Omelia alla Santa Messa in Albis 2023

In Albis deponendis e della Divina Misericordia
Palestrina, Cattedrale di Sant’Agapito Martire, Domenica 16 aprile 2023

Carissimi fratelli e sorelle,

la Chiesa ci abitua, in occasione delle grandi Solennità, a prolungare la gioia che dai misteri che in esse vengono celebrati arrivano a noi, celebrando per otto giorni la Solennità come se gli otto giorni seguenti fossero un giorno solo. Così avviene per il Natale e così avviene per la Pasqua.

Stasera, pertanto, concludiamo questo “giorno che ha fatto il Signore”, nel quale siamo chiamati a rallegrarci ed esultare per la sua Risurrezione da morte e per i doni che dalla Pasqua giungono a quanti credono: il dono dello Spirito Santo, dell’amore che sussiste tra il Padre e il Figlio e che viene donato a tutti coloro che battezzati, cresimati e comunicati sono mandati nel mondo per annunciare con la gioia, con la misericordia, con la vita fraterna, come il Signore non abbia abbandonato l’uomo in preda al peccato e alla morte ma lo abbia destinato, nella sua grande misericordia, alla vita e alla riconciliazione con Lui e quindi con i fratelli.

Questa domenica prende un nome particolare: in albis deponendi. Ossia i Catecumeni che nella notte di Pasqua hanno ricevuto il Battesimo e hanno indossato una veste bianca, al termine dell’Ottava di Pasqua, sono invitati dalla Chiesa a deporre le vesti bianche (albis) sulla tomba di un Martire come a dire: depongo la veste che mi è stata data con il battesimo segno della mia nuova dignità di figlio di Dio, e mi impegno a testimoniare (martire significa testimone) la Misericordia che il Signore ha avuto per me perdonandomi con il Battesimo ogni peccato, donandomi con la Cresima lo Spirito Santo Paraclito affinché mi sia guida nelle azioni e l’Eucaristia affinché il Corpo e il Sangue del Signore, morto e risorto per me, siano sostegno nel viaggio della vita.

Stasera, dopo aver ricevuto i sacramenti dell’Iniziazione Cristiana nella Cattedrale di Tivoli, durante la Veglia Pasquale, quattro Catecumeni: tre di Tivoli e uno di Palestrina, Armila, Romina, Pamela e Paolo, deporranno dunque qui, ai piedi dell’altare eretto sulla tomba del giovane martire Agapito, le loro vesti bianche.

Chi era presente nella Notte di Pasqua alla grande Veglia ha notato la gioia che questi amici hanno provato nel ricevere il Battesimo e con il loro solo sguardo, con questa gioia che trapelava dai loro volti, ci hanno evangelizzati. È l’augurio che stasera facciamo loro: che la gioia di essere cristiani sia segno per chi li incontrerà della loro fede nel Risorto che hanno incontrato grazie alla testimonianza di altri cristiani, di comunità cristiane, di sacerdoti, di catechisti, di amici … Una fede alla quale hanno aderito allargando il numero di coloro che Gesù nel Vangelo di stasera dice “Beati” perché pur non avendo visto le apparizioni del Risorto hanno creduto. Sì hanno creduto perché hanno incontrato chi ha testimoniato loro il Signore e glielo ha mostrato con l’atteggiamento che deve avere ogni cristiano che amato, perdonato, “misericordiato” da Dio sa amare, perdonare, usare misericordia verso i fratelli.

Vorrei pertanto fermarmi un attimo sul Vangelo che ci è stato proposto.

Nel giorno di Pasqua Gesù appare risorto ai suoi che erano chiusi nello stesso luogo per timore dei Giudei. Sta in mezzo a loro e dice loro: “Pace a voi!”. Poi mostrò mani e costato, le piaghe gloriose con le quali Gesù ha voluto risorgere per mostrare che il suo amore ha avuto un prezzo, che la sua misericordia ha avuto il prezzo della sua vita che ora, risorta, è una con il Padre ed è da questa unità che dona lo Spirito Santo.

Quello Spirito che soffiò sul primo uomo fatto di terra e che lo rese vivente. Quello stesso Spirito che dopo il peccato di Adamo, grazie alla morte e risurrezione di Gesù, Dio continuò a donare all’uomo che si sarebbe aperto a credere alla novità che incontra nel Signore Gesù e nella Chiesa, comunità di poveri peccatori ma che amata e perdonata dal Risorto può vivere nella pace, nella gioia, e diffondere nel mondo, grazie alla testimonianza del Vangelo, la gioia e la pace vera.

Davanti al Risorto che appare e al dono dello Spirito che il Risorto soffia sugli Apostoli essi credono e gioiscono.

Con loro, però, non era Tommaso detto Didimo. “Didimo” vuol dire gemello. In quel gemello potremmo vedere tutti noi. Gli Apostoli gli raccontano ciò che hanno visto ma lui si ostina a non credere se non vede. E dopo otto giorni il Risorto appare di nuovo e dice a Tommaso di toccare le sue piaghe gloriose, di mettere la mano nel suo costato e non essere più incredulo ma credente! Toccando Tommaso esplode in una meravigliosa professione di fede: “Mio Signore e mio Dio!”.

E Gesù risponde “Perché mi hai veduto hai creduto”. È una costatazione non un rimprovero. Tutti infatti per credere abbiamo bisogno di vedere il Risorto, di incontrarlo. E aggiunge: “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”. Quasi una profezia di una moltitudine di cristiani che credono non perché hanno visto direttamente il Risorto ma perché ne hanno sperimentato la pace che Lui ha augurato a chi lo accoglie risorto, la pace che dà a chi sa abbandonarsi a Lui come Lui al Padre e vivendo in questa pace la annunciano e testimoniano. Una moltitudine di cristiani che grazie al dono dello Spirito effuso sulla Chiesa possono sperimentare la Divina Misericordia – oggi per volontà di San Giovanni Paolo II è anche la Domenica detta della Divina Misericordia – e così credono. Ma non solo: credono e testimoniano.

Cari Catecumeni, cari fratelli e sorelle, anche noi crediamo non perché abbiamo avuto una visione del Risorto ma perché lo abbiamo potuto incontrare grazie a quanti dagli Apostoli in poi hanno trasmesso, come una lunga catena, l’amore di Colui che hanno incontrato fino a noi. E noi ora, sì, deponiamo la veste bianca ma continuiamo a perseverare nella fede, a testimoniarla – fino al martirio se fosse necessario – con i fatti e se servisse anche con le parole.

Ringraziamo Dio dunque perché ci ha rigenerati mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce: la salvezza eterna!

Ed impegniamoci a coltivare la nostra fede nel Risorto attraverso quella che per i Catecumeni è la mistagogia, ossia la riflessione su quanto è avvenuto in loro con il Battesimo così come è avvenuto in ciascuno di noi. Continuiamo a vivere la vita cristiana ascoltando la Parola di Dio, attraverso la partecipazione all’Eucaristia in comunità fraterne, attraverso l’esercizio della carità.

Si depone la veste bianca ma siamo rivestiti della veste della Divina Misericordia. Ora continuiamo a indossarla grati perché la Misericordia Divina è per noi ma è anche per il Mondo intero e noi ci vogliamo impegnare a essere apostoli della Divina Misericordia confidando unicamente in Dio, confidando nella sua Misericordia infinita che se accolta da pace all’uomo e al mondo intero. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina