del bene comune e dell’ordine.
L’esempio di queste due giovani vite per cui oggi preghiamo sia di aiuto a tanti che faticano a comprendere che senza persone come queste, senza di voi, cari militari qui presenti, senza di voi cari rappresentanti delle varie forze dell’ordine, saremmo tutti più fragili. Ciò non certo per giustificare soprusi o atti isolati di intemperanza ma per dare fiducia ed incoraggiare il vostro servizio prezioso, che con la morte di Giuseppe e Marco abbiamo ancor più compreso essere tale. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina