Omelia alla Santa Messa in Coena Domini 2023

Palestrina, Cattedrale di Sant’Agapito Martire, Giovedì 6 aprile 2023

Cari fratelli e sorelle,

con questa Messa entriamo nel Triduo Pasquale: tre giorni che celebriamo come fossero uno. Tre giorni nei quali celebriamo il Mistero della passione, morte e risurrezione del Signore: il centro della nostra fede!

Vi entriamo con un rito – quello della lavanda dei piedi – che dà il senso, fin dall’inizio di questo Triduo, a tutto ciò che celebreremo. Gesù, chinandosi davanti ai suoi – oggi davanti a noi – si china per servirci, Lui che è Signore si fa nostro servo, servo per amore.

Tra poco ripeteremo anche noi la scena che Gesù ha compiuto nella notte in cui veniva tradito. Attenzione a non banalizzarla, a non renderla un rito infantile. No! È la rivelazione suprema di come tutti siamo chiamati, sull’esempio di Gesù, a servire e a non farci servire e ancor meno a servirci degli altri. Stasera Gesù ci insegna che nella Chiesa esiste solo il servizio. Il potere non esiste nella Chiesa! Il potere appartiene all’anticristo! E se qualcuno pensa di poter esercitare il potere nella Chiesa è completamente fuori dai piani del Signore.

Il Vangelo appena ascoltato si colloca vicino all’Ora della glorificazione di Gesù.

Gesù è cosciente di quanto gli sta per accadere. Lo aveva predetto più volte: vado a Gerusalemme per patire, morire ma il terzo giorno risusciterò! E allora prepara i suoi discepoli per il dopo Pasqua. Prepara anche noi lasciandoci un comando, un “mandato” molto forte: “Un comandamento nuovo dono a voi: che vi amiate gli uni gli altri; nella misura in cui io ho amato voi, anche voi dovete amarvi vicendevolmente” (Gv 13,34).

Prima di questo comandamento, però, ci mostra Lui stesso come si ama. Anticipando nel segno della lavanda dei piedi il dono che farà di sé sulla croce. Quell’amore grande che è il contenuto dell’Eucaristia di cui stasera celebriamo l’istituzione durante l’Ultima Cena.

Sì, siamo nel contesto di questa Ultima Cena. Gesù sa che è giunta la sua Ora, ossia l’Ora della piena manifestazione dell’amore del Padre in Gesù nella forza dello Spirito Santo. Conoscendo i tempi e i momenti dell’itinerario che Lo conduce al Padre, decide di abbandonarsi consapevolmente all’ora delle tenebre, per poter scacciare così una volta per sempre il principe di questo mondo. Gesù è venuto nel mondo provenendo dal Padre, ha condiviso tutto di questo mondo tranne il peccato. Ora sa che è giunto il momento di passare da questo mondo al Padre. E in questo movimento di ritorno al Padre Gesù non vuole tornare da solo ma desidera associare a sé quanti lo hanno accolto e come Lui sono diventati figli di Dio.

E così durante la Cena pasquale Gesù lava i piedi ai suoi.

Tra quelli a cui lava i piedi – tipico gesto di chi serve, dello schiavo di casa … – c’è anche Giuda: un amico di Gesù che sta per tradirlo. Gesù lo sa ma non per questo perde la sua sovranità, è pienamente consapevole che sta per compiere l’atto di amore infinito con il quale vincerà una volta per tutte il peccato e la morte. E così, senza scomporsi, senza paura, profetizza quel gesto di amore infinito che si compirà con il dono di se stesso sulla croce con il gesto della lavanda dei piedi, quel gesto che rimanda al nucleo dell’Eucaristia, che ci dice ciò che ci ha lasciato nel pane e nel vino che anche stasera riceveremo e poi adoreremo per essere capaci anche noi, con Gesù realmente presente nel pane e nel vino consacrati, di amare, di servire, di perdonare, di dare la vita per i nostri amici e anche per i nemici.

Nel cuore della Cena Gesù, dunque, sovranamente si alza da tavola, depone le vesti, e dopo aver preso un grembiule se lo cinse intorno alla vita. Gesù si pone a servizio ma in realtà è Lui che regna, è Lui che domina sovranamente la scena.

Ai tempi di Gesù la lavanda dei piedi era un gesto di accoglienza degli ospiti. Qui però avviene non all’inizio della cena ma durante, quando gli apostoli erano già sdraiati intorno alla mensa. Gesù dunque compie un gesto che tende a invertire le parti, che dice che nella comunità è veramente grande chi serve. Gesù è Signore e Maestro che compie un gesto riservato agli schiavi e alle donne. Gesù capovolge il rito. Lui che è Maestro, che è il potente nella comunità si fa servo, schiavo …

Pietro non comprende, anzi in un primo momento rifiuta che Gesù gli lavi i piedi.

Gesù allora spiega a lui, ai discepoli e anche a noi oggi cosa ha fatto.

Vi ho dato l’esempio perché se Io, che sono il Figlio di Dio, mi sono chinato sui vostri piedi, anche voi – dice –, anche noi dobbiamo fare lo stesso: servirci gli uni gli altri: questa è la vera autorità nella Chiesa. Deve essere lo stile delle nostre comunità dove tanto spesso tutti vogliamo essere i primi, pensiamo di poter giudicare tutto e tutti e così emarginiamo tanti che vorrebbero entrare in comunità e non glielo permettiamo.

Come cristiani stasera dobbiamo imparare che se desideriamo chiamarci così dobbiamo farci servi dei servi. Ogni giorno dobbiamo aiutarci, venirci incontro, perdonarci anche se siamo stati rifiutati o traditi, fare ogni cosa con il cuore, considerare l’altro come “mio famigliare” … Parliamo tanto oggi di Chiesa sinodale, di comunità corresponsabile. Se non c’è questa disponibilità a servirci vicendevolmente non saremo mai Chiesa vera, Chiesa sinodale, Chiesa corresponsabile, Chiesa famiglia che accoglie e fa incontrare tutti con Gesù.

Il Signore si è fatto servo, ha indossato il grembiule del servizio e non le vesti dei potenti. E ha voluto mantenere questo abito fin sulla croce quando, denudato di tutti i vestiti, ha donato la sua vita per noi e per tutti coloro che Lo accoglieranno rivelando quanto sia grande il suo amore per ciascuno di noi e per tutti.

Pietro, come ho accennato, rifiuta per due volte di lasciarsi lavare i piedi da Gesù. Rifiuta di entrare cioè in quel progetto di nuova umanità che Gesù inizia a costruire con la sua Pasqua, divenendo il nuovo Adamo, divenendo l’uomo nuovo.

Pietro non capisce cosa sta per accadere e così passa da un estremo all’altro. “Signore – dice – allora non solo i piedi, ma anche le mani e il capo”. Non capisce che non è il lavare in sé che importa ma è il dono di poter condividere la vita del Cristo, simboleggiata nella lavanda.

Questo segno, insieme alla proposta nuova di amarci gli uni gli altri, sono la chiave di lettura dell’Eucaristia. Gesù è pane spezzato per l’umanità e noi dobbiamo essere ogni giorno per gli altri il pane spezzato della condivisione, del perdono, della misericordia del Padre.

In questa Messa, poi, desideriamo ricordare anche l’istituzione del ministero sacerdotale: alcune persone sono state chiamate a partecipare dell’unico sommo sacerdozio di Cristo, per “allenare” i fratelli e le sorelle a essere apostoli, profeti, evangelisti, pastori e dottori – come afferma la lettera agli Efesini (Ef 4, 7.11-12). Ossia a farsi servi della Parola, portatori della Parola di Cristo accolta, vissuta e trasmessa.

Questi ministeri ricordano che tutta la Chiesa è ministeriale, cioè in essa tutti sono chiamati al servizio, senza divisioni in una élite che “produce il sacro” e in una massa di “consumatori”. Al contrario, i ministeri come quello del Vescovo, del prete, del diacono, ecc. hanno il compito di rendere tutta la comunità ministeriale, cioè adulta e responsabile nel servizio reciproco.

Viviamo ora, dunque, il gesto della lavanda dei piedi. Ciascuno si senta come lavato personalmente e senta come se Gesù passasse davanti a lui, si chinasse davanti a lui, lo accarezzasse … Senta che Gesù non è venuto per essere servito ma per servirci e renderci più uomini, veramente uomini. Uomini che con il Suo dono d’amore che ricevono nell’Eucaristia sanno essere più uomini perché più capaci di amare e servire come il loro Maestro e Signore. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina