Omelia alla Santa Messa in Coena Domini

Palestrina, Cattedrale di Sant’Agapito Martire, Giovedì 14 aprile 2022

Cari fratelli e sorelle,

con questa Messa entriamo nel cuore di tutto l’anno liturgico: il Triduo Pasquale! Tre giorni che celebriamo come fossero uno. Tre giorni dove la liturgia della Chiesa ci condurrà – attraverso varie tappe – a celebrare la grande notte della Risurrezione del Signore che è assicurazione, anche per tutti noi che crediamo in Lui e per tutti coloro che crederanno anche grazie alla nostra testimonianza, che con Lui dopo la morte risorgeremo!

In questi tre giorni nei quali vivremo i misteri della vita di Gesù Cristo, la sua passione, morte e risurrezione, ricorderemo degli eventi, delle azioni vissute da Gesù e ricordandole in una dinamica liturgica che attraverso i sacramenti ci rendono contemporaneo ciò che celebriamo saremo coinvolti in questi misteri in modo da esserne pienamente partecipi.

Partiamo allora da quanto celebriamo stasera.

Nel libro dell’Esodo veniva chiesto che tutta la comunità di Israele celebrasse la Pasqua e che – lo abbiamo sentito nella prima lettura – tutta l’assemblea della comunità d’Israele dovesse immolare l’agnello al tramonto (Es 12,6).

Ebbene noi stasera siamo riuniti al tramonto per sentirci ancora una volta comunità del Signore, appartenente a Lui. Per questo siamo radunati nello stesso luogo. Per questo quando celebriamo l’Eucaristia siamo riuniti insieme per partecipare a quel banchetto dove Cristo si fa agnello che si immola perfettamente per noi.

E mentre come comunità cristiana celebriamo in maniera solenne il giorno in cui Gesù istituì l’Eucaristia vorrei cercare di approfondirne con voi il significato a partire dal brano evangelico della lavanda dei piedi che nel Vangelo di Giovanni sostituisce il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia che fanno gli altri evangelisti o che ci ha fatto San Paolo nella seconda lettura della Messa.

Cerchiamo allora di entrare in quanto accadde nel primo Giovedì Santo della storia.

Per Gesù “è venuta l’ora di passare da questo mondo al Padre” (Gv 13,1) e Gesù “sa che il Padre gli ha dato tutto nelle mani, che egli è venuto da Dio e a Dio ritorna” (Gv 13,3). Gesù è consapevole che tutto ciò che fa e che è, di tutto ciò che fa e dice e che è in correlazione stretta con il Padre. Il Padre da cui è stato generato, che è il perfetto Amante dell’umanità da cui scaturisce l’Amore: “Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa” (Gv 3,35).

Il Padre ci ama dunque fino a darci suo Figlio, quell’uomo che solo Lui poteva darci, che l’umanità non avrebbe saputo sicuramente generare, produrre. È questo Amore che sta dietro a Gesù e che Gesù rivela, manifesta tra gli uomini facendosi carne, che ci rivela l’Amore di Dio perché solo l’Amore può narrare l’Amore. Gesù, vero uomo ma anche vero Dio, è consapevole di questo Amore e della sua chiamata a testimoniare l’Amore fino alla fine quando sulla croce griderà: “È compiuto, tutto ho realizzato!” e farà ritorno al Padre, all’Amore da cui è stato generato e a cui ritorna. Ecco perché “avendo amato i suoi che erano nel mondo li amò sino alla fine”, fino all’“estremo” – sarebbe la traduzione esatta –. Quindi fino alla fine dei suoi giorni ma anche fino a quell’estremo dell’amore che è il morire per gli altri che ama.

Nell’istituire l’Eucaristia, dunque, “Dio è amore”! Un amore che “nessuno ha mai visto” nella sua pienezza, ma il Figlio ci ha raccontato. E dietro il racconto del Vangelo di stasera noi possiamo comprendere appieno questo Amore e chi è il nostro Dio, come agisce in noi il nostro Dio. Direi che l’istituzione dell’Eucaristia e il gesto che la descrive nel Vangelo di Giovanni: la lavanda dei piedi, ci dicono proprio chi è il nostro Dio, come è Colui che ci ama.

Quello che Gesù compie nell’ultima cena quale profezia di quanto sarebbe accaduto il giorno dopo sulla croce e con la Pasqua di risurrezione avrebbe dovuto fare esclamare ai discepoli se avessero avuto fede: “Abbiamo visto il Padre!”. Ma i discepoli come ancora noi oggi hanno fatto fatica ad assumere, ad accettare questa visione di un Dio che per amore muore, si consuma, si dona fino all’estremo, si china innanzi a noi per lavarci i piedi. I discepoli restano dei giudei seguaci di Gesù, dei giudei cristianizzati, incapaci di dire a Gesù: “In Te vediamo Dio!”.

Gesù allora fa una azione precisa espressa da sette verbi – sette è un numero perfetto nella Bibbia –: si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita, versò dell’acqua nel catino, lavò i piedi dei discepoli e li asciugò. Ecco cosa fa l’Amore, ecco cosa fa Dio verso di noi: il nostro Dio si inginocchia davanti a noi e lava i nostri piedi sporchi. È una azione che normalmente si dovrebbe compiere in questa liturgia ma che ancora, almeno per quest’anno, per evitare il contagio da pandemia, non faremo ma che è profezia di quanto Gesù avrebbe fatto il giorno successivo il Giovedì Santo amandoci fino al dono di se stesso sulla croce ma è anche profezia di quanto avverrà realmente quando nella nostra morte staremo davanti a Dio: Dio, l’Amore che abbiamo tanto cercato e che abbiamo tentato di vivere, ci laverà i piedi …

Per questo Gesù chiede subito dopo: “Avete capito questa azione? È l’azione del Kyrios, del Signore, è l’azione di Dio che io, che vi insegno chi è Dio, che sono Dio, vi ho mostrato!”. Sì, Dio è così diverso dai nostri padri terreni che questa parola non è adeguata a definirlo nemmeno per analogia. Sì Dio è un Amante che ama di un Amore infinito e radicalmente gratuito, che non si deve mai meritare. “Io, il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi”. Ecco la grande rivelazione di Gesù: Dio è colui che ci ama fino a lavarci i piedi!

Per questo noi dobbiamo lavarci i piedi gli uni gli altri. “Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni agli altri” (Gv 13,14). Dall’Amore di Dio, dall’Amore che è Dio scaturisce, dovrebbe scaturire, l’amore tra di noi che confessiamo, aderiamo, crediamo al Dio di Gesù Cristo. E qui, fratelli e sorelle, noi scopriamo la nostra miseria: spesso non ci pieghiamo gli uni di fronte agli altri neanche con un inchino, tanto meno ci inginocchiamo di fronte all’altro, di fronte al fratello o alla sorella. Di conseguenza non laviamo i piedi dell’altro ma spesso, piuttosto, guardiamo i suoi piedi per vedere la sporcizia, per giudicarlo. Non siamo nemmeno capaci di misericordia gli uni verso gli altri; anzi, se vediamo i piedi sporchi degli altri crediamo di avere noi i piedi puliti! E noi ci diciamo cristiani senza comprendere che più camminiamo e più i piedi si sporcano perché la vita è fatta di tante fragilità, di tante prove … e se forse nessuno è capace di lavarci i piedi o forse non troviamo nessuno che ce li lavi usandoci amore, ebbene il Signore Gesù ci attende nel nostro esodo, nella nostra pasqua, nel nostro passaggio da questo mondo a Dio per lavarceli per sempre.

L’Eucaristia è sacramento di questo Amore donato per noi, Amore che in Gesù ci assicura che i peccati sono perdonati e la morte è vinta per sempre. È il dono del Suo Corpo e Sangue perché uniti a Cristo sperimentiamo già quanto ci attende al banchetto del Cielo: un amore grande, che si china davanti a noi usandoci misericordia e lavandoci dai nostri peccati.

Mentre consacriamo solennemente per l’ennesima volta l’Eucaristia e la mangiamo domandiamoci se tra noi ci amiamo, se ci laviamo i piedi gli uni gli altri. Se la risposta fosse no o non sempre, accogliamo l’Amore di Dio che Cristo nell’Eucaristia ci anticipa sacramentalmente, viviamo di questo Amore e con questo Amore, ponendoci a servizio dei fratelli, godiamo nello sperimentare in anticipo l’Amore che giunti alla meta eterna ci laverà i piedi, ci laverà da ogni macchia di morte e di peccato per sempre.

Ricordiamocelo sempre, in ogni Eucaristia che celebreremo e che riceveremo. In quell’Eucaristia c’è l’amore di Dio che ci lava i piedi dando la sua vita per noi. Quell’Eucaristia ci chiede di assimilarci a Colui che riceviamo. Quell’Eucaristia ci chiede di amare come Cristo ci ama. E se non riusciremo continuiamo a confidare nel suo amore perché Lui non si stancherà e non si stancherà eternamente – se lo vorremo – di lavarci i piedi con il suo stesso mistero di passione, morte e risurrezione. Di lavarceli mentre camminiamo in questa vita e per l’eternità. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina